Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9209 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9209 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME ALTAMURA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/07/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, trattato cartolarmente ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 e successive modd. ed integrazioni;
lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi,
4 MAR 2024
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31 luglio 2023, il Tribunale del riesame di Bari rigettava l’istanza di riesame presentata nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Bari del 27 giugno 2023, con cui il medesimo era stato sottoposto alla misura della custodia in carcere in quanto indagato per il reato di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1) per fatti contestati come commessi in data prossima e successiva all’8.01.2018 fino all’attualità nonché per i reati satellite di cui al capo 3 (detenzione a fini di spaccio d sostanza stupefacente ex art. 73, co. 4, TU Stup., aggravata dall’art. 80, co. 1, lett. b), TU Stup. per aver diretto le attività di persone concorrenti nel reato, contestato come commesso nei mesi di aprile, maggio e giugno 2018), al capo 4 (detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente , contesto come commesso in data 11.05.2018), al capo 22 (porto e detenzione di armi, contestato come commesso in data prossima ed antecedente all’11.05.2018) nonché infine al capo 34 (detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente, ex art. 73, co. 4, TU Stup., contestato come commesso in data 12.06.2018).
Avverso l’ordinanza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il difensore, deducendo un unico motivo, di seguito sommariamente indicato.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di motivazione in relazione all’accertamento di cui all’art. 274, cod. proc. pen.
In sintesi, si censura l’ordinanza impugnata per aver ritenuto sussistente l’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ex art. 274, lett. C), cod. proc. pen. difettandone invece gli elementi, essendosi il tribunale limitato a recepire acriticamente quanto esposto nell’ordinanza genetica, descrivendo il pericolo di “recidivazione” in appena due righe, avendo descritto il ricorrente come uno dei membri più attivi della RAGIONE_SOCIALE COGNOME impegNOME diuturnamente nello spaccio di stupefacenti ed attività correlate, svolto anche con esponenti del gruppo Gaudino, unitamente ai quali condivide l’uso di una mitraglietta. L’ordinanza si presenterebbe, in particolare, viziata con riferimento all’attualità e persistenza dell’esi genza cautelare del pericolo di recidiva, essendo inadeguata la motivazione in relazione all’ampiezza del tempo trascorso tra la commissione dei fatti ed il momento in cui è intervenuto il giudizio cautelare, trattandosi di fatti avvenuti con condotta contestata come cessata cinque anni prima di tale giudizio. Richiamando sul punto
giurisprudenza di questa Corte, la difesa sostiene che l’ordinanza sarebbe censurabile in punto di attualità delle esigenze cautelari tenuto conto sia del lasso di tempo intercorso tra i fatti e l’esecuzione della misura, sia per la mancata individuazione di specifici elementi di fatto diversi da quelli enunciati nell’ordinanza genetica (costituiti dalla mera circostanza di essere stato controllato in tempi più recenti, ossia sino al 23.10.2022, in compagnia di alcuni coindagati nel presente procedimento) idonei a dimostrarne l’attualità. Mancherebbero, infatti, secondo la difesa, elementi tali da poter affermare che vi fosse un’attualità dell’operatività del presunto sodalizio, difettando in particolare elementi di fatto che colleghino l’indagato al sodalizio medesimo. Anche per i fatti per i quali vige la presunzione relativa di adeguatezza della misura carceraria, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare comporta l’obbligo per il giudice di motivare in relazione sia all’attualità che alla scelta della misura. Nel caso di specie, non si sarebbe tenuto conto che l’indagato è soggetto quasi incensurato e che da più di due anni ha trasferito il suo nucleo familiare a 10 km. dall’abitato di Gravina, circostanza che dimostrerebbe come il presunto traffico di stupefacenti che sarebbe avvenuto nella precedente residenza dell’indagato assumerebbe carattere teorico ed insussistente, difettando peraltro altri scenari criminali che lo vedano coinvolto. Si rappresenta, infine, in ricorso, la disponibilità dell’indagato a misure attenuate anche mediante braccialetto elettronico, dolendosi del fatto che l’ordinanza abbia confermato la misura senza motivare il perché una misura custodiale meno gravosa, quali gli arresti domiciliari, non fosse adeguata a scongiurare l’esigenza cautelare rappresentata.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 5 dicembre 2023, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Secondo il PG, nell’ordinanza impugnata, si compie una disamina relativa ai requisiti costitutivi del delitto di associazione finalizzata al traffico di sosta stupefacenti e della verifica della sussistenza dei requisiti nell’associazione oggetto del procedimento, giungendo ad evidenziare un quadro indiziario grave nel senso della configurabilità dei reati nei quali il ricorrente è risultato coinvolto. Si rib sce, poi, la correttezza della scelta operata dal giudice di prime cure, considerata in primo luogo la presunzione prevista dall’art. 273, comma 3, c.p.p. Nell’ordinanza si chiarisce, innanzitutto, il principio, in più occasioni affermato dalla giuri sprudenza di legittimità, secondo il quale la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, c.p.p.) non appare vinta da alcuna allegazione difensiva, tanto meno dal mero decorso del tempo dalla data del commesso reato (sul punto si vedano, da ultimo, Cass., Sez. 2, n. 6592 del
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25/01/2022 Cc., dep. 23/02/2022, rv. 282766; Cass., Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021 Cc., dep. 03/06/2021, rv. 282004). Nella specie, infatti, le considerazioni difensive non sono certamente idonee a neutralizzare detta presunzione, alla luce del dato fattuale evidenziato, che piuttosto che consente di formulare in positivo un giudizio di pericolosità dell’indagato. Ne discende che, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, le esigenze cautelari sono, nella loro attualità, del tutto motivate in relazione alla misura custodiale scelta ed all’inadeguatezza di ogni altra misura meno afflittiva, per cui nessuna censura di legittimità può essere mossa in questa sede. Il ricorso, palesemente infondato, dovrebbe essere pertanto dichiarato inammissibile.
Con memoria del 18 dicembre 2023, l’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente COGNOME NOME, ha deposito la proprie conclusioni scritte, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, è inammissibile.
Il motivo proposto è generico per aspecificità e manifestamente infondato.
2.1. Da un lato, infatti, non si confronta con la puntuale e dettagliata motivazione dell’ordinanza impugnata che, nel disattendere le identiche censure difensive, replicate senza alcun apprezzabile elemento di novità critica in sede di legittimità, ha indicato le ragioni per le quali dovesse ritenersi attuale l’esigenza cautelare posta a fondamento della misura applicata e le ragioni per le quali la scelta della misura custodiale detentiva inframuraria fosse quella maggiormente adeguata a contenere detta esigenza cautelare.
In particolare, si premette correttamente nell’ordinanza che, per il delitto di cui all’art. 74 DPR 309/90, contestato al capo 1) dell’ordinanza genetica, trova applicazione la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere. Ricordano i giudici del tribunale che, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità “la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275. c. 3. c.p.p. è prevalente in quanto speciale rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 c.p.p.: ne consegue che se il
titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, c. 3. c.p.p. detta presunzion fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo” (Cass. Sez. 2, n. 6592 del 25.1 2022, Rv. 282766 – 02; in motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagNOME da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità; nello stesso senso, richiamandosi nell’ordinanza numerosi precedenti di questa Corte).
Più analiticamente, affermano i giudici della cautela, nei casi in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati all’art. 275 co. 3 c.p.p. (tra i quali quelli d all’art. 74 d.P.R. 309/90), è la stessa presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore. di attualità e concretezza del pericolo: tale, cioè, da fondare una valutazione di costante ed invariabile pericolo ‘cautelare’, salvo ‘prova contraria’. L’antinomia tra l’art. 275 c. 3 e l’art. 274 c.p.p ricorda correttamente il tribunale, non può essere risolta, interpretativamente, in favore della seconda norma. che è generale, mentre la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, è speciale: secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico per cui la norma speciale deroga quella generale e non può essere derogata da una norma generale successiva (“lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat priori speciali”).
Ne deriva, correttamente, che la presunzione di cui all’art. 275. c. 3, c.p.p., sia nella dimensione della sussistenza delle esigenze cautelari, sia nella dimensione della adeguatezza della custodia in carcere, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’art. 274 c.p.p., nel senso che l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo ‘prova contraria’, insita proprio nel giudizio di astratta e costante pericolosità formulato ex ante dal legislatore.
2.2. Si concorda con i giudici del riesame nel ritenere che gli argomenti posti a base di tale interpretazione consolidata non paiono messi in discussione dall’orientamento, rimasto del tutto minoritario, e non condiviso da questo Collegio, secondo cui, in tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’indagato per uno dei delitti per i quali l’art. 275 co. 3 c.p.p. pone una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato, il giudice ha l’obbligo di motivare puntualmente in ordine all’attualità delle esigenze cautelari (Sez. 5, n. 25670 del 13.3 2018, Gullo. Rv. 273805, in una fattispecie in tema omicidio aggravato ai sensi dell’art. 7 d.l. 13
maggio 1991 n. 153, conv. in legge 12 luglio 1991, n. 203 che, peraltro, riguarda un reato non permanente).
Ed invero, l’orientamento qui disatteso fa leva su una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, in virtù della quale un rilevante arco temporale non segNOME da condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità (cd. tempo silente) deve essere espressamente considerato dal giudice. potendo rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari” (Sez. 1, n. 42714 del 19.7 2019, Termini°, Rv. 277231). In senso contrario, si osserva che “ribadendo la correttezza e condivisibilità dell’interpretazione sistematica affermata dall’orientamento assolutamente prevalente, un’interpretazione costituzionalmente orientata è comunque consentita soltanto nelle ipotesi in cui il perimetro semantico della norma la consenta, dovendo altrimenti percorrersi la diversa opzione della questione di illegittimità costituzionale” (cfr. in termin punto 3.1. della motivazione di Sez. 5. n. 4321 del 18.12.2020, Rv. 280452-01).
2.3. Quanto sopra, si osserva, sarebbe già di per sé sufficiente a ritenere destituita di fondamento la critica difensiva all’ordinanza impugnata che, ad ogni buon conto, si prende comunque carico (nonostante il richiamato orientamento maggioritario che ha valenza assorbente della questione della pretesa mancanza di attualità e concretezza nei casi di presunzione di pericolosità), di esporre le circostanze che nel caso in esame consentono di formulare, in positivo, un giudizio di pericolosità dell’indagato COGNOME.
In particolare, premesso che, in tema di esigenze cautelari, l’attualità del pericolo di reiterazione ha natura prognostica e non coincide affatto con l’attualità dei fatti e che l’epoca dei fatti costituisce soltanto uno dei molteplici parametri oggettivi e soggettivi cui ancorare la prognosi di recidiva, va rammentato come correttamente evidenzia il Tribunale che il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del “periculum” è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24.9.2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403-02). Occorre dunque apprezzare in modo complessivo e unitario gli elementi oggettivi, attinenti alle modalità di commissione dei fatti, e quelli soggettivi, attinenti alla personalità del soggetto, desumibile tanto dalle predette modalità di commissione dei fatti quanto dalle sue precedenti vicende giudiziarie. Infatti, stando ai parametri interpretativi costantemente affermati da questa Corte, la prognosi di recidiva si fonda sulla valutazione sincretica di elementi di carattere oggettivo, attinenti al fatto, quali la gravità concreto e le modalità di commissione (gravità del danno o del pericolo cagioNOME,
natura, specie, mezzi, oggetto, tempo e luogo del reato), ed elementi di carattere soggettivo, attinenti alla personalità dell’autore, desunta essenzialmente dalla condotta di vita anteatta nonché dalle stesse modalità di commissione del fatto per cui si procede (motivi a delinquere, intensità del dolo, capacità e inclinazione a delinquere). Si tratta in altri termini degli elementi sintomatici di cui all’art. c.p., che il giudice deve valutare complessivamente, anche alla luce dell’ambiente in cui il soggetto opera e nella realtà socio-culturale in cui si radica (cfr. Sez. I n. 53645 dell’8.9.2016, Rv. 268977-01: Sez. 1, n. 37839 del 2.3.2016). Alla valutazione delle condizioni personali dell’indagato deve aggiungersi quella inerente alla situazione socio-ambientale, tenendo conto degli eventuali elementi, anche sopravvenuti, che mutino radicalmente l’ambito in cui il reato è stato commesso e neutralizzino la pericolosità in precedenza manifestata (cfr., in motivazione, Cass. sez. II, n. 53645, cit.).
2.4. Venendo al caso di specie, osserva il Tribunale, quanto alle modalità dei fatti, va rimarcato che le condotte per cui si procede non possono considerarsi estemporanee e isolate in quanto poste in essere in più occasioni e in un significativo arco di tempo, in un contesto organizzato e capace di sopravvivere anche agli interventi repressivi, come dimostrano l’assistenza prestata ai sodali detenuti, la prosecuzione dell’attività illecita di elezione dopo l’arresto del COGNOME (il quale, peraltro, dal carcere continuava ad impartire direttive e ad interfacciarsi con gli altri esponenti della compagine criminale). Quanto alla pericolosità soggettiva dell’indagato, rammenta il Tribunale che, ad onta dei precedenti di modesta portata, si tratta di uno dei membri più attivi della RAGIONE_SOCIALE dei COGNOME, impegNOME diuturnamente nello spaccio di stupefacenti (ed alle attività correlate), svolto anche con esponenti del gruppo dei COGNOME (unitamente ai quali condivide l’uso di una mitraglietta), essendo inoltre stato controllato ripetutamente in compagnia di coindagati, anche in tempi recenti (richiamandosi a tal uopo l’informativa del 28.11.2022, il cui contenuto in parte qua è riportato nella premessa del provvedimento impugNOME).
Si tratta di elementi che, come correttamente argomentato dai giudici del riesame con motivazione del tutto immune dal denunciato vizio, non lasciano dubbi sulla capacità e dedizione a delinquere dell’indagato e che inducono ad escludere che egli possa spontaneamente attenersi alle prescrizioni inerenti alla più lieve misura domiciliare, tanto più che i delitti in materia di stupefacenti (ed a quello relativo alla detenzione di un’arma da guerra) sono delitti di detenzione e possono essere commessi anche dall’abitazione, con la collaborazione di terzi su cui l’indagato, inserito in un contesto organizzato, può certamente contare. In ogni caso,
conclude si rammenta che la presunzione relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere operante – ai sensi del terzo comma dell’art. 275 c.p.p. – per il delitto di cui all’art. 74, TU Stup., richiamato nell’art. 51, co. 3-bis, cod. proc. pen., può essere superata soltanto quando, in relazione al caso concreto, siano acquisiti elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure, elementi che nel caso di specie non si ravvisano. Invero, evidenza il Tribunale del riesame, nel suddetto quadro cautelare, a fronte degli elementi appena evidenziati, appaiono subvalenti la giovane età all’epoca dei fatti e il ruolo asseritamente secondario ricoperto dal COGNOME (in realtà categoricamente smentito dalle evidenze investigative) nell’organizzazione.
2.5. Quanto, poi, agli ulteriori elementi indicati in ricorso (sostanziale incensuratezza; trasferimento di residenza in luogo distante 10 km. da quello in cui i fatti criminosi sarebbero avvenuti), si tratta di elementi di valenza neutra, esaminati dall’ordinanza impugnata (in particolare laddove evidenzia che i delitti di detenzione possono essere commessi anche dall’abitazione, con la collaborazione di terzi su cui l’indagato, inserito in un contesto organizzato, può certamente contare), la cui rilevanza implica comunque un accertamento di merito, nella specie insindacabile, incompatibile con la cognizione di questa Corte.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. Att. Cod. proc. Pen.
Così deciso, il 9 gennaio 2024
Il Co tliere etensore
Il Presidente