Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1929 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1929 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/12/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. AVV_NOTAIO. conclude per l’inamnnissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
Per le parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME è presente l’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO del foro di PARMA. Il difensore illustrando i motivi di doglianza chiede di annullare con rinvio la sentenza impugnata per nuovo giudizio, come da conclusioni e nota spese depositate in udienza, . è
RITENUTO IN FATTO
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Le parti civili NOME, NOME e COGNOME NOME, ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 7701/21 che confermava la sentenza pronunciata dal G.i.p. presso il Tribunale di Modena con cui l’imputato NOME COGNOME era assolto perché il fatto non costituisce reato in relazione al reato di omicidio colposo per la violazione degli artt. 141 e 142 codice della strada ai danni di COGNOME NOME, fatto accaduto in Carpi il 6 Febbraio 2017.
Le parti civili lamentano, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge per inosservanza delle norme relative alla causalità della colpa e quindi ne deducono l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata. In particolare, con un primo profilo si lamenta la violazione del principio di responsabilità colposa nella circolazione stradale, secondo cui il conducente con diritto di precedenza che ha a sua volta violato delle norme di prudenza specifiche volte a prevenire il tipo di evento poi in concreto verificatosi, non può essere considerato esente da responsabilità colposa per l’incidente.
Sulla motivazione della sentenza di assoluzione dei giudici di appello, conforme alla sentenza di primo grado, i ricorrenti osservano che il consulente tecnico del pubblico ministero, dopo aver ammesso pacificamente l’eccesso di velocità per almeno 16 km/h, ha semplicemente affermato che in caso di urto a quella velocità le conseguenze fatali sarebbero state non dissimili da quelle concretamente verificates. E ciò è cosa ben diversa dall’affermare che a tale velocità l’urto ci sarebbe stato ugualmente. In breve, si contesta la deduzione del c.t., come recepita in motivazione, in base alla quale l’urto sarebbe avvenuto comunque, anche se l’imputato avesse rispettato il limite di velocità.
Invero, nell’unico motivo di ricorso si prospetta un altro profilo critico della motivazione impugnata costituito dalla considerazione che nel fatto concreto l’evento sarebbe la risultante di due condotte colpose convergenti costituite dalla violazione dell’obbligo di concedere la precedenza da parte della vittima conducente dell’autocarro nonché dalla violazione del dovere di prudenza nella guida e del limite specifico di velocità vigente nel luogo dell’incidente da parte dell’imputato conducente dell’auto BMW. Sul punto, sostengono le parti civili ricorrenti, è mancata nella motivazione una corretta considerazione della condotta negligente dell’imputato che avrebbe riposto affidamento negli altri utenti della strada. Ciò porterebbe a non escludere il nesso di causalità psichica tra il comportamento in parte negligente
dell’imputato e l’evento mortale, a fronte della condotta comunque irregolare della vittima.
Il procuratore generale con conclusioni scritte del 4 gennaio 2023 ha chiesto l’inammissibilità del ricorso per la genericità e aspecificità delle critiche alla motivazione impugnata. La difesa ha quindi depositato note scritte sulla linea e a conferma dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio osserva in primo luogo che il ricorso impugna una decisione proveniente da una conforme sentenza pronunciata in primo grado e pertanto, per l’ammissibilità del ricorso, “il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado” (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01).
Nel caso concreto i ricorrenti hanno dedotto in secondo grado per la prima volta la loro critica alla valutazione sulla concausa colposa dell’imputato esposta nella sentenza di primo grado, quale unico motivo di appello, secondo quanto riportato nella sentenza della Corte bolognese.
Procedendo, pertanto, all’esame del merito del ricorso, il Collegio rileva che gli argomenti delle parti civili, sebbene riproposti sotto diversi profili del medesimo elemento costitutivo del nesso di causalità psichica, si imperniano sostanzialmente sul valore decisorio – che avrebbe alterato la logica della prova e quindi della motivazione – attribuito alla c.t. del pubblico ministero laddove indica l’irrilevanza causale del violato limite di velocità da parte dell’imputato.
Sul punto entrambe le decisioni, con passaggi argomentativi sufficientemente chiari e convincenti, precisano che le considerazioni tecniche sulla dinamica dell’impatto tra l’automezzo guidato dalla vittima e l’autoveicolo guidato dall’imputato, offerte dal c.t. in udienza, militano per escludere che la violazione della regola cautelare pur astrattamente ascrivibile all’imputato – mancato rispetto del limite di velocità – abbia avuto un ruolo causale nell’evento; ciò atteso che l’urto avrebbe avuto le medesime conseguenze mortali anche se il NOME avesse viaggiato a 70 km/h, e quindi è logico dedurne che la morte del COGNOME non è soggettivamente ascrivibile all’imputato.
Il ragionamento esposto nella motivazione della sentenza di appello è tutt’altro che ipotetico, in quanto nella valutazione dell’assenza di concausalità colposa, con un’elaborazione argomentativa lineare che non può considerarsi illogica o travisante, recepisce il dato tecnico della cinetica dell’impatto dei corpi veicolari coinvolti tenendo conto, in relazione alle violazioni del codice della strada da parte di entrambi i protagonisti dell’impatto, soprattutto del calcolo del moto, della meccanica e della velocità di entrambi i mezzi, non soltanto di quello dell’imputato.
A tal riguardo il motivo di ricorso sposta l’attenzione sul principio secondo cui, se il conducente con diritto di precedenza ha a sua volta violato norme di prudenza specifiche od anche generiche volte a prevenire il tipo di evento poi concretamente verificatosi, non ci si può esimere dal ravvisare un suo concorso nella responsabilità complessiva dell’evento. Considerazione che nel caso concreto non esonererebbe da responsabilità l’imputato in quanto egli, pur avendo diritto di precedenza, avrebbe dovuto rispettare il limite di velocità e quindi evitare il sopraggiungere dell’automezzo altrui ancorché con marcia irregolare.
Il motivo evoca, quindi, il principio di affidamento, in base al quale in un dato ambito di rischio, qual è nel caso Ma circolazione stradale, ogni soggetto non dovrà ritenersi obbligato a delineare il proprio comportamento in funzione del rischio di condotte colpose altrui, ma può riporre un ragionevolmente affidamento sul fatto che gli altri soggetti agiscano osservando le regole di diligenza proprie.
Il Collegio, sul solco di una consolidata giurisprudenza, ribadisce che il principio di affidamento nella circolazione stradale, si deve contemperare con l’opposto principio secondo cui l’agente può essere responsabile dell’evento seppur dovuto anche al comportamento imprudente altrui purché questo sia stato ragionevolmente prevedibile nelle condizioni concrete; di talché la colpa della vittima rientrando nella normale prevedibilità, non elide la colpa dell’agente per quanto residuale (Sez. 4, n. 4923 del 20/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284093; Sez. 4, n. 24414 del 6/05/2021, COGNOME, Rv. 281399; Sez. 4, n. 7664 del 6/12/2017, COGNOME, Rv. 272223; Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, COGNOME, Rv. 269997; Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 270176; Sez. 4, n. 5691 del 2/02/2016, COGNOME, Rv. 265981; Sez. 4, n. 12260 del 9/01/2015, COGNOME, Rv. 263010; Sez. 4, n. 46741 del 8/10/2009, COGNOME, Rv. 245563).
In proposito, il Collegio intende ulteriormente evidenziare che nel caso di convergenza delle colpe di agente e vittima la valutazione sull’affidamento del primo riposto sulle condotte altrui, vittime o cooperanti, presuppone
innanzi tutto che sul piano oggettivo la condotta dell’agente abbia costituito almeno una effettiva concausa materiale dell’evento. Il contrappunto tra l’affidamento sulla corretta condotta altrui e la prevedibilità di un evento dovuto anche ad altri soggetti costituisce il punto di equilibrio della sinergia della concausalità colposa.
Ma la ricerca di tale punto di equilibrio tra il principio di affidamento (che esonera da colpa) e la prevedibilità dell’altrui comportamento irregolare (che, invece, attribuisce un concorso di colpa) presuppone, innanzi tutto, che la condotta sia stata effettivamente concausa dell’evento ai sensi dell’art. 41 cod. pen. e, quindi, in secondo luogo, deve svilupparsi tenendo conto dell’eventuale differenza delle posizioni di garanzia, dei ruoli svolti, e degli obblighi cautelari imposti. Così nell’ambito di rischio della circolazione stradale, le cui regole cautelari di base devono essere osservate e note a tutti gli utenti della strada, soltanto se ciascuna condotta è stata concausa materiale dell’evento, si deve porre il thema probandum della ragionevole prevedibilità di un altrui comportamento incauto ma ponendo attenzione all’indice di prevedibilità che può essere diverso in relazione alle condizioni concrete del fatto, alla singola posizione, all’azione intrapresa. Se per un automobilista è ragionevole la prevedibilità del comportamento irregolare da parte di un ciclista o di un pedone, può essere diverso l’indice di prevedibilità da parte di un pedone in attraversamento irregolare rispetto al comportamento di chi sopraggiunge ad alta velocità, ad esempio, con un carico pesante in un centro abitato.
Si deve ritenere, pertanto, il principio per cui in tema di circolazione stradale, il principio di affidamento riposto da un soggetto sull’operato altrui, idoneo ad escludere la responsabilità in caso di sinergica concausalità psichica, presuppone che, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta dell’agente abbia costituito innanzi tutto una concausa dell’evento e, quindi, che sia ragionevolmente non prevedibile l’altrui comportamento incauto in relazione alle condizioni concrete del fatto, alla singola posizione di garanzia e all’azione intrapresa.
Pertanto, laddove l’agente opera nel medesimo contesto di rischio della vittima, com’è il caso concreto, costituito dall’impatto tra due veicoli con evento mortale, è necessaria innanzi tutto la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente, che si assume come colposa perché era ragionevolmente prevedibile l’altrui condotta irregolare, sia stata concausa certa dell’evento.
Il Collegio, seppur tenendo presente la solida e condivisa giurisprudenza in tema di circolazione stradale che ritiene di non escludere
un ruolo causale materiale e psicologico nel caso in cui l’agente abbia anche in minima parte contribuito alla causazione dell’evento con una propria violazione cautelare, osserva che nel caso in scrutinio la prova – esposta con linearità logica in motivazione non soltanto con riferimento alle deduzioni del c.t. – ha evidenziato che la violazione cautelare costituita dal leggero superamento del limite di velocità (16 km/h) non assurge a costituire una concausa dell’evento. Non si tratta di esonerare da responsabilità colposa chi ha posto in essere comunque una concausa ma evidenziare che non è emerso, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’indicata minima violazione del limite di velocità, tenuto conto anche della rilevante velocità e della massa del mezzo guidato dalla vittima, sia stata nella dinamica dell’impatto tra i due veicoli una effettiva (e non ipotetica) concausa dell’evento, tale da addebitarlo eziologicamente anche all’imputato, oltre che alla vittima.
14. Medesime considerazioni merita l’argomento, sostanzialmente identico anche se esposto nel ricorso a contrario con processo logico condizionalistico di eliminazione mentale, per il quale se la velocità fosse stata inferiore l’evento si sarebbe evitato. Anche questo profilo è esposto ccn sufficiente coerenza nella motivazione della sentenza impugnata laddove ritiene di condividere la valutazione del c.t. circa la pesantezza del mezzo, la traiettoria dei veicoli coinvolti e l’altissima velocità a cui viaggiava la vittima (elemento trascurato nell’impugnativa delle parti civili) perché nella dinamica complessiva dell’impatto, anche con un differenziale di velocità di 16 km/h, non si sarebbe evitato l’urto con le conseguenze letali verificatesi. Da tale linearità argomentativa si desume che non si può apprezzare il generico ragionamento controfattuale proposto dalla difesa.
15. In definitiva, si rigetta il ricorso e ne consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2023 Il consigliere estensore COGNOME
Il Presidente