Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30280 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30280 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a GELA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/01/2024 del TRIBUNALE di MARSALA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugNOME, con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 16 gennaio 2024 il Tribunale di Marsala, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza con cui NOME COGNOME ha chiesto, in applicazione del principio di specialità previsto dagli artt. 26 e 3 legge n. 69/2005, la non eseguibilità delle condanne emesse nei suoi confronti in data antecedente ai mandati di arresto europei eseguiti in data 28/09/2018, con la consegna da parte dell’autorità giudiziaria dei Paesi Bassi, con conseguente scarcerazione, essendo la pena da espiare in relazione alle residue condanne inferiore a quattro anni.
Il Tribunale ha ritenuto applicabile la deroga al principio di specialità prevista dall’art. 26, comma 2, lett. a), legge n. 69/2005, essendosi l’istante trattenuto volontariamente in Italia dal 20/10/2020, data della sua scarcerazione, al 22/06/2022, e benché sia stato sottoposto, dopo la scarcerazione, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, che inibiva il suo allontanamento dal territorio italiano, tale misura era cessata in data 09/04/2022, risultando perciò maturato il termine di 45 giorni prima del suo espatrio in Francia. Ha inoltre ritenuto non invocabile il principi giurisprudenziale della non volontarietà del trattenimento se finalizzato a difendersi da un procedimento penale, quale un procedimento per il quale era stata disposta l’estradizione, conclusosi solo in data 01/09/2023, perché l’avvenuto allontanamento prima della sua conclusione dimostrava l’insussistenza della necessità di rimanere in Italia per esigenze difensive.
Il Tribunale ha, poi, ritenuto sussistente anche l’altra deroga prevista dall’art. 26 legge n. 69/2005, in quanto l’istante è rientrato volontariamente in Italia in data 16/06/2023 dal momento che, essendo stato in quella data espulso e non estradato dalla Francia, avrebbe potuto recarsi in un diverso Stato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME:hipinti, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., per l’erronea applicazione degli artt. 26 e 32 legge n. 69/2005.
L’ordinanza è errata laddove sostiene esservi stato un trattenimento volontario del ricorrente per oltre 45 giorni, in quanto egli e stato sottoposto, dall’11/05/2021 al 17/06/2022, alla custodia cautelare in carcere, per cui anche dopo la fine della misura di prevenzione egli non poteva allontanarsi dall’Italia. Il suo trattenimento volontario, quindi, si è protratto solo per pochissimi giorni, sino al 22/06/2022.
L’ordinanza è errata anche laddove sostiene esservi stato un suo rientro volontario in Italia: egli è stato espulso alla Francia con accompagnamento forzoso alla frontiera italiana, dove è stato consegNOME alla polizia italiana. Egli pertanto, è rientrato nel territorio dello Stato italiano non volontariamente, ma per una forma di rimpatrio obbligato.
Non è operante, pertanto, alcuna deroga al principio di specialità, e di conseguenza tutte le condanne emesse prima della sua consegna all’Italia, in esecuzione di una richiesta di estradizione, non possono essere eseguite.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento del provvedimento impugNOME, con rinvio per nuovo giudizio, perché i documenti allegati dal ricorrente confermano quanto asserito nel ricorso.
Con atto datato 03 maggio 2024 il difensore del ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso, comunicando che in data 22 marzo 2024 è stato ricevuto un nuovo ordine di esecuzione, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, nel quale il principio di specialità è stato correttamente applicato, escludendo l’esecuzione delle sentenze contestate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente deve prendersi atto che la rinuncia al ricorso, dichiarata dal difensore del ricorrente, non è efficace, non risultando egli munito della necessaria procura speciale, e non essendo la rinuncia espressa dal ricorrente stesso. L’art. 589, comma 2, cod.proc.pen., stabilendo che le parti private possono rinunciare all’impugnazione «anche per mezzo di procuratore speciale», evidenzia che la rinuncia è un atto personalissimo della parte, che deve essere essere espresso personalmente, o tramite un soggetto a cui il potere di rinuncia sia stato conferito appositamente, nelle forme dell’art. 122 cocl.proc.pen.
Deve, quindi, applicarsi il consolidato principio di questa Corte, secondo cui «Il difensore, di fiducia o d’ufficio, dell’indagato o dell’imputato, non munito d procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all’impugnazione, anche se da lui autonomamente proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga» (Sez. U, n.12603 del 24/11/2015, dep. 2016, Celso, Rv. 266244) ed «È inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore sprovvisto di procura speciale, posto che la rinuncia, non costituendo esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione
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inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale» (Sez. 2, n. 49480 del 31/10/2023, Rv. 285663).
La documentazione inviata dal difensore, e la stessa dichiarazione esplicativa delle ragioni della rinuncia al ricorso, impongono però di ritenere venuto meno l’interesse alla coltivazione dell’impugnazione.
Il ricorrente chiedeva, infatti, l’annullamento del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala in data 18 settembre 2023, con il quale erano state messe in esecuzione, tra le altre, dieci sentenze relative a reati da lui commessi in Italia prima della sua consegna, a seguito di esecuzione di un mandato di arresto europeo per la sola espiazione di altre condanne, sostenendo non essersi verificate le condizioni per il venir meno del principio di specialità previst dall’art. 26 della legge 22 aprile 2005, n. 69. Tale annullamento è stato disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, che in data 21 marzo 2024 ha emesso un nuovo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, che esplicitamente «revoca e sostituisce i precedenti atti restrittivi relativi alle condanne sopra elencate», nel quale viene precisato che nel provvedimento di cumulo emesso in data 11 gennaio 2024 dal medesimo organo, comprendente il cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, oggetto del ricorso, «sono stati cumulati titoli per i quali non è stata ancora richiesta l’estensione del MAE … e che in virtù del principio di specialità allo stato non possono cumularsi tutti i predetti titoli», provvedendo quindi alla eliminazione, dal provvedimento di esecuzione, delle condanne per le quali l’autorità straniera non aveva concesso l’estradizione. La richiesta formulata con il ricorso, quindi, è stata accolta sia quanto alla decisione finale, sia quanto alla sua motivazione, essendo stata riconosciuta l’operatività del principio di specialità stabilito dall’art. 26 legge n. 69/2005. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
E’ evidente, pertanto, il venir meno dell’interesse alla decisione in merito al ricorso proposto, avendo il ricorrente già ottenuto il diverso provvedimento richiesto. Infatti risale alla pronuncia Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, COGNOME, Rv. 251694, la precisazione che «In materia di impugnazioni, la nozione della “carenza d’interesse sopraggiunta” va individuata nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perché la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso».
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, derivante da una causa non imputabile al ricorrente.
Non deve pronunciarsi condanna alle spese, né applicarsi la sanzione prevista dall’art. 616 cod.proc.pen., dal momento che «In tema di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente rinunci all’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa a lui non imputabile, la declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza» (Sez. 1, n. 15908 del 22/02/2024, Rv. 286244).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
Così deciso il 03 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente