Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 4223 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 4223  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Pakistan il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del Tribunale di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12 settembre 2023, il Tribunale di Ancona ha rigettato l’appello proposto dall’imputato avverso l’ordinanza emessa il 27 luglio 2023 dallo stesso Tribunale, con la quale veniva respinta l’istanza difensiva di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, disposta nei confronti dell’imputato per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, l’imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. e il connesso vizio di motivazione. Secondo la ricostruzione difensiva, il Tribunale del riesame si sarebbe erroneamente confrontato con la presunzione relativa alla sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., allorché ha fondato su tale presunzione il pericolo concreto ed attuale di recidiva – ritenuto elevatissimo anche in considerazione del ruolo attribuito al ricorrente e del carattere organizzato e prolungato dell’attivit criminosa – e ha svalutato gli elementi addotti dalla difesa per individuare una riduzione del periculum libertatis apprezzabile ai fini del superamento della presunzione contestata. Più precisamente, il giudice di secondo grado avrebbe mancato di indicare concreti rilevatori della continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, omettendo altresì di compiere un’adeguata verifica sull’attualità delle esigenze cautelari, così come imposto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in presenza di condotte risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità, potendo il decorso di un arco temporale significativo essere sintomo di un proporzionale affievolimento del pericolo di reiterazione. Del pari, non sarebbero stati opportunamente presi in considerazione né il fatto che sia stato contestato un unico reato fine – circostanza che sembrerebbe smentire l’esistenza del presunto rapporto di stabile ed organica compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio criminale – né lo stato di incensuratezza dell’imputato, accompagnato dal documentato svolgimento, da parte di quest’ultimo, di regolare attività lavorativa al momento dell’esecuzione della misura. Illogica sarebbe, infine, la pretesa irrilevanza della disponibilità di un’offerta di lavoro per l’imputat al momento dell’esecuzione della misura coercitiva personale, mentre non sarebbe stata adeguatamente apprezzata la valenza della memoria difensiva, la quale !ungi dall’essere mera espressione di una strategia difensiva – sarebbe, per contro, un segnale di resipiscenza e di dissociazione dell’imputato dalla compagine criminale di appartenenza, contenendo dichiarazioni confessorie. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
La difesa dell’imputato ha depositato memoria, con la quale, in replica alle conclusioni del pubblico ministero, insiste in quanto già dedotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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Il motivo di ricorso, relativo alla violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. e al connesso vizio di motivazione, è inammissibile, perché formulato in modo non specifico. A fronte di un quadro istruttorio chiaro e significativo dell’operativi della presunzione contestata, le asserzioni difensive si riducono ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione del provvedimento cautelare impugnato, senza la prospettazione di elementi dirimenti puntuali e precisi. Esse si confrontano in modo incompleto con la ricostruzione fornita dal Tribunale del riesame, che – ai fini dell’applicabilità della norma censurata – ha invece ben evidenziato l’insussistenza di prova contraria circa l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, laddove ha adeguatamente valorizzato lo svolgimento, da parte dell’imputato, del ruolo di aggancio tra le forniture provenienti dal Pakistan e la cellula italiana del sodalizio criminale, con la cura del trasporto della sostanza stupefacente da Napoli alle Marche e con l’elevato rischio di recidiva correlato al carattere organizzato e prolungato dell’attività criminosa. All’opposto, gli elementi addotti dalla difesa risultano insufficienti ad individuare un’attenuazione del periculum libertatis apprezzabile ai fini del superamento della presunzione di attualità delle esigenze cautelari, giacché: la lontananza nel tempo dei fatti e lo stato di incensuratezza dell’imputato sono già stati valutati e ritenuti subvalenti rispetto alla presunzione contestata; l’ulteriore periodo di tempo trascorso in vinculis e la disponibilità per il ricorrente di un’offerta di lavoro integran circostanze ininfluenti; mera espressione di una strategia difensiva appare la memoria depositata dall’imputato, priva di qualsivoglia valenza indicativa di un suo atteggiamento di resipiscenza.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in C 3000,00. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle
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ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28/11/2023