Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26324 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26324 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MARCIANISE il 13/10/1983
avverso l’ordinanza del 10/01/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli che ha rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pe avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Napoli in data 25 novembre 20241che ha respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere. Con l’atto di appello, il difensore si era lamentato del rigetto dell’is di sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari pres l’abitazione del fratello, sita in Carpi (Mo), esponendo che il giudice non avrebb adeguatamente considerato, quali indici dell’intervenuto affievolimento del pericolo cautelare, il lasso di tempo di sottoposizione al presidio carcerario, la definizione primo grado del giudizio, con il rito abbreviato, con esclusione della qualità di cap del sodalizio e la distanza del domicilio proposto dai territori teatro delle vicende esame.
Con ordinanza del 7 marzo 2023, eseguita il 19 aprile 2023, il ricorrente veniva sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, perché ritenut gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aver partecipato ad un’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanz stupefacenti, prevalentemente del tipo cocaina, operante nei territori di Marcianis e Milano, nonché di alcuni delitti di detenzione e spaccio di stupefacenti, perpetrat dall’agosto del 2017 agli inizi del 2020. L’ordinanza cautelare era confermata dal Tribunale adito ex art. 309 cod. proc. pen. in data 8 maggio 2023, con provvedimento non impugnato in Cassazione.
Il ricorso consta di un unico motivo con cui si deduce l’inosservanza degli artt. 272 e 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90, con riguardo al punto dell’ordinanza che ritiene ininfluente ai fi cautelari il fattore temporale. La difesa sostiene che l’ordinanza impugnata trascur di prendere in considerazione il requisito dell'”attualità” delle esigenze cautel poiché si àncora ad un apprezzamento della personalità dell’imputato cristallizzato al momento di emissione dell’ordinanza di cui all’art. 309 cod. pen. in data 8 maggio 2023. Il tempo trascorso dall’applicazione della misura cautelare sarebbe stato erroneamente reputato scarsamente significativo in quanto rapportato alla pena inflitta e non già valutato come fattore di cui tenere conto ai fini del giudizi attualità delle esigenze cautelari. Sotto tale aspetto, il tempo trascorso in vinculis doveva essere valutato in aggiunta al tempo silente intercorso tra la commissione dei fatti e l’applicazione della misura della custodia in carcere.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Deve preliminarmente ricordarsi che l’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all’esclus esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’a incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicament significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultan cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460).
3. Occorre preliminarmente ricordare che, in tema di misure cautelari personali, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze di cautela sancita dall’art. 275 comma 3, cod. proc. pen. può essere superata a condizione che si dia conto dell’avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, alla tipologi delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla sua risalenza, no essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatt contestati), posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo, attesa la prevalenza, in quanto speciale, della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art 275, comma 3, cod. proc. pen., rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art 274 cod. proc. pen., conseguendone che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del perico (ex multis, Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282865. Cfr., altresì, Sez. 3, n. 23367 del 17/12/2015, dep. 2016, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 267341: in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che il lungo periodo
di detenzione sofferto senza suscitare rilievi comportamentali ovvero la partecipazione all’opera di rieducazione non costituiscono, in assenza di un “aliquid
novi”, un serio ed unico sintomo di un mutamento dello stile di vita dell’interessato.
Parimenti, Sez. 4, n. 34786 del 08/04/2014, COGNOME, Rv. 260293: “In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 74 d. P.R
ottobre 1990, n. 309, al fine di verificare l’attenuazione delle esigenze cautelari sede di richiesta di sostituzione della misura custodiale in atto,
mero decorso del tempo dall’instaurazione del vincolo non è di per sé rilevante ma può essere considerato unitamente ad altri elementi specifici, idonei a verificarne
l’incidenza sull’intensità del pericolo di recidiva del prevenuto, sempre che risult l’irreversibile recisione dei legami di quest’ultimo con l’associazione criminosa
di appartenenza).
Tanto premesso, il Tribunale – dopo avere richiamato l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. dal medesimo Tribunale, laddove questa evidenziava
un concreto ed attuale pericolo di reiterzaione di condotte analoghe a quelle per cui si procede, arginabile solo con il presidio carcerario, tenuto conto della personalità
del ricorrente e delle modalità dell’azione – ha osservato che le circostanze dedotte nell’atto di impugnazione risultavano in parte non nuove ed in parte scarsamente significative, essendo il periodo di sottoposizione al presidio cautelare (di circa u anno e nove mesi) del tutto proporzionato alla pena inflitta (anni otto di reclusione).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19 marzo 2025
Il Consigliere estensore