Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46020 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46020 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE), nato a CATANIA il 21/08/1967
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022, conv. con modif. I. n. 14/2023.
RITENUTO IN FATTO
NOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Messina del 5/04/2024, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Messina che ha condannato l’imputato alla pena di giustizia in ordine ai reati di concorso in tentata rapina aggravata e in furto aggravato.
La difesa affida il ricorso a due motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen. e, in particolare, degli artt. 521 e ss. cod. proc. pen., nel parte in cui la Corte di appello ha escluso che il Tribunale abbia giudicato l’imputato per un fatto diverso da quello contestato nel capo di imputazione, senza disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero. A fronte, infatti, di un contestazione ben precisa che, nell’economia della rapina, addebitava all’imputato di essere colui che, travisato, aveva fatto ingresso nella banca minacciando con un taglierino i dipendenti, il giudice del merito, state l’impossibilità di identific tale rapinatore nel ricorrente, ne aveva affermato la responsabilità in forza del fatto che nel corso dell’istruttoria dibattimentale era emersa la partecipazione alla rapina di tre malviventi dei quali farebbe parte l’imputato.
2.2. Mancanza e/o manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’imputato in ordine ad entrambi i reati ascritti.
Con requisitoria del 14 ottobre 2024, il Pubblico ministero – nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME – ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo non è consentito in sede di legittimità e, comunque, risulta manifestamente infondato.
2.1.11 ricorrente, infatti, pur formulando un’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., in realtà tende a dimostrare l’estraneità del ricorrente alla rapina, mediante una rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie estranea al sindacato di legittimità.
2.2. In base al principio enunciato dall’art. 521 cod. proc. pen., ove il pubblico
ministero non abbia provveduto a modificare l’imputazione, il giudice non può pronunciare sentenza per un “fatto” diverso da quello ivi descritto – per tale intendendosi l’accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione tra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica – ma deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
A fondamento del principio di correlazione tra l’imputazione contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e la sentenza (oggetto del potere del giudice) sta l’evidente esigenza di assicurare all’imputato la piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto che è oggetto dell’imputazione.
Per aversi mutamento del fatto occorre, però, una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti di difesa; l’indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, pertanto, non può esaurirsi nel mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia venuto a trovare nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051 – 01).
In particolare, con riferimento al delitto di rapina, Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713 – 02 ha escluso la violazione di tale principio in un caso nel quale l’imputato era stato condannato per avere fornito la base logistica in un tentativo di rapina ai danni di un istituto di vigilanza, a fronte de contestata partecipazione attiva all’azione predatoria, sul rilievo che già in fase cautelare e poi in sede di giudizio abbreviato il predetto avesse avuto piena conoscenza delle risultanze probatorie, da cui emergevano in maniera chiara e circostanziata le effettive modalità della partecipazione concorsuale. Analogamente si è espressa Sez. 2, n. 12207 del 17/03/2015, Abbruzzese, Rv. 263017 – 01, nel senso che non ricorre la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l’imputato, cui sia stato contestato di essere l’autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale e non materiale per come contestato, giacché tale modifica non comporta una trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare
menomazioni del diritto di difesa, ponendosi in rapporto di continenza e non di eterogeneità rispetto alla originaria contestazione.
Dalla lettura delle sentenze di merito risulta:
che all’azione predatoria, pur materialmente realizzata da uno dei correi con le modalità descritte nell’imputazione, si affiancarono anche altri due compartecipi, tra cui l’imputato al quale sono attribuiti, in modo del tutto individualizzante contributi anche materiali volti alla commissione della tentata rapina, tra i quali assume particolare rilievo quello di avere fornito agli altri due correi supporto logistico. In particolare, si ritiene che l’imputato, mediante un’auto nella sua disponibilità, abbia svolto il sopralluogo nelle strade in cui era ubicata la banca, abbia trasportato i correi ove venne rubato il mezzo che doveva servire per darsi alla fuga dopo la rapina e seguito i correi a bordo dell’auto rubata al fine di prenderli dopo che tale veicolo era stato abbandonato;
che gli elementi in forza dei quali si è asseverato il coinvolgimento dell’imputato nella rapina si fondano sugli esiti dell’attività di indagine, contenut nelle informative di polizia giudiziaria facenti parte del materiale investigativo i forza del quale è stata esercitata l’azione penale;
che tali elementi sono stati acquisiti al processo mediante le testimonianze degli agenti e/o ufficiali di p.g. che svolsero le investigazioni, che la difesa h potuto contro esaminare.
Le condotte di concorso nei reati, tenute in concreto dal ricorrente e descritte nelle sentenze di merito, non sono, quindi, in contrasto con l’accertamento dei fatti così come indicati nei capi d’imputazione, ma ne risultano del tutto continenti essendo stato riconosciuto il contributo causale del ricorrente sia al furto che alla tentata rapina in aderenza alle imputazioni formulate di carattere concorsuale. Non vi è stata un’immutazione integrante la nullità dell’art. 522 cod. proc. pen., anche in considerazione della mancanza di una reale compromissione dei diritti difensivi, come motivatamente argomentato dalla Corte d’appello.
Né il ricorrente, sul punto, ha evidenziato, al di là della prospettata immutatio facti, in cosa sia consistito in concreto il vulnus al diritto di difesa, con particolare riguardo ad eventuali profili di novum che avrebbero pretermesso all’imputato di accedere a riti alternativi ovvero a strategie defensionali di tipo differente. Non risulta, infatti, allegato che l’imputato si sia difeso esclusivamente sulle circostanze di fatto e sugli elementi di prova che lo collocavano, quale autore materiale della rapina, all’interno della banca, a fronte, invece, di una istruttoria dibattimental che restituisce un dato differente che individua l’imputato, sin dall’inizio delle indagini, quale concorrente morale e materiale.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Preliminarmente va dato atto che sussiste la querela della persona offesa in relazione al furto dell’autovettura di cui al capo A) della rubrica (artt. 110, 6 n. 2, 624 – 625 n. 2 e 7 cod. pen., aggravato anche dalla contestata recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., contestata dal P.M. all’udienza del 13/09/2022 e commesso il 15/04/2016), trattandosi di reato la cui procedibilità ex officio è stata modificata con d.lgs. n. 150 del 2022 a decorrere dal 30 dicembre 2022. Invero, sebbene il Tribunale precisi che all’udienza del 13 settembre 2022 sia stata acquisita col consenso delle parti la “denuncia” della persona offesa COGNOME dall’esame dell’atto a cui il Collegio può accedere trattandosi di profilo di carattere processuale che investe la procedibilità dell’azione penale, risulta che si è al cospetto di una vera e propria querela, non solo perché in tal senso depone l’intestazione dell’atto (“verbale di ricezione di querela orale”), ma anche il contenuto, laddove il dichiarante “sporge formale querela nei confronti dei responsabili” di cui ne chiede espressamente “la punizione” e si riserva anche “la costituzione di parte civile”.
3.2. Tanto premesso, la prospettazione difensiva risulta ampiamente confutata dai giudici di merito, che hanno già spiegato le ragioni della condanna sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, apprezzando tutti gli elementi di prova acquisiti. Sono state vagliate anche le testimonianze del direttore COGNOME, del dipendente COGNOME e le risultanze sulle impronte papillari, tutti elementi aventi carattere neutro ad eccezione del riconoscimento del taglierino, che ha consentito di porre in relazione in maniera certa la tentata rapina con il furto dell’auto, sull quale è stato appunto ritrovato il taglierino utilizzato per il primo reato. I particolare, sulla base delle videoriprese lette in sequenza cronologica, i giudici del merito hanno accertato che i tre complici si sono procurati la Fiat Uno per compiere la rapina, hanno effettuato un sopralluogo nei pressi dell’Istituto di credito (l’imputato a bordo dell’autovettura Lancia Y intestata alla moglie), uno di loro soltanto è entrato in banca, si sono poi dati alla fuga ed hanno abbandonato l’auto rubata con il taglierino all’interno. La presenza del ricorrente nei luoghi e negli orari di commissione di entrambi i reati è desunta, altresì, dall’aggancio delle corrispondenti celle telefoniche tramite il proprio cellulare, che abitualmente risulta agganciare celle diverse e prossime alla sua residenza in Catania.
Le censure, dunque, non si confrontano con le argomentazioni articolate dalla Corte d’appello territoriale, trattandosi di doglianze a carattere meramente reiterativo di quelle introdotte in sede di merito e già motivatamente disattese con un percorso argomentativo esente da censure. Esse mirano, in realtà, ad ottenere
una rilettura del materiale probatorio in atti, non consentita in questa sede.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 novembre 2024.