LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prezzo corruzione: sequestro anche se restituito

La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo di una somma considerata il prezzo della corruzione, anche se l’indagato l’aveva restituita al corruttore. La sentenza chiarisce la distinzione fondamentale tra ‘prezzo’ e ‘profitto’ del reato, stabilendo che il prezzo, ovvero la tangente ricevuta, è sempre soggetto a confisca, indipendentemente dalle sue successive vicende.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prezzo della Corruzione: Restituire la Tangente Non Evita il Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione, stabilendo un principio netto: il prezzo della corruzione è sempre soggetto a sequestro, anche qualora l’indagato lo abbia restituito. Questa decisione rafforza gli strumenti di contrasto all’illegalità, chiarendo la natura e la sorte delle somme illecitamente percepite.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un dirigente tecnico di un comune, indagato per corruzione. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe ricevuto una tangente di 75.000 euro per favorire l’aggiudicazione di un immobile a un imprenditore. L’operazione illecita era stata mascherata attraverso un contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato dalla moglie del dirigente. A fronte di un acconto di 100.000 euro ricevuto dall’imprenditore, solo 25.000 euro erano stati restituiti dopo la mancata stipula del contratto definitivo. I restanti 75.000 euro, secondo gli inquirenti, costituivano la mazzetta.

La Tesi Difensiva e la Decisione dei Giudici di Merito

La difesa dell’indagato sosteneva che la mancata restituzione immediata della somma fosse dovuta a difficoltà economiche e che, in ogni caso, l’intera cifra era stata poi restituita all’imprenditore prima dell’applicazione della misura cautelare. A prova di ciò, produceva una scrittura privata di risoluzione del contratto e le contabili dei bonifici. Tuttavia, il Tribunale del Riesame aveva confermato il sequestro preventivo dei 75.000 euro, ritenendo la restituzione un tardivo tentativo di occultare il reato, architettato solo dopo l’avvio delle indagini.

Il Sequestro e il Principio sul Prezzo della Corruzione

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso dell’indagato. Il punto centrale della decisione riguarda la natura della somma oggetto di sequestro. L’indagato sosteneva che, avendo restituito il denaro, non ne aveva più la disponibilità e, pertanto, il sequestro era illegittimo. La Suprema Corte ha respinto questa argomentazione, basandosi sulla fondamentale distinzione tra “prezzo” e “profitto” del reato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nelle sue motivazioni, la Cassazione ha chiarito che le somme ricevute dal pubblico ufficiale per compiere un atto contrario ai propri doveri costituiscono il prezzo della corruzione. Questo denaro è l’oggetto stesso del patto illecito tra corruttore e corrotto. In quanto tale, esso è sempre e integralmente confiscabile, a prescindere da come venga successivamente impiegato o a chi venga trasferito.

Il fatto che l’indagato abbia restituito la somma al corruttore è stato ritenuto irrilevante ai fini del sequestro finalizzato alla confisca. Il reato si è consumato nel momento in cui il pubblico ufficiale ha ricevuto l’indebita utilità, e da quel momento la somma è entrata nel suo patrimonio, qualificandosi come “prezzo” del reato. Le successive vicende di quel denaro, inclusa la sua restituzione (peraltro avvenuta in un’epoca sospetta, a indagini già avviate), non ne alterano la natura giuridica né lo sottraggono alla pretesa ablatoria dello Stato.

La Corte ha inoltre ribadito che, in sede di legittimità, non è possibile una nuova valutazione delle prove, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. In questo caso, il Tribunale aveva fornito una motivazione coerente e non manifestamente illogica per ritenere sussistente il fumus commissi delicti.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La restituzione postuma del prezzo del reato non ha efficacia “sanante” e non impedisce l’applicazione di misure cautelari reali come il sequestro. Il principio affermato è chiaro: ciò che costituisce il corrispettivo di un atto illecito è intrinsecamente contaminato e deve essere sottratto alla disponibilità di chi lo ha percepito, per essere infine acquisito dallo Stato. Questa interpretazione fornisce agli inquirenti uno strumento efficace per colpire i patrimoni illecitamente accumulati, indipendentemente dai tentativi degli indagati di eludere le conseguenze dei propri atti.

La restituzione della tangente al corruttore impedisce il sequestro preventivo?
No, secondo la sentenza, la restituzione del prezzo della corruzione è irrilevante ai fini del sequestro. Una volta che la somma è entrata nel patrimonio del corrotto, essa si qualifica come prezzo del reato ed è integralmente sequestrabile, anche se successivamente restituita.

Qual è la differenza tra ‘prezzo’ e ‘profitto’ del reato di corruzione ai fini del sequestro?
Il ‘prezzo’ è il compenso ricevuto dal pubblico ufficiale per l’atto illecito (la tangente). Il ‘profitto’ è l’eventuale vantaggio economico ulteriore che deriva dal reato. La sentenza chiarisce che il prezzo è sempre sequestrabile nella sua interezza, in quanto costituisce l’oggetto stesso dello scambio criminale.

In un ricorso per cassazione contro un sequestro, il giudice può riesaminare le prove?
No, il ricorso per cassazione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò significa che la Corte non può riesaminare nel merito gli elementi di prova, ma solo verificare che il giudice precedente abbia applicato correttamente le norme giuridiche e che la sua motivazione sia logica e completa, senza vizi radicali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati