Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21591 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21591 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 06/12/1972
avverso l’ordinanza del 14/10/2024 del Tribunale di Brescia in funzione di riesame visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale d i Brescia con funzione di riesame ha rigettato l ‘appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 6 settembre 2024, resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere in atto a carico dell’indagato, a seguito di ordinanza del 16 marzo 2024, perché reputato gravemente indiziato del reato di cui all’art. 575 cod. proc. pen.
Avverso il descritto provvedimento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, Avv. NOME COGNOME affidato a tre motivi di seguito riassunti, nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen .
2.1. Con il primo motivo si eccepisce la nullità dell’ordinanza, ex art. 525 cod. proc. pen., perché adottata da Collegio in composizione diversa (presenza del componente COGNOME al posto del giudice COGNOME) rispetto a quello che aveva riservato la decisione, all’udienza del giorno 8 ottobre 2024, per violazione del principio di immutabilità del giudice, applicabile anche alle decisioni adottate ex art. 127 cod. proc. pen. (si richiama il precedente di questa Corte, n. 15702 del 1/04/2021).
2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione della condotta come favoreggiamento personale.
Con l’atto di appello era stato chiesto al Tribunale di riqualificare il reato in quello di favoreggiamento personale, ma, sul punto, la motivazione è del tutto mancante, avendo l’ordinanza ridotto l’ambito dell’impugnazione al solo profilo delle esigenze cautelari, così -erroneamente – interpretando l’atto di appello.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla riqualificazione giuridica del fatto contestato in via provvisoria.
La motivazione del Tribunale, sotto il profilo dell’affievolimento delle esigenze cautelari, ha ignorato la richiesta difensiva della diversa riqualificazione della condotta e del diverso contributo concorsuale.
L’ indagato, per il ricorrente, non ha dato l’ordine di uccidere nè ha previsto o accettato il rischio della morte della vittima.
Appare, quindi, inconferente il richiamo al profilo della doppia presunzione richiamato nell’ordinanza di rigetto, perché connesso al reato di omicidio, peraltro, considerando che anche il Giudice, pur non aderendo alla tesi difensiva del favoreggiamento, con l’ordinanza genetica, aveva inquadrato il concorso nel reato ai sensi dell’art 116 cod. pen., profilo del tutto incompatibile con la circostanza aggravante della premeditazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria e la difesa ha chiesto tempestivamente la trattazione in camera di consiglio partecipata, modalità accordata con provvedimento presidenziale.
All’esito dell’odierna discussione orale, le parti presenti hanno concluso nel senso precisato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1.Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha costantemente affermato che l’immutabilità del giudice, sancita dall’art. 525, comma secondo, cod. proc. pen., essendo espressione di un principio generale, si estende anche alle decisioni assunte nei giudizi di impugnazione cautelare (cfr. Sez. 1, n. 13599 del 22/11/2016, dep. 2017, Sarr, Rv. 270057 – 01) e in materia di esecuzione e sorveglianza (Sez. 1, n. 20351 del 10/04/2014, NOME COGNOME, Rv. 262258 – 01; Sez. 1, n. 17146 del 05/04/2016, Loi, Rv. 267242 – 01).
In ogni caso, con riferimento al mutamento della persona fisica del giudice nel dibattimento, si reputa che la sentenza sia affetta da nullità assoluta e insanabile, vizio rilevabile, in ogni stato e grado, anche di ufficio (Sez. 5, n. 6432 del 7/01/2015, Fontana, Rv. 263424 – 01), con principio da estendersi, come detto, anche alle decisioni del giudice collegiale che decide sulle impugnazioni cautelari. Sicché, la decisione deve essere assunta dallo stesso giudice che ha provveduto alla trattazione della procedura e, dunque, in caso di provvedimento di competenza di un giudice collegiale, dal Collegio composto dalle medesime persone fisiche, pena la nullità del provvedimento adottato.
Ciò posto, si osserva che l ‘eccezione, in primo luogo, risulta superata dall’ordinanza ex art. 130 c od. proc. pen. del 25 novembre 2024, notificata alle parti e trasmessa dal Tribunale del riesame a questa Corte, dalla quale risulta la correzione dell ‘errore contenuto n ell’intestazione dell’ ordinanza, resa in data 14 ottobre 2024, con la quale era stata confermata quella emessa dal Giudice in data 6 settembre 2024, nei confronti dell’odierno ricorrente (nel senso che La correzione di errori materiali può essere disposta dal giudice che ha deliberato il provvedimento, non solo nella pendenza dei termini per l’impugnazione, ma anche fino a quando gli atti non siano ancora materialmente pervenuti nella sfera del giudice ad quem Sez. 4, n. 29807 del 21/05/2015, Rv. 264111 -01).
Invero, il provvedimento trasmesso evidenzia che, nella parte relativa all ‘ intestazione dell’ordinanza , per mero errore materiale, era stato indicato come componente del Collegio il giudice COGNOME in luogo del giudice COGNOME che aveva fatto parte del Tribunale collegiale che aveva riservato la decisione, procedendo alla relativa correzione, con indicazione esatta del componente che aveva partecipato all ‘udienza camerale e alla conseguente deliberazione all’esito della camera di consiglio.
In secondo luogo, si osserva che la disposta correzione – che non risulta impugnata – appare sufficiente a sanare la nullità eccepita ai sensi dell’art. 525 cod. proc. pen., tenuto conto, peraltro, della prevalenza del contenuto del verbale di udienza (esaminato in ragione della qualità dell ‘ eccezione proposta), rispetto all’intestazione dell’ordinanza, quanto alla composizione del Collegio
indicato che, peraltro, reca il nominativo di un giudice che è estraneo anche alla sottoscrizione del provvedimento depositato.
Del resto, si osserva che l’eventuale errore materiale ben avrebbe potuto essere corretto, vista l’intervenuta i mpugnazione, dal giudice di grado superiore, a mente dell’art. 130, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen . (cfr. nel senso che il rimedio della correzione dell’errore materiale ex art. 130, comma 1, cod. proc. pen. è utilizzabile anche in cassazione quando sia stata proposta l’impugnazione avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame che rechi nella sua intestazione l’indicazione di un giudice diverso da quello che ha partecipato al dibattimento ed alla decisione, come risultante dai relativi verbali, Sez. 3, n. 41941 del 04/10/2005, Rv. 232828 -01). La competenza funzionale del giudice superiore, in tema di correzione di errori materiali, comporta, invero, che questa spetta al giudice dell’impugnazione, salvo non gli siano ancora pervenuti gli atti e ricorra una situazione di urgenza a provvedere, come riscontrato nel caso in valutazione (Sez. 3, n. 18296 del 04/03/2020, COGNOME, Rv. 279236 -01).
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Al ricorrente, nell ‘ ordinanza genetica veniva contestato, in via provvisoria, il concorso nel reato di omicidio, con il ruolo di mandante della spedizione punitiva organizzata ai danni della vittima, a seguito della quale questa era deceduta per le plurime ferite da taglio inferte dagli esecutori materiali. Si tratta dell ‘ omicidio premeditato di NOME COGNOME, avvenuto in Brescia, alla vigilia del Natale dell ‘ anno 2023, ad opera di quattro cittadini di nazionalità indiana.
Il Tribunale prende in esame il tema della diversa qualificazione del fatto (v. p. 3 dell’ordinanza) ed espone che, nell’atto di appello, risulta che era stata chiesta dall ‘ appellante soltanto la sostituzione della misura cautelare con quella degli arresti domiciliari, anche con l’applicazione di strumenti di controllo a distanza (v. p. 1 dell ‘ atto di appello del 13 settembre 2024), reputando pertanto preclusa ogni analisi del profilo della gravità indiziaria.
Peraltro, secondo la ricostruzione riportata dall’ordinanza censurata (v. p. 2 e ss.), il Giudice per le indagini preliminari investito dell ‘ istanza di sostituzione della misura cautelare, aveva delimitato il contributo concorsuale dell’indagato, riconducendolo nell’ambito dell’art. 116 cod. pen. anziché in quello di cui all’art. 110 cod. pen., in origine individuato, esponendo che, alla stregua del corso delle indagini successive all ‘ adozione del titolo cautelare, era risultato il conferimento del mandato ad uno degli esecutori materiali di dare una lezione alla vittima.
In ogni caso, il Tribunale ha reputato limitata al profilo delle esigenze cautelari la valutazione rimessa con l’impugnazione ex art. 310 cod. proc. pen., soffermandosi principalmente sull ‘ incipit dell ‘ impugnazione e sulle richieste conclusive devolute con l ‘ atto di appello; ciò anche se nella penultima pagina
dell ‘ atto viene indicato, quale tema devoluto, quello della diversa qualificazione del reato quale favoreggiamento personale.
Tuttavia, si osserva che, sul punto dedotto con il secondo motivo circa la prospettata riqualificazione, il ricorso è inammissibile perché generico posto che si denuncia soltanto l ‘ omessa motivazione da parte del Tribunale, senza esporre a questa Corte, specificamente, le ragioni in fatto e in diritto per le quali, invece, il reato contestato dovrebbe qualificarsi per l ‘ odierno ricorrente quale favoreggiamento personale.
1.3. Il terzo motivo è infondato.
È noto che, a fronte di un fatto, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 575 c od. pen. di cui l ‘ indagato risponde a titolo di concorso, opera la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., anche se oggetto dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen. è la richiesta di sostituzione della misura cautelare.
Invero, questa Corte ha affermato che, in tema di misure cautelari personali, la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, valevole per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., trova applicazione anche ove sia richiesta la sostituzione della misura. In motivazione, la Corte di legittimità ha precisato che la clausola di esclusione, prevista dall’art. 299, comma 2, cod. proc. pen., fa ritenere perduranti, per tali reati, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo, salvo prova contraria (non desumibile soltanto dal mero decorso del tempo: Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, Rv. 283835 -01).
Si deve precisare, poi, che la scelta legislativa incide sull’onere motivazionale del giudice del merito cautelare, il quale, in presenza della gravità indiziaria per uno dei reati indicati dalla menzionata norma processuale, deve motivare in ordine alle esigenze cautelari solo in presenza di elementi significativi della loro insussistenza. In particolare, determina l’insorgere dell’onere di motivazione sulle esigenze cautelari la sussistenza di dati probatori che risultino positivamente significativi dell’assenza dei così detti pericula libertatis previsti dall’art. 274 cod. proc. pen., di tal che il giudice, che ritenga la sussistenza di esigenze cautelari, deve motivare circa la sussistenza di altri dati probatori, di segno contrario, valutabili in termini tali da far risultare recessivo, nella considerazione globale, l’elemento probatorio di diverso segno. È stato infine precisato che la prospettazione dell’assenza di elementi idonei a far ritenere in concreto sussistenti le esigenze cautelari non è sufficiente a determinare un obbligo di motivazione in capo al giudice della cautela, obbligo che sorge solo a fronte di elementi positivi significativi della insussistenza delle esigenze cautelari (Sez. 2, 21/12/2017, COGNOME, Rv. 273434; Sez. 1, 9/11/2016, COGNOME, Rv. 269510; Sez. 1, 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276193; Sez. 1, 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265986). La denuncia, con ricorso per
cassazione, del difetto di motivazione in ordine alle esigenze cautelari deve riguardare, nei casi in cui operi la menzionata presunzione relativa, il giudizio in ordine alla sussistenza o meno di elementi ” dai quali risulta che non sussistono esigenze caute/ari” e quindi, in caso positivo, la adeguatezza della motivazione in ordine alla positiva sussistenza di esigenze cautelari. Ove il giudice della cautela, pur non onerato sul punto, abbia indicato elementi positivamente comprovanti la sussistenza di esigenze cautelari non viene meno la presunzione legale e dunque il sindacato sulla motivazione non si estende anche al non dovuto, ma formulato, giudizio positivo.
In ogni caso, si osserva che la motivazione dell ‘ ordinanza impugnata (v. p. 4) è più ampia ed illustra, con argomenti specifici, plurimi e immuni da illogicità manifesta, la sussistenza di esigenze cautelari, rimarcando l’ estrema gravità del fatto, valorizzando la circostanza che, comunque, si è trattato di una condotta descritta come mandato conferito dall ‘ indagato all ‘ esecuzione di una vera e propria violenta spedizione punitiva. Inoltre, si segnala, quanto al profilo della concretezza ed attualità, che risulta dalle indagini che il ricorrente, anche dopo i fatti, ha demandato a terzi l’ utilizzo di azioni violente da esercitare nei confronti di persone (v. p. 4), dato significativo in quanto espressione, in concreto, della sussistenza di un rischio attuale di recidiva.
Tale punto della decisione, invero, non viene avversato, specificamente, dal ricorrente con argomenti devoluti a questa Corte, se non attraverso la generica censura di omessa motivazione circa la diversa qualità del concorso delineato dal Giudice nell ‘ ordinanza di rigetto dell ‘ istanza di sostituzione della misura cautelare che, invece, nell ‘ incipit del provvedimento impugnato viene indicato dallo stesso Tribunale e che, quindi, è dato che non risulta trascurato.
Né risultano, infine, specifiche censure devolute a questa Corte in relazione all ‘ idoneità della misura in atto, avendo peraltro il Tribunale segnalato la permanenza all ‘ attualità del pericolo di fuga individuato dal Giudice della cautela (cfr. p. 3).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non derivando, dal presente provvedimento, la liberazione dell’indagato, derivano gli adempimenti, a cura della Cancelleria, di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 26 febbraio 2025