Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7866 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 7866  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI COGNOME NOME NOME a SARNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha chiesto che il ricorso sia dichiaro inammissibile.
Trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 31 maggio 2023, il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui la Corte d’assise d’appello di Napoli aveva respinto l’istanza di revoca o
sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata in relazione al reato di cui agli artt.575, 577 cp e r, 4, 7, I. n. 895 del 1967. Per tale reato la Corte d’appello aveva condanNOME il COGNOME alla pena di dieci anni di reclusione.
L’appello proposto avverso il rigetto dell’istanza si appuntava unicamente sulla sussistenza delle esigenze cautelari, che l’imputato sosteneva essere attenuate in ragione del decorso del tempo dalla applicazione della misura, del corretto comportamento processuale dal medesimo tenuto, nonché della risalenza nel tempo dei precedenti penali.
Il Tribunale del riesame, nel rigettare l’appello, ha considerato irrilevanti tali elementi, ritenendo sussistente il pericolo di recidiva in ragione della negativa personalità del COGNOME, evidenziata dalla gravità dei precedenti penali e dell’azione delittuosa, resa manifesta dalle modalità con cui era stato commesso l’omicidio.
Avverso tale ordinanza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando un unico motivo di censura con il quale deduce la violazione di legge e il difetto assoluto di motivazione. Il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di considerare le doglianze difensive, non spiegando perché la concessione delle circostanze generiche in appello non avrebbe rilievo ai fini di una positiva prognosi sulla personalità, non avrebbe chiarito le ragioni per cui la scarsa rilevanza dei precedenti penali risalenti nel tempo siano indice di maggior pericolosità dell’imputato, né perché la provocazione della vittima non incida sul giudizio di riprovevolezza. Si deduce il difetto di motivazione sulla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
 Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati.
 Il ricorrente è stato condanNOME per l’omicidio volontario di COGNOME NOME, il quale è stato colpito con numerosi colpi di arma da fuoco.
Il delitto di cui all’art. 575 cod. pen., il quale rientra nell’ambito dei reati per quali l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una “doppia presunzione relativa” di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere. Ne discende che la ricorrenza di questa presunzione relativa di pericolosità sociale
determina l’inversione degli ordinari poli del ragionamento giustificativo, nel senso che il giudice che applica o che conferma la misura cautelare non ha un obbligo di dimostrazione in positivo della ricorrenza del periculum libertatis, ma soltanto di apprezzare l’eventuale esistenza di ragioni, evidenziate dalla parte o direttamente evincibili dagli atti, tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto presuntivo (Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861-01; Sez. 1, n. 45657 del 06/10/2015, Varzaru, Rv. 265419-01). La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021, dep. 2022, Rv. 282865 – 01; Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Rv. 282766 – 02).
In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo prova contraria, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo; tale, cioè, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo cautelare, salvo prova contraria (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021, cit.).
Nella specie, a fronte dell’operatività di tale presunzione, gli elementi dedotti dalla difensa del COGNOME non integrano la prova contraria in ordine alla attualità e concretezza del pericolo, né in ordine alla attenuazione delle esigenze cautela ri .
Tale non può essere il mero decorso del tempo dalla applicazione della misura, il quale può assumere rilievo nella valutazione di una istanza di sostituzione o revoca della misura ex art. 299 cod. proc. pen., e quindi dell’appello cautelare che giudica su tale valutazione ex art. 310 stesso codice, purché lo stesso sia accompagNOME da ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica della attenuazione delle esigenze (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Ferri, Rv. 282766 02; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004 – 01; Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, K. Rv. 265652; n. 1858 del 09/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258191). Invero, secondo l’insegnamento di questa Corte, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra, sicché tale elemento, se non accompagNOME ad altri dati circostanziali, è inidoneo a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità sociale formulato nei confronti dell’indagato. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal
solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare» (Sez. 1, n. 7771 del 2023, non massimata).
Pur essendo tali considerazioni assorbenti di ogni questione concernente la sussistenza delle esigenze cautelari, si deve rilevare che l’ordinanza impugnata ha comunque motivato in modo puntuale ed esaustivo sia in negativo, in ordine alla rilevanza degli elementi addotti dalla difesa a sostegno della istanza, sia in positivo circa la sussistenza delle esigenze cautelari e sul rischio di reiterazione delle condotte illecite.
Sotto il primo profilo, il Tribunale del riesame ha correttamente escluso la rilevanza sia della concessione delle attenuanti generiche da parte della Corte d’appello, avendo questa al contempo evidenziato l’esplosione di numerosi colpi di arma da fuoco contro la vittima, sia del comportamento collaborativo dell’imputato, trattandosi di circostanza non nuova, in quanto già nota e valutata al momento della applicazione della misura. Sotto il secondo profilo, l’ordinanza impugnata ha sottolineato la gravità della condotta tenuta dal COGNOME, resa evidente dalle modalità della condotta ed in particolare, non solo dal numero dei colpi sparati, ma dal fatto che quelli fatali sono stati esplosi dall’alto verso il basso, quando la vittima era già ferita a terra o comunque stava cadendo e non costituiva più una minaccia. Sulla base di tali elementi, il Tribunale del riesame, con argomentazioni logiche e ineccepibili, ha operato un giudizio prognostico negativo ritenendo la condotta del ricorrente dimostrativa di una elevata aggressività e della «capacità di porre in essere comportamenti tali da costituire un serio pericolo per la comunità nella quale è inserito», tale da ritenere inadeguato un regime cautelare minore rispetto a quello carcerario.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso proposto dal COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Consegue, infine, a tali statuizioni processuali, la trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario dove NOME COGNOME si trova ristretto, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2023.