Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30721 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30721 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Palermo il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 7 febbraio 2024 dal Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le richieste del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo che, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico ministero avverso
l’ordinanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere applicatagli per i reati di cui agli artt. 416-bis e 424 cod. pen., ha disposto il ripristino di detta misu
Con un unico motivo deduce vizi di carenza ed apparenza della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. b c, cod. proc. pen., fondata, da un lato, sulla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., e, dall’altro, su una diversa valutazione degli elementi valorizzati dal Giudice per le indagini preliminari con l’ordinanza di revoca. Rileva il ricorrente che sia le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese che il suo trasferimento a Roma ,costituiscono indici sintomatici del suo allontanamento dal sodalizio criminale e di un allentamento del vincolo. Le prime, infatti, si pongono in contrasto con la regola dell’omertà e, dunque, sono incompatibili con la permanenza del vincolo associativo, non essendo, a tal fine, rilevante la circostanza della mancata ammissione del ricorrente al programma di protezione.
Aggiunge, inoltre, che la marginalità del suo ruolo all’interno del sodalizio, valorizzata nell’ordinanza di revoca della misura cautelare, è stata ritenuta dalla sentenza di primo grado e, non essendo oggetto di impugnazione da parte del Pubblico ministero, non può essere rivisitata in sede cautelare.
L’ordinanza difetta, inoltre, di motivazione sulla concretezza ed attualità del pericolo di fuga che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non può essere desunta dalla gravità della pena inflitta. Si osserva, infine, che il Tribunale ha fatto riferimento ad un dato indimostrato ovvero la nota disponibilità di mezzi e persone da parte di “RAGIONE_SOCIALE” per aiutare gli affiliati a sottrarsi ai provvedimenti giudiziari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su un motivo generico e meramente confutativo.
Va, innanzitutto, premesso che, in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non è richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, ma è necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale (Sez. 3, n. 31022 del
22/03/2023, COGNOME, Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, Rv. 279593). Analogo principio può essere esteso anche in caso di ribaltamento del provvedimento di revoca della misura cautelare, trattandosi, comunque, di un giudizio che si fonda sul medesimo standard cognitivo.
Ciò premesso, l’ordinanza impugnata, con una motivazione adeguata e non manifestamente illogica, con la quale il ricorrente omette di confrontarsi criticamente, ha preso in esame tutti gli argomenti valorizzati nel provvedimento di revoca della misura cautelare e, con argomentazioni coerenti con la giurisprudenza di questa Corte, ne ha spiegato l’inidoneità a superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. alla luce dein contenuto della sentenza emessa dal Giudice per l’udienza preliminare di Palermo dell’11/10/2022 con la quale COGNOME è stato condannato alla pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione per i reati di cui agli artt. 81, 424 e 416-bis cod. pen.
In particolare, il Tribunale ha osservato che: a) le dichiarazioni rese dall’imputato sono state reputate irrilevanti, in quanto relative a circostanze già acclarate o prive di adeguati riscontri, quando non addirittura inverosimili’gtè, inoltre, sottolineato che COGNOME non è stato riconosciuto quale “collaboratore” iné è stato ammesso a programma di protezione; b) parimenti irrilevante è il mero decorso del tempo o il trasferimento in altra città a fronte della specificità della condotta, connotata dalla stabilità del vincolo ed indicativa di una determinazione criminosa sintomatica della sua non occasionalità; c) la sentenza di condanna ha escluso la sussistenza di dati idonei a valutare la minore gravità delle condotte ascritte al ricorrente, tanto che ha negato le circostanze attenuanti generiche.
A fronte di tali persuasivi argomenti, di per sé già idonei a sostenere le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, deve ritenersi che il riferimento alla notoria disponibilità di mezzi e uomini di “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” per aiutare gli affiliati a sottrars all’esecuzione delle misure ha una valenza meramente rafforzativa della valutazione di insussistenza di elementi idonei a superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Come anticipato, trattasi di argomentazioni adeguate e coerenti con la giurisprudenza di questa Corte (si veda, tra le tante, Sez. 6, n. 28821 del 30/09/2020, Aloe, Rv. 279780), avendo il Tribunale correttamente evidenziato l’inidoneità degli elementi valorizzati dal primo Giudice a dimostrare la rescissione del vincolo associativo o /quanto/meno ; l’effettivo e irreversibile allontanamento dell’indagato dal gruppo criminale e la conseguente mancanza delle esigenze cautelari.
2. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. Così deciso il 28 maggio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente