Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35123 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35123 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 17/04/2025 della CORTE di APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la memoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 17 aprile 2025, confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui all’art. 707 cod. pen. e 116 C.d.S..
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME deducendo “vizio di motivazione in punto di sussistenza nel caso di specie del reato di cui all’art. 707 cod. pen.” poiché i reati presupposti della contravvenzione non erano stati oggetto di condanna ma solamente ‘patteggiati’ e poiché in ogni caso estinti ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., per cui non era stata correttamente valutata la pronuncia di estinzione del reato e degli effetti penali della condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, basato su un unico motivo manifestamente infondato, è inammissibile.
Il motivo contesta la sussistenza del presupposto del reato ascritto all’imputato, costituito dalle intervenute condanne da costui subite per reati determinati da motivi di lucro, evidenziandosi (i) che i precedenti erano relativi a patteggiamenti (e non a sentenze di condanna) e (li) che comunque, esse erano intervenute in epoca tale che i reati erano oramai estinti, e quindi ‘inutilizzabili contra reum.
2.1 In relazione al primo profilo (patteggiamenti e non condanne), occorre infatti evidenziare come costituisca ius receptum di questa Corte, cui questo Collegio intende adeguarsi, non ravvisandosi ragione alcuna per discostarsene, che le sentenze di patteggiamento (rectius, di applicazione della pena su richiesta) vadano considerate equipollenti, a questo fine, ad una sentenza di condanna. In tal senso, ex multis, Sez. 2, n. 44190 del 21/06/2018, H., Rv. 274078 – 01 nonché Sez. 2, n. 41477 del 08/06/2018, COGNOME, Rv. 274245 – 02.
Quanto al secondo argomento (i precedenti, ormai estinti, non possono costituire il presupposto del reato), è corretto affermare, in tema di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli, che non rientri nella condizione condannato per una delle ipotesi previste dalla legge il soggetto nei cui confronti sia stata emessa una sentenza di patteggiamento relativa a reato successivamente estinto per effetto del disposto di cui all’art. 445, comma 2, cod. proc. pen. (con estinzione di ogni effetto penale della condanna) o in ogni altro caso cui segua l’estinzione di ogni effetto penale del reato (nel caso di specie, per esito positivo dell’affidamento in prova). In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di questa stessa Sezione (Sez. 2, n. 19544 del 27/03/2024 NOME Rv. 286424 – 01).
2.2 Sennonché, il punto sollevato, corretto in principio, è manifestamente infondato nei fatti.
L’esame del certificato del casellario giudiziale, presente in atti, consente di rilevare che almeno una delle sentenze ex art. 444 cod. proc. pen. per furto, pronunciate nei confronti dell’imputato, risale al 19 aprile 2017 (fatto commesso il 16 febbraio 2014) mentre l’estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale per esito positivo dell’affidamento in prova, disposto a favore dell’imputato con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Milano del 28 aprile 2021, venne dichiarata con ordinanza dello stesso Tribunale il 21 novembre 2022.
Poiché il reato odiernamente contestato risulta commesso 1’11 maggio 2020, sussisteva all’epoca la condizione prevista dalla legge (di “condannato per delitti determinati da motivi di lucro”), essendo peraltro pacifico, in giurisprudenza, per orientamento risalente, che presupposto del reato è che il reo abbia riportato anche una sola precedente condanna per delitto motivato da lucro (Sez. 2, n. 281 del 25/05/1986, dep. 1987, Tatti, Rv. 174816 – 01; Sez. 6, n. 2088 del 18/01/1972, COGNOME, Rv. 120701 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il Con igliere relatore
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La Presidente