Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31721 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31721 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/04/1992
avverso la sentenza del 13/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che, in parziale riforma – limitatamente al trattamento sanzionatorio della sentenza emessa dal Tribunale di Pavia, ha per il resto confermato la condanna dell’imputato per i reati, riuniti nel vincolo della continuazione, di furto in abitazione aggravato di cui agli artt. 61, n. 11, e 624 bis cod. pen. (capo a e b);
Considerato che il primo motivo di ricorso, che denunzia la violazione del principio di correlazione fra capo di imputazione e sentenza, è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale ha stabilito che tale principio non si ritiene leso da una decisione di condanna in cui è ritenuta la sussistenza della continuazione fra più condotte, tutte autonomamente integratrici della norma incriminatrice contestata, e non un unico fatto di reato, anche nel caso in cui non vi sia nel capo di imputazione il riferimento all’art. 81 cod. pen., poiché ciò che rileva non è l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, ma la compiuta descrizione del fatto. L’accertamento della violazione del principio di cui all’art. 521 cod. proc. pen., invero, non si esaurisce nel mero confronto letterale fra contestazione e sentenza, ma al fine di ravvisare una violazione è necessario che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione dal quale derivi un concreto pregiudizio per i diritti di difesa dell’imputato. Nel caso di specie, dunque, la Corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici (cfr. pag. 5 del provvedimento impugnato), ha correttamente ritenuto non ravvisabile alcuna violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza in quanto entrambi i fatti sono compiutamente descritti nei loro elementi essenziali e, pertanto, risultano chiaramente oggetto di contestazione nel capo b) di imputazione, con ciò escludendosi la configurabilità di un possibile pregiudizio del diritto di difesa dell’imputato, il quale è stato posto utilmente nella condizione concreta di difendersi in ordine ai suddetti fatti; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto che il secondo ed ultimo motivo, con cui il ricorrente contesta l’eccessività della pena, l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza e la mancata esclusione della contestata recidiva, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice
è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 6 della sentenza impugnata);
Che il suddetto motivo è, altresì, generico perché privo dei requisiti prescrit dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato
Che, inoltre, la censura relativa all’omessa disapplicazione della recidiva non è consentita in sede di legittimità avendo ad oggetto una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello (si veda pag. 3), tale dovendosi intende anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso cassazione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 settembre 2025
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Il ConsiqJeie , estensore
Il Pr deriCe