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Principio di affidamento: quando la colpa è esclusa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1929/2024, ha confermato l’assoluzione di un automobilista per omicidio colposo. Sebbene l’imputato superasse di poco il limite di velocità, la Corte ha stabilito che la sua condotta non costituiva una causa effettiva dell’incidente mortale, provocato principalmente dalla mancata precedenza da parte della vittima. La decisione rafforza l’applicazione del principio di affidamento, sottolineando che per addebitare una responsabilità concorsuale è necessario provare un nesso causale concreto e non meramente ipotetico tra la violazione e l’evento.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Principio di affidamento e incidenti stradali: non basta una minima infrazione per essere colpevoli

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1929 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della responsabilità da circolazione stradale: il principio di affidamento. La pronuncia chiarisce che, per affermare la responsabilità penale a titolo di concorso di colpa in un sinistro mortale, non è sufficiente la mera violazione di una norma del Codice della Strada, come un lieve eccesso di velocità, se questa non ha avuto un’incidenza causale effettiva e dimostrata sull’evento. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Corte.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da un tragico incidente stradale avvenuto in provincia di Modena, in cui il conducente di un autocarro perdeva la vita a seguito di uno scontro con un’autovettura. Nei gradi di merito, il conducente dell’auto veniva assolto dall’accusa di omicidio colposo. La dinamica accertata era chiara: il conducente dell’autocarro (la vittima) aveva omesso di dare la dovuta precedenza, immettendosi sulla traiettoria dell’autovettura.

Tuttavia, dalle perizie tecniche emergeva che l’automobilista, pur avendo diritto di precedenza, viaggiava a una velocità superiore al limite consentito di circa 16 km/h. I familiari della vittima, costituitisi parti civili, proponevano ricorso per Cassazione, sostenendo che tale violazione costituisse una concausa dell’evento e che, pertanto, l’assoluzione fosse ingiusta. Il fulcro del ricorso si basava sull’illogicità della motivazione dei giudici di merito, i quali avevano escluso la rilevanza causale del superamento del limite di velocità.

Il principio di affidamento nel contesto della circolazione stradale

Il ricorso delle parti civili poneva al centro del dibattito il principio di affidamento, un caposaldo nella valutazione della colpa negli incidenti stradali. Secondo tale principio, ogni utente della strada può fare ragionevole affidamento sul fatto che gli altri si attengano alle regole di circolazione. Questo principio, tuttavia, non è assoluto. Esso viene meno quando l’agente si trova di fronte a una situazione che rende prevedibile il comportamento imprudente altrui, imponendogli di adottare cautele supplementari.

Le parti civili sostenevano che il conducente dell’auto, violando il limite di velocità, avesse contribuito a creare la situazione di pericolo e non potesse quindi invocare a sua discolpa il comportamento illecito della vittima.

La valutazione del nesso causale

Il punto cruciale, però, come sottolineato dalla Cassazione, non è tanto la prevedibilità del comportamento altrui, quanto la prova del nesso di causalità. Prima di valutare se un comportamento imprudente fosse prevedibile, è necessario accertare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato abbia costituito una causa effettiva e non meramente ipotetica dell’evento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le motivazioni della Corte d’Appello logiche e prive di vizi. I giudici hanno chiarito che il ragionamento dei tribunali di merito non era stato ipotetico, ma basato su solidi dati tecnici. La consulenza aveva stabilito che l’urto si sarebbe verificato con le medesime conseguenze mortali anche se l’imputato avesse rispettato il limite di velocità.

In altre parole, la violazione della regola cautelare (il superamento del limite di 16 km/h) non ha avuto alcun ruolo nella catena causale che ha portato al decesso. L’incidente era inevitabile nelle sue conseguenze letali a causa della condotta della vittima, che aveva violato in modo grave e determinante l’obbligo di precedenza. La Corte sottolinea che non si tratta di ‘esonare da responsabilità colposa chi ha posto in essere comunque una concausa’, ma di evidenziare che, nel caso di specie, non è emerso che la minima violazione contestata all’imputato fosse una concausa effettiva. Di conseguenza, non essendo provato il nesso di causalità materiale, viene meno il presupposto stesso per un addebito di colpa a carico dell’automobilista.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità penale è personale e richiede la prova rigorosa del nesso causale tra la condotta e l’evento. Non ogni infrazione al Codice della Strada si traduce automaticamente in una responsabilità per le conseguenze di un sinistro. Affinché si possa parlare di concorso di colpa, la violazione commessa deve aver contribuito in modo concreto e non marginale a causare l’incidente. In assenza di tale prova, anche a fronte di una condotta non irreprensibile, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non è a lui soggettivamente ascrivibile. La decisione offre un importante criterio di bilanciamento tra il principio di affidamento e la necessità di sanzionare le condotte che creano un concreto pericolo per la circolazione.

Se supero di poco il limite di velocità e un’altra auto mi taglia la strada causando un incidente mortale, sono automaticamente responsabile?
No. Secondo questa sentenza, non si è automaticamente responsabili. È necessario dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che il superamento del limite di velocità sia stato una causa effettiva e concreta dell’incidente e delle sue conseguenze. Se l’evento si fosse verificato ugualmente, con la stessa gravità, anche rispettando il limite, il nesso causale è escluso e non può esserci condanna.

Cos’è il principio di affidamento nella circolazione stradale secondo questa sentenza?
È il principio secondo cui un utente della strada può ragionevolmente confidare nel fatto che gli altri soggetti rispettino le regole di condotta. Tuttavia, questo principio deve essere contemperato con il dovere di prevedere e, se possibile, evitare le conseguenze del comportamento imprudente altrui, a condizione però che la propria condotta abbia avuto un ruolo causale nell’evento.

Perché la Corte ha ritenuto che il leggero eccesso di velocità del conducente non fosse una causa dell’incidente?
La Corte ha basato la sua decisione sulle conclusioni della consulenza tecnica, recepite dai giudici di merito. Tale perizia ha stabilito che, data la dinamica dello scontro (in particolare la pesantezza del mezzo della vittima e la sua traiettoria), l’urto avrebbe avuto le medesime conseguenze letali anche se l’automobilista avesse viaggiato alla velocità consentita. Pertanto, il leggero eccesso di velocità non ha aggiunto nulla alla catena causale che ha portato al decesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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