Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 242 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 242 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Tarsia il 13/02/1968
avverso l’ordinanza 02/08/2023 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 3 luglio 2023 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva disposto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME sottoposto ad indagini in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 615-ter, primo, secondo comma n. 2, e terzo
comma, cod. pen. (capo 1), 319 e 321 cod. pen. (capo 3), per avere, in Cosenza dal 2018 al 13 aprile 2023, in concorso con NOME COGNOME, maresciallo della guardia di finanza che utilizzava le credenziali assegnategli, effettuato 163.123 ingressi abusivi nel sistema informatico di interesse pubblico della banca data dell’Inps, compiendo 463.921 operazioni di raccolta e memorizzazione di dati relative a 165.548 soggetti; nonché per avere, il 6 aprile 2023, consegnato 2.000 euro in contanti al De COGNOME, per compiere atti contrari ai doveri di ufficio consistenti nei menzionati accessi abusivi nel sistema informatico dell’Inps.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 121 e 125 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., 319 e 321 cod. pen., e vizio di motivazione, per illogicità, per avere il Tribunale del riesame confermato l’ordinanza genetica della misura con riferimento al reato di corruzione contestato nel capo 3 delle imputazioni provvisorie, omettendo di considerare che la somma di 2.000 euro in contanti che il COGNOME aveva versato sul proprio conto corrente il 7 aprile 2023 non poteva essergli stata consegnata dal COGNOME il giorno precedente, in quanto l’incontro dei due era stato registrato integralmente dagli inquirenti e non era stato ascoltato alcun passaggio della conversazione riguardante la consegna di quell’importo; nonché per avere ingiustificatamente disatteso la ricostruzione alternativa offerta dalla difesa, che aveva documentato come il COGNOME avesse in precedenza ritirato 3.000 euro dal proprio conto per consentire alla moglie di effettuare acquisti di stoffa per la sartoria, denaro che era stai:o utilizzato solo parte e che era stato dalla donna restituito al coniuge, che aveva provveduto a riversare i restanti 2.000 euro sul proprio conto.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 274 cod. proc. pen., e vizio d motivazione, per manifesta illogicità, per avere il Tribunale di Catanzaro confermato le scelte operate con il provvedimento genetico in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura da applicare, in ragione del criterio di proporzionalità: in particolare, la difesa ha lamentato la mancata valutazione della possibilità di salvaguardare i bisogni di cautela con una misura che comporti un sacrificio meno eccessivo delle libertà personali, quale una misura coercitiva non custodiale se del caso unitamente ad una misura interdittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME vada accolto.
Il primo motivo del ricorso non supera il vaglio preliminare di ammissibili perché presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite d legge.
È pacifico nella giurisprudenza di legittimità come il controllo provvedimenti di applicazione delle misure limitative della libertà personale diretto a verificare la congruenza e la coordinazione logica dell’appa argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di proba colpevolezza dell’indagato, nonché il valore sintomatico degli indizi medesim Controllo che non può comportare un coinvolgimento del giudizio ricostruttivo de fatto e degli apprezzamenti del giudice di merito in ordine all’attendibilità fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probat quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logic giuridici.
Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito a dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare l gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congru della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispet canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento d risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidental de libertate (si veda, ex multis, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Alla luce di tali regulae iuris, bisogna, dunque, riconoscere come, nel caso di specie, i giudici di merito abbiano dato puntuale e logica contezza degli elem indiziari sui quali si fonda il provvedimento cautelare, a tal fine valorizzan esiti delle investigazioni, da cui è stato possibile evincere come il marescia COGNOME si fosse prestato, sulla base delle richieste formulategli con ap messaggi telefonici dall’avv. COGNOME, ad effettuare numerosissimi abusivi acce nel sistema informatico dell’Inps per acquisire dati inerenti alla pos lavorativa e previdenziale di molti soggetti che risultava debitori verso la s per la quale quel professionista operava per il recupero dei crediti; e come COGNOME avesse compiuto quelle attività in violazione dei suoi doveri di uff ricevendo dal COGNOME in corrispettivo la somma di 2.000 euro, che il 7 ap 2023 (proprio il giorno dopo aver incontrato il professionista) il primo a provveduto a versare sul proprio conto corrente bancario, dopo aver annotat
sul proprio cellulare esattamente quell’importo sottratto dal totale del dovuto da COGNOME per gli accessi abusivi effettuati (“da 7.237 a 5.237”). Elementi, questi ha convincentemente spiegato il Tribunale del riesame – la cui valenza indiziaria non poteva considerarsi inficiata dalle diverse prospettazioni della difesa, tenuto conto che era ben possibile che nel corso dell’incontro del 6 aprile 2023 il COGNOME e il COGNOME non avessero esplicitamente parlato della consegna di quel denaro; e che le operazioni di prelievo dal proprio conto effettuate dal COGNOME in precedenza e successivamente al versamento dei 2.000 euro, avevano causali del tutto differenti, asseritamente legate ad operazioni commerciali effettuate dalla moglie del prevenuto (v. pagg. 3-12 ord. impugn.)
Da tanto il Collegio del riesame ha arguito, con un procedimento deduttivo nel quale non si è ravvisabile alcun vizio di manifesta illogicità, come l’odierno ricorrente dovesse essere considerato, a livello indiziario, concorrente nel reato di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio.
In tal modo, lungi dal proporre un ‘travisamento delle prove’, vale a dire una incompatibilità tra l’apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione, il ricorso è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di ‘travisamento dei fatti’ oggetto di valutazione, sollecitando una inammissibile rivalutazione del materiale d’indagine rispetto al quale è stata proposta un significativo alternativo rispetto a quello privilegiato dal Tribunale nell’ambito di un sistema motivazionale perspicuo e completo.
Valutazione, questa, che vale soprattutto in considerazione del fatto che gli elementi indiziari a carico del ricorrente sono stati desunti in gran parte dal contenuto delle conversazioni intercettate durante le indagini: materiale rispetto al quale si pone un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti interessati a quelle conversazioni intercettate, che è questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se – come nella fattispecie è accaduto – la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate.
3. Il secondo motivo del ricorso è, invece, fondato.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione il principio secondo il quale è illegittima, per violazione del principio d proporzionalità, l’applicazione, al pubblico ufficiale autore di delitti contro pubblica amministrazione, di una misura cautelare custodiale o anche di una misura coercitiva, qualora in tal modo si sia voluto esclusivamente contenere un pericolo connesso ai bisogni elencati dall’art. 274 cod. proc. pen., quale quello di reiterazione di reati della stessa specie, se la stessa esigenza può essere
efficacemente soddisfatta attraverso l’applicazione della meno grave misura interdittiva della sospensione dal servizio o dalla professione (in questo senso, tra le molte, Sez. 6, n. 32402 del 16/07/2010, COGNOME, Rv. 248323; Sez. 6, n. 13093 del 05/03/2014, Corsino, Rv. 259504; Sez. 6, n. 11806 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 255720).
Di tale regula iuris il Tribunale di Catanzaro non ha fatto corretta applicazione. Dopo aver sostenuto che è concreto il rischio che il Quaglio “se adeguatamente cautelato continuerà a ricercare per conto della società nuovi accordi corruttivi per ottenere informazioni vangaggiose” e dopo aver asserito che il pericolo di inquinamento probatorio è connesso alla possibilità che il prevenuto “possa impedire la ricerca investigativa degli ulteriori accessi abusivi molto probabilmente realizzati attraverso le banche dati in uso alla guardia di finanza”, il Collegio del riesame ha molto genericamente fatto riferimento alla eventualità che l’interessato prosegua ad “usare i mezzi illeciti adoperati” e al coinvolgimento di “terzi soggetti” ovvero di “altri contatti” di cui il Quagl avrebbe potuto continuare a beneficiare: senza, però, prendere in considerazione ovvero altrimenti valutare la possibilità – espressamente prospettata dalla difesa – che quei bisogni processuali potessero essere concretamente soddisfatti con l’applicazione di una misura coercitiva meno rigorosa di quella degli arresti domiciliari ovvero della misura interdittiva di cui all’art. 290 cod. proc. pen., cui idoneità e proporzionalità è stata negata con una mera formula di stile.
L’ordinanza impugnata va, dunque, annullata limitatamente all’applicazione dei criteri di scelta della misura, con rinvio al Tribunale di Catanzaro che, nel nuovo giudizio, si uniformerà all’indicato principio di diritto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Così deciso il 20/12/2023