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Principio devolutivo: no aumento pena se appello PM respinto

Un imputato, condannato in primo grado per detenzione di stupefacenti, si è visto aumentare la pena in appello nonostante la Corte avesse respinto l’impugnazione del Pubblico Ministero che chiedeva proprio un aggravamento. La Corte di Cassazione ha annullato tale aumento, ribadendo la stretta applicazione del principio devolutivo: senza l’accoglimento dell’appello del PM, il giudice non può peggiorare la pena dell’imputato. È stata quindi ripristinata la sanzione originale, più mite.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Principio devolutivo e divieto di reformatio in peius: la Cassazione fissa i paletti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11573/2024) riafferma un caposaldo del processo penale: il principio devolutivo. Questo fondamentale meccanismo processuale stabilisce che il giudice d’appello può decidere solo sulle questioni sollevate dalle parti. La pronuncia chiarisce che, se l’appello del Pubblico Ministero volto ad aggravare la pena viene respinto, il giudice non può comunque procedere a un aumento della sanzione, anche qualora la ritenesse inadeguata.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, riqualificato come fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). All’imputato era stata inflitta una pena di sei mesi di reclusione e 1.400 euro di multa, con sospensione condizionale.

Sia la Procura che la difesa avevano presentato appello.

L’Appello e la Decisione della Corte Territoriale

Il Pubblico Ministero aveva chiesto di riqualificare il reato in una fattispecie più grave e, di conseguenza, di applicare una pena più severa.

La difesa, al contrario, aveva chiesto l’assoluzione o, in subordine, il riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto o una riduzione della pena.

La Corte d’Appello, con una decisione sorprendente, ha rigettato sia l’appello del Pubblico Ministero sia quello della difesa. Tuttavia, anziché confermare la pena di primo grado, ha proceduto a un drastico aumento della sanzione, portandola a un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 euro di multa.

Il Principio Devolutivo nell’Appello Penale

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, la violazione dell’art. 597 del codice di procedura penale, che disciplina l’effetto devolutivo dell’appello. Il principio devolutivo è una garanzia fondamentale: limita il potere del giudice del gravame ai soli punti della sentenza che sono stati oggetto di specifica critica da parte dell’appellante.

In altre parole, il giudice d’appello non ha un potere di revisione illimitato, ma la sua cognizione è circoscritta dalle richieste delle parti. Se il Pubblico Ministero appella chiedendo un aumento di pena e il suo appello viene respinto, viene meno il presupposto per un peggioramento della condanna (la cosiddetta reformatio in peius).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso relativo alla violazione del principio devolutivo. I giudici supremi hanno sottolineato che, una volta disatteso l’appello del Pubblico Ministero sullo specifico punto del trattamento sanzionatorio, la Corte d’Appello aveva perso il potere di aumentare la pena.

Agire diversamente, come ha fatto il giudice di secondo grado, significa violare l’art. 597 c.p.p., poiché si finisce per rimediare d’ufficio a un presunto errore del primo giudice senza che vi sia una valida richiesta di una parte processuale ad autorizzarlo. La reiezione dell’appello del P.M. cristallizza il trattamento sanzionatorio massimo, che non può essere superato a danno dell’imputato.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena. Ha quindi ripristinato l’originaria condanna a sei mesi di reclusione e 1.400 euro di multa, con pena sospesa. Questa pronuncia è un importante monito sul rispetto delle regole processuali che tutelano l’imputato e definiscono i confini del potere decisionale del giudice nel giudizio di appello, garantendo così la certezza del diritto.

Un giudice d’appello può aumentare la pena di un imputato anche se rigetta l’appello del Pubblico Ministero che chiedeva proprio un aumento?
No. La Corte di Cassazione, in base al principio devolutivo sancito dall’art. 597 c.p.p., ha stabilito che se l’appello del Pubblico Ministero viene respinto, il giudice d’appello non può autonomamente aumentare la pena, neanche se ritiene che la sanzione di primo grado fosse troppo lieve.

Cos’è il principio devolutivo nel processo penale?
È il principio secondo cui il giudizio di appello è limitato ai punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati dalle parti (imputato e Pubblico Ministero). Il giudice d’appello non può decidere su questioni che non siano state sollevate negli atti di impugnazione.

Cosa succede se una Corte d’Appello viola il principio devolutivo aumentando la pena senza un valido motivo?
La sua sentenza può essere impugnata in Cassazione. Come accaduto in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare la decisione limitatamente alla parte errata (la pena) e, ai sensi dell’art. 620 lett. L) c.p.p., può rideterminare direttamente la pena corretta, ripristinando quella originaria decisa in primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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