Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4807 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO
nel procedimento a carico di
TRIPODO SERGIO
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 21/07/2023 del TRIBUNALE DI PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Palermo;
uditi gli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, difensori dell’indagato, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 luglio 2023, in parziale accoglimento della richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale gli aveva applicato la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per il reato di tentata estorsione pluriaggravata in concorso, il Tribunale di Palermo disponeva la sostituzione di detta misura con quella del divieto di dimora nella Provincia di Palermo.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e mancanza della motivazione nella parte in cui ha disposto una misura cautelare più tenue di quella applicata dal G.i.p.
Il Tribunale, al fine di ritenere superata la presunzione relativa prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., rilevante nel caso di specie, trattandosi di un delitto aggravato ex art. 416-bis.1 cod. pen., ha valorizzato illegittimamente, con una motivazione apparente sul punto, il tempo “silente”, l’incensuratezza dell’indagato e la commissione di un unico reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato perché proposto con un motivo infondato.
Il ricorrente non ha considerato che la presunzione relativa ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è stata superata già nel provvedimento genetico dal G.i.p., che con ordinanza non appellata, ha applicato la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e non già quella della custodia in carcere richiesta dal Pubblico ministero.
Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale ha valutato l’adeguatezza della misura meno grave dando una specifica motivazione: anch’essa – si legge nell’ordinanza impugnata – è “idonea a recidere qualsivoglia collegamento, anche a distanza e per interposta persona, con esponenti, anche di vertice, del RAGIONE_SOCIALE, per la reiterazione di analoghe condotte delittuose”.
A prescindere dal riferimento alla questione della rilevanza del tempo “silente” (che attiene alla contestazione del reato di associazione mafiosa e non già di un reato aggravato dall’agevolazione mafiosa), il Tribunale è pervenuto a
dette conclusioni valorizzando altri elementi che risultano pertinenti e non eccentrici rispetto alla valutazione compiuta.
L’ordinanza, infatti, ha osservato che la vicenda in esame risale a tre anni addietro, che si è trattato di un fatto unico (inteso evidentemente come episodico) e che l’imputato, incensurato, è stato sospeso dal proprio ordine professionale.
Non si è in presenza, dunque, di una motivazione solo apparente e, quindi, di una violazione di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 16/01/2024.