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Presunzione esigenze cautelari: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la Sentenza 9922/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ribadito la forza della presunzione esigenze cautelari prevista dall’art. 275 c.p.p., specificando che il solo trascorrere del tempo non è sufficiente a superarla in assenza di nuovi elementi concreti che dimostrino un affievolimento della pericolosità sociale.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione Esigenze Cautelari e Traffico di Droga: Analisi della Sentenza 9922/2025

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 9922 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la presunzione esigenze cautelari nei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che il mero trascorrere del tempo non è di per sé sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale dell’imputato, confermando la necessità di elementi concreti per giustificare una mitigazione della misura cautelare.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un’imputata, condannata in primo grado a una pena severa per aver partecipato a un’associazione criminale dedita al traffico di cocaina. Il suo ruolo non era marginale: gestiva i rapporti con i fornitori, si occupava dei pagamenti e della logistica, mettendo a disposizione la propria abitazione per la custodia della droga.

Dopo la condanna, la difesa aveva richiesto la sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Tale richiesta era stata respinta sia dal Giudice dell’Udienza Preliminare sia, in sede di appello, dal Tribunale di Palermo. Contro quest’ultima ordinanza, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione.

Le Doglianze della Ricorrente

La difesa ha basato il ricorso su due argomenti principali:
1. Violazione dell’art. 275, comma 3, c.p.p.: Si sosteneva che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari dovesse essere affievolita dal notevole tempo trascorso dalla commissione dei fatti.
2. Mancanza di motivazione: Si lamentava che l’ordinanza impugnata non avesse adeguatamente motivato in merito all’attualità, concretezza e intensità del pericolo di reiterazione del reato, come richiesto dall’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p.

In sostanza, la ricorrente chiedeva alla Corte di riconoscere che la sua pericolosità sociale si fosse attenuata nel tempo, rendendo proporzionata una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari.

Presunzione Esigenze Cautelari: La Decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa infondate. I giudici hanno ribadito la solidità del quadro normativo e giurisprudenziale che regola le misure cautelari per i reati di particolare gravità, come quelli legati al narcotraffico associativo.

La Corte ha sottolineato che, per tali reati, opera una doppia presunzione: non solo si presumono esistenti le esigenze cautelari, ma si presume anche che la custodia in carcere sia l’unica misura adeguata. Si tratta di una presunzione relativa, che può essere superata, ma solo fornendo elementi concreti e specifici che dimostrino il contrario.

Le Motivazioni

La sentenza si sofferma su diversi punti chiave per motivare la sua decisione.

In primo luogo, la Corte distingue la rilevanza del ‘tempo trascorso’. Mentre il tempo intercorso tra il reato e l’applicazione della misura cautelare (‘tempo silente’) è un fattore che il giudice deve valutare inizialmente, il tempo passato durante l’esecuzione della misura assume rilievo solo se accompagnato da ‘fatti sopravvenuti’ che indichino un’attenuazione della pericolosità. Il semplice scorrere del calendario non è, di per sé, un fatto sopravvenuto.

In secondo luogo, viene affrontato il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione. I giudici chiariscono che ‘attuale’ non significa ‘imminente’. La valutazione prognostica non richiede la prova di una specifica occasione di delinquere pronta a manifestarsi, ma si fonda su un’analisi complessiva della personalità dell’imputato, delle modalità del reato e del contesto socio-criminale. Nel caso di specie, l’inserimento profondo e professionale della ricorrente in una rete di narcotraffico è stato considerato un elemento concreto che rende attuale il pericolo di recidiva, anche senza opportunità immediate.

Infine, la Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari. Data la gravità delle condotte, il ruolo centrale svolto dall’imputata e la sua piena integrazione in un ambiente criminale, una misura meno restrittiva del carcere non è stata ritenuta idonea a interrompere i legami con tale ambiente e a prevenire la commissione di ulteriori reati.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari per reati di criminalità organizzata: la presunzione esigenze cautelari stabilita dall’art. 275 c.p.p. ha una forza notevole. Per ottenere una misura meno afflittiva, non basta appellarsi al tempo trascorso o a una generica assenza di motivazione. È onere della difesa fornire prove concrete e specifiche che dimostrino un effettivo mutamento del quadro cautelare, tale da far ritenere superata la pericolosità sociale che la legge presume in via prioritaria. Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso, volto a garantire che le misure cautelari continuino a svolgere la loro funzione preventiva nei confronti di reati che minacciano gravemente la sicurezza pubblica.

Il semplice trascorrere del tempo può indebolire la presunzione di esigenze cautelari per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il solo decorso del tempo non è sufficiente a superare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari. È necessario che vengano acquisiti elementi concreti che dimostrino che tali esigenze non sussistono più o sono attenuate.

Cosa significa che il pericolo di reiterazione del reato deve essere “attuale”?
Il requisito dell’attualità non richiede la previsione di una specifica e imminente occasione per delinquere. Richiede invece una valutazione prognostica basata su elementi concreti (modalità del fatto, personalità del soggetto, contesto socio-ambientale) che renda probabile, anche se non imminente, la commissione di nuovi reati.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti inadeguati in questo caso?
Gli arresti domiciliari sono stati considerati inadeguati perché l’imputata era inserita in un contesto criminale professionale e organizzato. La Corte ha ritenuto che solo la custodia in carcere fosse idonea a recidere i legami con l’ambiente criminale e a contenere l’elevato rischio di recidiva, limitando in modo significativo i movimenti e le opportunità di relazione della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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