Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34202 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34202 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Trani nel procedimento nei confronti di NOME, nato a Canosa di Puglia il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Taranto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/3/2025 del Tribunale di Trani
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito per COGNOME l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 marzo 2025 il Tribunale di Trani, provvedendo sugli appelli cautelari proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 3 febbraio 2025 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale di Trani, con cui era stata rigettata la richiesta di parziale revoca del sequestro preventivo disposto nei loro confronti in relazione a reati tributari con decreto del 27 maggio 2024, ha revocato tale sequestro nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME fino alla concorrenza di euro 655.943,51, in relazione alla annualità 2017 con riferimento alle contestazioni del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 di cui ai capi 2 (per COGNOME) e 4 (p COGNOME), dichiarando inammissibili nel resto gli appelli per sopravvenuta carenza di interesse.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Trani, affidandolo a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, dopo aver riassunto lo svolgimento della fase cautelare, sottolineando che il sequestro parzialmente revocato dal Tribunale con l’ordinanza impugnata aveva a oggetto il prezzo del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 contestato agli indagati e non il profitto dell’evasione d’imposta realizzata utilizzando le fatture relative a operazioni inesistenti dagli stes emesse, con la conseguente irrilevanza, ai fini del mantenimento del sequestro, del pagamento a seguito di ravvedimento operoso del debito tributario dell’utilizzatore, ha denunciato la violazione degli artt. 8 e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, a causa della confusione operata dal Tribunale tra le nozioni di prezzo e di profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Ha affermato che in relazione al reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 l’entità dei beni confiscabili deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito da terzi per effetto della utilizzazione delle fatture relative a operazion inesistenti, ma al prezzo di tale reato, cioè all’eventuale compenso che l’emittente abbia percepito per l’emissione di dette fatture (si richiama quanto affermato nella sentenza n. 25536 dell’11/12/2018), in quanto il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 7 del 2000 non comporta un profitto conseguente alla evasione d’imposta da parte dell’emittente le fatture relative a operazioni inesistenti, con la conseguenza che l’unico vantaggio economico suscettibile di ablazione è il prezzo di tale reato, ossia il compenso percepito dall’emittente per la sua condotta illecita. Il Tribunale aveva, invece, ritenuto che il ravvedimento operoso e il pagamento del debito tributario da parte degli indagati avessero incidenza sui presupposti per il mantenimento del sequestro, confondendo il prezzo del reato con il profitto dell’evasione fiscale realizzata dagli utilizzatori delle fatture relative a operazioni inesistenti.
Tale errore aveva determinato l’illegittima revoca del sequestro preventivo, che doveva, invece, essere mantenuto sull’intero importo corrispondente al compenso percepito dagli indagati per l’emissione delle fatture relative a operazioni inesistenti, indipendentemente dal ravvedimento operoso.
2.2. In secondo luogo, ha denunciato un vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata, che sarebbe apparente e comunque manifestamente illogica a causa della confusione operata dal Tribunale tra profitto e prezzo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. 2. Va, in premessa, rammentato che per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti deve farsi riferimento, ai fini della confisca, non tanto a profitto quanto al prezzo del reato, venendo in considerazione per l’emittente solamente il compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto, essendo prezzo del reato ciò che è dato o promesso per commetterlo (v. in tal senso, in motivazione, Sez. 3, n. 50310 del 18/09/2014, Scandroglio, Rv. 261517 – 01; v. anche, in termini generali, sulle nozioni di prodotto, profitto e prezzo del reato, Sez. U, n. 9149 del 03/07/1996, COGNOME NOME, Rv. 205707, secondo cui, sempre in tema di confisca, il prodotto del reato rappresenta il risultato, cioè il frutto il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita; il profitto, a sua vo è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato; il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato; v. anche, nel medesimo senso, Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il profitto dell’evasione realizzata utilizzando le fatture relative a operazion inesistenti è conseguito in via immediata e diretta solamente dall’utilizzatore di tali fatture e il regime derogatorio previsto dall’art. 9 d.lgs. n. 74 del 2000 escludendo, al fine di evitare che la medesima condotta sia punita due volte, la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo (Sez. 3, n. 51468 d 18/06/2018, Mori, Rv. 274208 – 01; Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267925 – 01; Sez. 3, n. 15458 del 04/02/2016, COGNOME, Rv. 266832 – 01; Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, COGNOME, Rv. 257419 – 01).
Va, pertanto, escluso che l’emittente le fatture afferenti a operazioni inesistenti, responsabile del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, possa
ritenersi beneficiario del profitto dell’evasione realizzata utilizzando dette fattur non potendo neppure, come ricordato, concorrere in tale reato.
3. Nel caso in esame il Tribunale, nel revocare il sequestro preventivo disposto a fini di confisca nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ai reati di emissione di fatture relative a operazioni inesistenti, a essi contestati capi 2) e 4) della incolpazione provvisoria, ha ritenuto illegittimo il mantenimento del sequestro disposto nei loro confronti in considerazione del sopravvenuto pagamento da parte loro e della RAGIONE_SOCIALE, mediante accertamento con adesione, del debito tributario relativo all’anno d’imposta 2017 della suddetta RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti erano state emesse le fatture.
Il sequestro, tuttavia, aveva a oggetto non il profitto di tali reati ma, secondo quanto espressamente indicato nel decreto di sequestro del 27 maggio 2024 e confermato a seguito del rigetto della relativa richiesta di riesame, il prezzo degli stessi, pari all’intero imponibile delle fatture, al netto dell’Iva, in quanto realmen corrisposto dalla RAGIONE_SOCIALE e percepito dagli indagati a fronte di prestazioni mai eseguite (come spiegato nel provvedimento di rigetto del 3 febbraio 2025 del Giudice per le indagini preliminari, richiamato anche nella motivazione dell’ordinanza impugnata).
Ne consegue che il rilievo attribuito dal Tribunale al pagamento, a seguito di ravvedimento operoso, dell’imposta evasa, sia dalla RAGIONE_SOCIALE, sia da NOME COGNOME e NOME COGNOME, del debito tributario, se incidente sulla confiscabilità del profitto dei reati determinanti una evasione d’imposta, non ha incidenza né sulla configurabilità dei reati ex art. 8 contestati agli indagati, che s consumano con l’emissione delle fatture al fine di consentire a terzi l’evasione; né sull’esistenza e sulla conseguente sequestrabilità a fine di confisca del relativo prezzo, che non consiste, come ricordato, nel profitto dell’evasione realizzata utilizzando le fatture relative a operazioni inesistenti, che è conseguito solamente dall’utilizzatore di tali fatture, bensì nel compenso o, comunque, nell’utilit (diversa dall’evasione d’imposta) conseguiti a seguito e per effetto della emissione delle fatture per operazioni inesistenti.
4. L’impropria sovrapposizione concettuale tra le nozioni di profitto e prezzo del reato ha, dunque, determinato una errata applicazione degli artt. 8 e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, che comporta la necessità di un nuovo esame degli appelli cautelari degli indagati, da condurre, previo annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, tenendo conto della ricordata differenza tra il profitto e il prezzo del reato e della possibilità di disporre, in relazione al reato di cui all’art. 8 d.lg 74 del 2000, unicamente la confisca del prezzo di tale reato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Trani competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 16/9/2025