Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19094 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19094 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LATINA il 21/01/1971
avverso l’ordinanza del 05/12/2024 del TRIBUNALE DEL RIESAME DI ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari personali, ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari di Roma, in data 6 novembre 2024, aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOMECOGNOME indagato per partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e per reati in materia di cessione e acquisto di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
NOME COGNOME propone ricorso avverso tale ordinanza limitatamente alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza con riguardo al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonché con riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 74 T.U. Stup. in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui al capo 111). Secondo la difesa, il Tribunale del riesame, con motivazione apodittica e patologica, ha desunto la gravità indiziaria in ordine alla partecipazione al delitto associativo dalla pretesa entità dei quantitativi e dal numero di acquisti, dunque in ragione del solo numero di cessioni di stupefacente effettuate, senza tenere conto degli indici richiesti dalla giurisprudenza a tal fine. Non è fornita effettiva e adeguata motivazione in merito allo stabile e reciproco affidamento, all’adesione al programma criminoso o all’indispensabilità dell’apporto. Nessun argomento viene speso in ordine alla sussistenza di prova di cessioni a terzi delle sostanze acquistate dal Giovenali. La motivazione sarebbe contraddittoria laddove desume la stabilità del rapporto da una conversazione in cui il COGNOME avrebbe dichiarato di essere in grado di smerciare un etto o un etto e mezzo a settimana, in contraddizione con la condizione di detenzione domiciliare in cui lo stesso si trovava fino al 12 ottobre 2021, incompatibile con un’attività di cessione intensa. Risulta comunque illogico che il COGNOME potesse inserirsi in un contesto associativo mentre si trovava in stato di detenzione domiciliare, essendo richiesta massima libertà di movimento e assidui contatti con i referenti. Nella medesima ordinanza si dà atto che, prima del 13 ottobre 2021 (capo 28), non vi sono stati episodi di cessione a fini di spaccio in favore del Giovenali. L’adesione al programma dell’associazione è stata desunta dalla sola continuità delle presunte forniture, con motivazione insufficiente e contraddittoria in quanto la pluralità di acquisti rappresenta un mezzo per provare l’affiliazione e non già l’elemento costitutivo dell’affiliazione. A fronte della intermittenza e distanza temporale tra g li episodi di acquisto a fini di spaccio addebitabili al Giovenali vengono contraddittoriamente ritenuti sussistenti gli elementi della continuità e della stabilità degli approvvigionamenti, nonostante la notevole distanza di tempo tra gli episodi e la sussistenza di un lungo periodo in cui non vi è traccia di attività del Giovenali. In mancanza di prova del quantitativo ricevuto, non è possibile desumere la destinazione della sostanza alla cessione a terzi piuttosto che al consumo personale. Con riferimento al capo 77 ter ) nell’ordinanza cautelare si sottolinea l’assenza di elementi relativi alla rete di contatti che il COGNOME avrebbe a sua volta vantato ai fini della cessione. L’ordinanza è affetta da illogicità in quanto la sussistenza della stabilità delle cessioni a fini di spaccio viene fatta discendere da episodi per i quali il Giudice per le indagini preliminari ha escluso l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza. La motivazione è contraddittoria laddove il
Tribunale ha escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del coindagato NOME per la ragione che gli acquisti in tre occasioni nell’arco di due settimane sarebbero insufficienti a comprovare la costituzione di un vincolo stabile tra acquirente e fornitori. Coerenza logica avrebbe voluto che analogo ragionamento fosse posto a fondamento della valutazione della posizione del COGNOME, al quale vengono addebitati tre episodi nell’arco di due mesi e poi un solo successivo episodio a distanza di cinque mesi. Anche con riguardo agli elementi dell’adesione al programma criminoso e dell’indispensabilità dell’apporto del Giovenali per la sopravvivenza stessa dell’associazione, la motivazione è contraddittoria e illogica in quanto pone a base del ragionamento episodi per i quali è stata esclusa la gravità indiziaria ai fini della destinazione della sostanza allo spaccio, nonché una serie di episodi collocati in tempi molto distanti tra loro. La motivazione è contraddittoria anche rispetto alle argomentazioni poste a base dell’opposta valutazione relativa a NOMECOGNOME A fronte della constatazione dell’esistenza di un gruppo associato in grado di smerciare stupefacenti per ingenti quantitativi (circa 30 kg in poche settimane) si è ritenuto contraddittoriamente indispensabile il contributo del Giovenali per l’operatività dell’associazione in presenza di soli quattro episodi di smercio per non elevati quantitativi e a intervalli di tempo notevoli. L’ordinanza risulta del tutto carente di motivazione con riguardo all’elemento psicologico, non desumibile dalla conversazione tra COGNOME e COGNOME del 13 ottobre 2021, considerata una sorta di rendiconto senza adeguata spiegazione in proposito.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 274, 275, commi 3 e 3bis , e 292, comma 2 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma 1 lett.b), cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. L’ordinanza ha desunto il pericolo di reiterazione del reato dall’inserimento stabile nel mercato della droga in ragione del rilevante numero di reati-fine ascrittigli e della capacità di smercio nonché in ragione della personalità negativa del Giovenali, desumibile dalla vita anteatta e dalle condotte contestate, sebbene i reati-fine ascrittigli siano quattro e distanti nel tempo, le condotte contestate risalgano a circa tre anni fa e i relativi argomenti non dimostrino l’attualità del pericolo né la volontà di vivere dei proventi di un’attività illecita. Con riguardo alla fattispecie associativa la motivazione in ordine alle esigenze cautelari è carente, manifestamente illogica e contraddittoria in quanto anche con riguardo al delitto di cui all ‘art. 74 T.U. Stup. la sussistenza delle esigenze cautelari, quando si tratti di condotte risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità. Dopo circa tre anni dai fatti in cui non vi è stata evidenza di permanenza di legami sospetti o di ripetizione di condotte di reato, l’attualità del pericolo viene affermata in contrasto con le norme che si assumono violate. Nell’associazione a fini di narcotraffico, la diretta connessione con la realizzazione dei reati-fine ne dimostra la persistenza per cui, rispetto a tale figura
associativa, risulta essenziale individuare gli elementi di fatto che giustificano l’attualità delle esigenze rispetto a condotte esecutive distanti nel tempo, mentre il Tribunale del riesame non ha fatto corretta applicazione di questi principi. Nella memoria depositata in sede di riesame il 4 dicembre 2024 si deduceva che il reato del 6 novembre 2022, giudicato con condanna del Tribunale di Velletri del 17 ottobre 2022, era stato qualificato di lieve entità e preceduto da una perquisizione con rinvenimento di sostanza stupefacente di modica quantità e con dissequestro della somma di euro 135 in assenza della prova che costituisse provento della cessione. La difesa aveva anche dedotto che l’indagato aveva subito una perquisizione domiciliare il 21 marzo 2023 con esito negativo e che la stessa perquisizione eseguita all’atto dell’arresto il 20 novembre 2024 aveva fatto rinvenire 0,6 g di hashish, non essendovi pertanto condotte censurabili per oltre due anni addietro rispetto all’arresto. Manca nel provvedimento impugnato la considerazione della irrilevanza del tempo trascorso rispetto alla pericolosità accertata, pur trattandosi di provvedimento applicativo della misura del dicembre 2024 per fatti svoltisi negli anni 2021-2022. Non è stato evidenziato alcun dato realmente concreto riguardante la condotta tenuta dall’indagato in epoca successiva al reato tale da attualizzare validamente l’esame del pericolo di recidiva. Il ragionamento è manifestamente illogico laddove collega l’assenza di un lavoro regolare e la tendenza all’uso personale di stupefacenti al pericolo di reiterazione dello spaccio, pur essendo il COGNOME, lavoratore non in regola come manutentore di piscine, convivente con la madre dalla quale trae fonti di sussistenza nei periodi in cui è disoccupato fornendole il proprio contributo operativo e morale. In questo caso, il decorso del tempo dai fatti contestati non ha valenza neutra, essendo la pubblica accusa tenuta a fornire elementi attestanti la sussistenza di più recenti condotte sintomatiche della persistente pericolosità dell’indagato. La motivazione è illogica e contraddittoria anche dove ritiene adeguata la sola misura della custodia in carcere, essendo sufficiente la misura degli arresti domiciliari per impedire condotte che richiedono una presenza fisica. Evidente è la violazione dell’art. 275, comma 3 -bis , cod. proc. pen., non avendo il giudice dell’cautela indicato le ragioni per le quali non sia idonea la misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all’art. 275 bis , comma 1, cod. proc. pen.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale del riesame, dopo aver indicato in dettaglio i gravi indizi dell’esistenza di un’associazione dedita al narcotraffico con basi logistiche in Ardea, Aprilia e Roma (pagg.2-4) ha, poi, esaminato gli elementi indiziari della stabile partecipazione di NOME COGNOME a tale associazione in qualità di acquirente dell’organizzazione (pagg. 8 -12) specificando che, contrariamente a quanto assunto dalla difesa, che lo ha ribadito nel ricorso, l’assenza di gravità indiziaria in relazione ai reati contestati ai capi 14 bis ) e 17 bis ) non implica l’assenza di gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 28), trattandosi di un episodio autonomo la cui gravità indiziaria si è desunta da una conversazione ambientale tra il COGNOME e il COGNOME il 13 ottobre 2021 (pag. 9).
I reati-fine contestati ai capi 31 bis ), 44 ter ), 99 bis ) sono stati ritenuti sorretti dalla gravità indiziaria correlata al fatto che il sodale COGNOME è stato avvistato più volte mentre si recava a casa del COGNOME per consegnargli una partita di stupefacente, poco prima prelevata presso una delle basi logistiche del sodalizio. Il quantitativo di tali consegne è stato ritenuto non illogicamente ingente, in quanto nella conversazione ambientale del 13 ottobre 2021, il COGNOME si vantava di «fare» un etto, un etto e mezzo a settimana. Le consegne per le quali è stata ritenuta la gravità indiziaria si collocano tra il mese di settembre e il mese di dicembre 2021 per poi riprendere assiduamente nei mesi di marzo-giugno 2022. La difesa valorizza la circostanza che per questi ultimi acquisti il Giudice per le indagini preliminari avrebbe ritenuto non provata la destinazione a terzi trascurando, tuttavia, che la misura è stata invece applicata con riferimento al capo 99 bis ) inerente alla consegna di 100 grammi di cocaina consegnati al ricorrente dal corriere Argenziano il 30 maggio 2022 (pagg. 1011), sulla base di una conversazione ambientale indicativa della familiarità e della consuetudine con la quale i sodali interagiscono con il Giovenali.
Nel ricorso si tende ad escludere gli elementi costitutivi del reato associativo senza adeguatamente confrontarsi con le premesse del ragionamento svolto nell’ordinanza impugnata, trascurando gli argomenti specificamente espressi a pag. 12 a sostegno dell’inserimento del COGNOME nella compagine associativa in qualità di stabile acquirente. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che i ripetuti acquisti di quantitativi di stupefacente, ammontanti a mezzo etto di cocaina ogni volta, siano sufficienti a dimo strare la gravità indiziaria circa l’adesione dell’acquirente al programma criminoso dell’associazione, ritenendo che egli abbia svolto un’attività idonea a garantire significativamente l’operatività della associazione. Non è, a tal fine, necessario, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, che tale attività sia
indispensabile per la sopravvivenza dell’associazione, essendo sufficiente che la partecipazione del sodale ne garantisca l’operatività. Ove si consideri, poi, che elemento che connota il delitto associativo è l’obiettivo di commettere un numero indeterminato di reati, piuttosto che la sua durata nel tempo, integra condotta connotata da stabilità il comportamento di colui che, anche per un tempo determinato, si dimostri essere stato considerato dai sodali a disposizione quale acquirente della droga destinata allo spaccio.
La difesa ritiene che sia contraddittorio affermare che il COGNOME partecipasse all’associazione nel periodo in cui era ristretto in detenzione domiciliare e sostiene non esservi la prova dell’esistenza di una rete di cessionari della sostanza a lui consegnata. Tali assunti non sono condivisibili e celano, da un lato, una istanza di rilettura del compendio indiziario, dall’altro un mancato confronto con la dichiarazione, logicamente ritenuta indiziaria, resa dallo stesso COGNOME all’indomani della scarcerazione allorchè si compiaceva dell’entità mensile dello stupefacente da lui già smerciato.
La consapevolezza del COGNOME di essere inserito nel sodalizio è stata desunta, con motivazione esente da vizi, dalla medesima intercettazione ambientale del 13 ottobre 2021, nel corso della quale il COGNOME sottolinea la regolarità dei suoi acquisti e la sua efficienza rispetto ai fornitori; circostanza confermata dal COGNOME che mostra di apprezzarne le capacità. Il ricorso trascura l’ulteriore elemento valorizzato dal giudice della cautela, ossia le relazioni del COGNOME, oltre che con COGNOME con il sodale RAGIONE_SOCIALE e con i corrieri.
Tanto è sufficiente per ritenere infondato il primo motivo di ricorso, ritenendosi del tutto inconferente il raffronto con la ben distinta posizione del coindagato NOMECOGNOME
Con riguardo alle esigenze cautelari, la censura si confronta solo parzialmente con il tenore del provvedimento impugnato, che ha sottolineato come l’associazione di appartenenza, fornita di consistenti dotazioni strumentali, si sia dimostrata estremamente vitale e pericolosa perché in grado di organizzare e realizzare nell’arco di un mese due importazioni di cocaina dall’Olanda di 19 e 8 chili, nonché la distribuzione sul territorio grazie a una rete di acquirenti stabili. La pericolosità dell’indagato è stata desunta dal suo ruolo non marginale all’interno del sodalizio, considerata la capacità di smercio da lui stesso vantata, nonché dalla sua negativa personalità, desunta da plurimi precedenti per reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti, anche successivamente ai fatti; ma, soprattutto, i giudici della cautela hanno valorizzato la circostanza che lo stesso abbia consumato i reatifine a dispetto dell’arresto di numerosi sodali e clienti.
Particolare attenzione merita la censura concernente il rapporto tra presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di adeguatezza della misura della custodia in carcere prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e decorso del tempo. Secondo la difesa, ove la misura cautelare venga applicata a notevole distanza di tempo dei fatti, la presunzione di attualità e concretezza del pericolo, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non opererebbe.
Giova ricordare che il principio secondo il quale «in tema di misure cautelari per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., pur operando una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47 e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, che può rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cit.» (Sez. 1 n. 13044 del 16/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280983 – 01) è stato diversamente declinato nella più recente giurisprudenza di legittimità nel senso che, per i reati contemplati dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la sola circostanza del decorso del tempo, ove non accompagnata da altri elementi circostanziali, non sia sufficiente a superare la presunzione di attualità e concretezza delle esigenze cautelari (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 -02; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004 -01), fermo restando che il c.d. tempo silente deve essere espressamente preso in considerazione dal giudice, potendo rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari” (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, COGNOME, Rv. 286202 -02; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272 -01). Con l’ulteriore precisazione che, qualora il titolo che sostiene il provvedimento cautelare si sostanzi in un reato associativo, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286267 -01, fattispecie riguardante il reato di partecipazione ad associazioni mafiose “storiche’).
A tal proposito, il Tribunale del riesame ha esaminato la questione giuridica a pag.15 in conformità ai principi interpretativi enunciati, escludendo l’esistenza della prova contraria idonea a vincere la presunzione di sussistenza di attuali esigenze cautelari sia perché non è emerso che NOME abbia reciso i rapporti con il circuito criminale da lui frequentato attivamente nel 2021-2022, sia perché lo stesso non risulta inserito in un regolare contesto lavorativo, sia perché ancora nel settembre 2022 NOME
è reso autore di cessione di cocaina e hashish nella sua abitazione di Ardea. Per quanto gli episodi di acquisto di sostanza stupefacente registrati all’epoca in cui COGNOME era sottoposto a restrizioni domiciliare siano ritenuti non indicativi della finalità dell’acquisto alla gestione a terzi, risulta logica la considerazione svolta dal giudice della cautela circa la rilevanza da attribuire al fatto che, comunque, in quel periodo il COGNOME non esitasse a mantenere contatti con gli associati. Non assiomatico né illogico può considerarsi il ragionamento in base al quale la confessata propensione al consumo personale di sostanze stupefacenti sia da considerare, per un soggetto che non possa contare su documentati redditi stabili adeguati, un fattore decisamente criminogeno.
Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, infine, l’ordinanza fornisce specifica motivazione anche circa l’inadeguatezza di ogni altra misura diversa dalla custodia cautelare in carcere alle pagg. 1617 con specifico riguardo all’inidoneità di altre misure custodiali da eseguire nel medesimo contesto territoriale e nella medesima abitazione dove il ricorrente si faceva recapitare lo stupefacente dai corrieri dell’organizzazione e dove, anche a settembre 2022, custodiva stupefacente destinato allo spaccio.
8. Il ricorso deve, per tali ragioni, essere rigettato; segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. , disp. att.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter cod. proc. pen.
Così deciso il 03/04/2025.