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Presunzione esigenze cautelari: la Cassazione decide

Un indagato, sottoposto a custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la totale assenza di motivazione riguardo alle esigenze cautelari. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che per reati di tale gravità opera una presunzione esigenze cautelari. Tale presunzione esonera il giudice dall’obbligo di una motivazione specifica, a meno che l’indagato non fornisca elementi concreti per dimostrare l’assenza di tali esigenze o l’adeguatezza di misure meno afflittive. La sentenza chiarisce che il semplice lamento sulla mancanza di motivazione non è sufficiente a superare questa presunzione legale.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione Esigenze Cautelari: Quando la Motivazione Non È Necessaria

Con la sentenza n. 5320 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la presunzione esigenze cautelari per i reati di particolare gravità. Il caso analizzato offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un giudice è esonerato dal fornire una motivazione specifica per disporre la custodia in carcere e quali sono gli oneri a carico della difesa per contrastare tale presunzione. La decisione chiarisce che, in presenza di gravi indizi per reati come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la pericolosità sociale si presume, invertendo l’onere della prova.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Gip del Tribunale di Lecce, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un soggetto indagato per partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. Il provvedimento iniziale, pur dettagliando i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, ometteva di esplicitare le ragioni specifiche per le quali si ritenevano sussistenti le esigenze cautelari che giustificavano la massima misura restrittiva.

Il Ricorso in Cassazione: La Denuncia di Mancanza di Motivazione

La difesa dell’indagato ha proposto ricorso diretto per Cassazione, lamentando una violazione di legge per “mancanza assoluta di motivazione” in relazione alle esigenze cautelari. Secondo il ricorrente, l’ordinanza si era limitata ad affermare la sua colpevolezza a livello di gravi indizi, senza però spiegare perché, nel suo caso specifico, fosse necessario applicare la custodia in carcere per prevenire il rischio di recidiva, inquinamento probatorio o fuga. Tale omissione, a dire della difesa, configurava una nullità del provvedimento.

La Presunzione Esigenze Cautelari e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La decisione si basa sull’applicazione dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, che introduce una presunzione relativa sia sull’esistenza delle esigenze cautelari, sia sull’adeguatezza della sola custodia in carcere per determinati reati di allarme sociale.

Il Principio della Presunzione Relativa

Per i delitti di particolare gravità, come l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), la legge presume la pericolosità dell’indagato. Questa non è una presunzione assoluta, ma relativa: può essere superata. Tuttavia, essa produce un effetto processuale di fondamentale importanza: l’inversione dell’onere della prova. Non è più il Pubblico Ministero a dover dimostrare l’esistenza delle esigenze cautelari, ma è l’indagato a dover fornire elementi concreti per dimostrarne l’insussistenza.

L’Onere della Prova a Carico dell’Indagato

La Corte ha sottolineato che il ricorrente si era limitato a dolersi dell’assenza di motivazione, senza però addurre alcun elemento specifico idoneo a vincere la presunzione legale. In assenza di tali elementi (ad esempio, una condizione di salute incompatibile con il carcere, un’attività lavorativa stabile, un contesto familiare di supporto), la motivazione da parte del giudice sulle esigenze cautelari non è necessaria, poiché queste sono, per l’appunto, presunte dalla legge.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che l’obbligo di motivazione del giudice non viene meno in assoluto, ma sorge solo quando la difesa offre spunti concreti per superare la presunzione. Nel caso di specie, la difesa non ha fornito prove o allegazioni specifiche per dimostrare che le esigenze cautelari fossero assenti o che potessero essere soddisfatte con misure meno invasive, come gli arresti domiciliari. La prognosi di pericolosità, in contesti associativi, non si lega solo all’ultimo reato commesso, ma alla persistenza del vincolo criminale e alla professionalità dimostrata. La Cassazione ha inoltre precisato che non vi era alcuna contraddizione nel fatto che il Gip avesse motivato specificamente per altri indagati, poiché per questi ultimi erano emerse particolari condizioni di salute che richiedevano una valutazione ad hoc, profilo del tutto assente per il ricorrente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio consolidato e di grande rilevanza pratica. Per i reati più gravi, la difesa non può limitarsi a una critica formale sulla motivazione dell’ordinanza cautelare. È invece necessario un approccio proattivo, volto a fornire al giudice tutti gli elementi fattuali e probatori che possano concretamente incrinare la presunzione di pericolosità sociale stabilita dal legislatore. In mancanza di questo sforzo difensivo, la presunzione legale è sufficiente a sostenere la misura della custodia in carcere, rendendo la motivazione del giudice su questo specifico punto non necessaria.

Per quali reati si applica la presunzione di esigenze cautelari?
Si applica per i reati di particolare allarme sociale, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), inclusi nell’elenco previsto dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

Il giudice deve sempre motivare la necessità della custodia in carcere?
No. Secondo la sentenza, in presenza di reati per cui opera la presunzione legale, il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica sull’esistenza delle esigenze cautelari, a meno che non emergano elementi concreti, offerti dalla difesa, che dimostrino il contrario.

Cosa deve fare un indagato per superare la presunzione di pericolosità?
L’indagato ha l’onere di evidenziare e provare elementi specifici e concreti che siano idonei a dimostrare l’insussistenza delle esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con una misura meno afflittiva del carcere. Secondo la Corte, limitarsi a lamentare la mancanza di motivazione nel provvedimento non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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