Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45626 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45626 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME nato a RIZZICONI il 16/07/1967
avverso l’ordinanza del 26/06/2024 del TRIBUNALE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del PG NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di Tribunale del riesame, in accoglimenl:o dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza di sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari emessa dal Tribunale penale di Roma in data 21 maggio 2024, ha disposto il ripristino della misura intramurara
nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 512-bis 416-bis.1 cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dei propri difensori, deducendo due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di c:ui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si eccepisce la violazione degli artt. 512-bis cod. pen. e 273 e 274 cod. proc. pen., nonché vizi di motivazione, in relazione al mancato recepimento da parte del Tribunale del riesame della valutazione di consistente affievolimento del quadro indiziario, a fronte degli elementi nuovi emersi nell’istruttoria dibattimentale ancora in corso.
Questi elementi nuovi, che avevano fondato la valutazione cautelare del Tribunale dibattimentale contraddetta nell’ordinanza impugnata, sarebbero in grado di attenuare grandemente le risultanze investigative poste alla base del provvedimento genetico (di fatto, costituite solo da conversazioni intercettate, dal dubbio significato). L’escussione di uno degli operanti, tenente colonnello COGNOME in particolare, confermerebbe il ruolo del tutto marginale di NOME COGNOME nell’attività commerciale, formalmente intestata alla di lui moglie e, secondo l’ipotesi accusatoria, di effettiva proprietà sua e di NOME COGNOME; il ricorrente infatti, collaboratore scolastico, avrebbe semplicemente aiutato la moglie nella gestione del bar, dopo l’orario di lavoro, con una presenza che i controlli degli investigatori avrebbero accertato come meramente marginale. Non sarebbe, inoltre, emersa alcuna prova né dell’interposizione, né comunque dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente.
Il Tribunale del riesame avrebbe negato irritualmente la novità dei suddetti esiti istruttori, reiterando assertivamente le argomentazioni esposte nell’ordinanza genetica, fondate sulla precedente attività di indagine.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa contesta l’erronea applicazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata fonderebbe le proprie conclusioni sulla duplice presunzione legislativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura inframuraria, derivante dalla contestata aggravante dell’agevolazione mafiosa. Tuttavia, posto che la concretezza e l’attualità del pericolo non possono essere desunte soltanto dalla gravità del titolo di reato, i giudici del riesame avrebbero omesso, nella propria motivazione, di considerare molteplici circostanze, tali da consentire il superamento della suddetta presunzione: la considerevole distanza temporale dai fatti contestati, lo stato di incensuratezza, le discrasie emerse tra gli esiti dell’istruttoria e le risultanze investigative (tra c ruolo politico svolto da COGNOME nel consiglio comunale di Rizziconi, poi sciolto per infiltrazioni mafiose, senza alcun suo conseguente coinvolgimento). Richiamando
impropriamente la nozione di “motivazione rafforzata”, infine, il giudice dell’appello cautelare ipervalorizzerebbe incongruamente le non concludenti captazioni telefoniche, un diverso procedimento penale a carico di COGNOME per fatti asseritannente commessi nel 2015 e una sua vaga continuità con ambienti ‘ndranghetistici.
All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
I due motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente.
L’ampio e denso argomentare del Tribunale del riesame, dopo un’attenta disamina degli elementi a cui la difesa aveva attribuito valore di novità ed efficacia a discarico, conclude per l’insussistenza di valide ragioni per ritenere superati non solo la presunzione ex lege di pericolosità sociale e di adeguatezza della custodia in carcere, ma anche il giudicato cautelare già maturato (accanto, peraltro, all’avvenuta emissione del decreto di rinvio a giudizio).
2.1. Secondo la consolidata esegesi, la preclusione processuale conseguente al maturare del cosiddetto giudicato cautelare, all’esito del procedimento incidentale di impugnazione, è di portata più ridotta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché limitata allo stato degli atti, sia perché non copre le questioni deducibili, ma solo le questioni dedotte e decise, ancorché implicitamente, nel procedimento di impugnazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235908-01; Sez. 5, n. 12745 del 06/12/2023, dep. 2024, Scala, Rv. 28619901). Questo effetto preclusivo, preordinato ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di un’effettiva modifica della situazione di riferimento, può, invece, essere superato qualora intervengano elementi di fatto nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 2, n. 54298 del 16/09/2016, G., Rv. 268634-01; Sez. 5, Sentenza n. 1241 del 02/10/2014, dep. 13/01/2015, COGNOME, Rv. 261724; Sez. 2, n. 49188 del 9/9/2015, COGNOME, Rv. 265555).
Nel caso di specie, il giudicato cautelare conseguente alle pronunce emesse nel procedimento incidentale di impugnazione (cfr. Sez. 2, n. 10346 del 25/11/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.) già copriva
la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento al delitto contestato (sulla base del compendio intercettivo, le attività commerciali – bar, tavola calda e slot machines di Panforno RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME risultavano riconducibili a NOME COGNOME e alla sua cosca di appartenenza,
nonché a NOME COGNOME, ed anzi rientranti in un vero e proprio «sistema Alvaro», vòlto a conquistare e controllare gli ambiti gestionali di ricevitorie e tabacchi);
la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (poiché le condotte di trasferimento fraudolento di valori avevano lo scopo di favorire la locale romana della ‘ndrangheta, costituita da NOME COGNOME e di NOME COGNOME e di tale contesto criminale era pienamente a conoscenza COGNOME);
la sussistenza delle esigenze cautelari (data la presunzione di legge, confermata dal pericolo di reiterazione, emergente dalla protrazione nel tempo delle condotte agevolatrici, in un contesto di perdurante copertura delle realtà economiche retrosceniche, anche successivamente ai fatti per cui si procede, così denotando negativamente la personalità del ricorrente);
l’adeguatezza della misura (dovendosi escludere l’idoneità degli arresti domiciliari, anche per il contesto familiare in cui sono erano maturati i fatti per l condotte tenute dagli stessi familiari).
2.2. Per quel che riguarda, poi, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il Collegio condivide e intende ribadire l’orientamento esegetico per cui tale disposizione sancisce, in caso di reati aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., una doppia presunzione, per ciò che concerne la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria (cfr. Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, Simeoli, Rv. 284857-01. Cfr. anche Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Alcamo, Rv. 283176-01; Sez. 1, n. 38603 del 23/06/2021, COGNOME, Rv. 282049-01; Sez. 2, n. 22096 del 03/07/2020, COGNOME, Rv. 279771-01).
La presunzione relativa di pericolosità sociale determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei pericula libertatis, ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti (Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471-01; Sez. 5, n. 57580 del 14/09/2017, Lupia, Rv. 272435-01). Nondimeno, quando si abbia una contestazione non di intraneità a un contesto associativo di tipo mafioso, ma di fatti comunque aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., la presunzione di perdurante pericolosità ha carattere più marcatamente relativo e il giudice è chiamato a valutare gli elementi astrattamente idonei a escludere tale presunzione, desunti dal tipo di reato per il quale si procede, dalle concrete modalità del fatto e dalla risalenza dei precedenti (Sez. 5, n. 1525 del 06/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285808). Del pari, la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per i reati di “contesto mafioso” può essere superata solo qualora il giudice individui analiticamente elementi di positiva e concreta attenuazione del valore sintomatic:o del fatto dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con
altre misure (Sez. 2, n. 6574 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 266236-01; Sez. 1, n. 29530 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256634-01; Sez. 2, n. 30704 del 12/04/2013, COGNOME, Rv. 256558-01).
Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo di questi principi, correttamente riqualificando le deduzioni difensive come vòlte a una mera rivisitazione del quadro cautelare già cristallizzato, rimarcando la sostanziale mancanza di novità degli elementi indicati dall’indagato, inidonei a incidere sulle conclusioni già raggiunte.
3.1. Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, l’ordinanza impugnata muove cla una logica precisazione in merito alla diversa consistenza del compendio sottoposto alla sua valutazione (costituito dai complessivi esiti di indagine e dalle ulteriori prove successivamente acquisite in dibattimento) e del materiale istruttorio a disposizione del giudice della cognizione (fisiologicamente più ridotto, non essendo ancora conclusa l’istruttoria e, in particolare, non essendo ancora stata depositata la relazione peritale di trascrizione delle conversazioni intercettate, viceversa fondamentali nell’analisi della vicenda).
Con argomentazioni coerenti, poggiate sul complesso degli elementi procedimentali, viene così sminuita la forza dimostrativa degli stralci della deposizione del tenente colonnello COGNOME, allegate dalla difesa per dimostrare l’assoluta marginalità del ricorrente nell’esercizio commerciale. Non solo ulteriori circostanze emerse dalla suddetta testimonianza comprovano, comunque, la presenza non saltuaria di NOME COGNOME nel bar, insieme alla moglie e al figlio, ma, soprattutto la sua attiva compartecipazione alla gestione è agevolmente ricavabile da plurime captazioni e dalle rilevanti cifre – euro 167.848,81, di cui euro 58.773,93 nel solo 2016 – personalmente ricevute, come comprovato documentalmente e come altresì riferito in dibattimento dal suddetto ufficiale dell’Arma.
La già acclarata contiguità ad ambienti ‘ndranghetisti anche nella terra di origine, oltre ai ramificati rapporti parentali e dalla pendenza di ulterio procedimenti, è ulteriormente confermata anche dall’attività politica svolta, sui banchi della maggioranza, nel Comune di Rizziconi, sciolto per infiltrazioni mafiose.
Queste congrue argomentazioni risultano impermeabili allo scrutinio di legittimità. Il ricorso per cassazione per vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866
del 17/06/2019, COGNOME Rv. 276976-01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
3.2. È corretta, quanto al permanere delle esigenze cautelari, la valutazione di inidoneità a disarticolare il giudicato cautelare della condizione di incensuratezza e del tempo decorso dalla data dei fatti contestati sino all’applicazione della misura, evidentemente sussistenti anche al momento di emissione dell’ordinanza genetica. Peraltro, la statuizione è coerente con l’orientamento di legittimità, per cui, anche nel caso di contestazione dell’aggravante “mafiosa”, ai fini del superamento della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non rileva di per sé sola, per quanto attiene ai requisiti dell’attualità e dell concretezza del pericolo, la distanza temporale tra l’applicazione della misura e i fatti contestati (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 28276602; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 03/02/2021, COGNOME, Rv. 280452-01).
In ordine alla prognosi di possibile perdurante continuità di apporto alla operatività della consorteria di tipo mafioso, i giudici capitolini hanno ulteriormente sottolineato – come detto, in maniera incensurabile nel giudizio di legittimità –
la compenetrazione di Baresi, unitamente al boss COGNOME, nella gestione dell’attività economica complessivamente intesa;
la pendenza di procedimenti penali a carico di COGNOME per reati contro la pubblica amministrazione;
le ulteriori circostanze a carico emesse successiva all’esecuzione della misura (le cointeressenze in una distinta operazione commerciale, la costituzione di RAGIONE_SOCIALE, insieme ai capi della locale COGNOME e COGNOME, con volontaria perdita di grosse somme in favore dei nuovi proprietari).
3.3. Sulla base di questo articolato percorso argomentativo, in particolare, il Tribunale del riesame ha ritenuto che gli allegati nova dibattimentali ed extradibattimentali non avessero il carattere di effettiva novità e, comunque, non incidessero sulle pregresse valutazioni, non emergendo sintomi dell’asserito allontanamento dell’imputato dal contesto illecito di criminalità organizzata e risultando viceversa agli atti indicazioni di segno diametralmente opposto. In difetto di altri indici di sicura valenza sintomatica, non sarebbero, dunque, elise le esigenze cautelari emergenti dalle logiche mafiose alla base del delitto per cui si procede.
In ogni caso, il motivo di ricorso per cassazione che deduca assenza delle esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01).
3.4. Pertanto, qualora – sulla base di una lettura significativa, approfondita e coerente degli elementi acquisiti – sussistano i gravi indizi di colpevolezza e non ci si trovi in presenza di una situazione nella quale fa difetto una qualunque esigenza cautelare, opera, in assenza di elementi in grado di superarla e secondo quanto già precisato al precedente paragrafo 2.2, la presunzione di adeguatezza della misura di massimo rigore.
A fronte di questo congruo apparato motivazionale, coerente con i principi di diritto espressi da questa Corte regolatrice, logico e non contraddittorio, tutti profili di censura articolati nei due motivi di impugnazione risultano non consentiti, generici e manifestamente infondati.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 ottobre 2024
Il Cppsigliere estensore
La Presidente