Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15879 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15879 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Cariati il DATA_NASCITA avversi) l’ordinanza del 17/10/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udito il difensore, AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 ottobre 2024, il Tribunale di Catanzaro, ha rigettato l’appello proposto dall’interessato avverso l’ordinanza del Tribunale di Crotone del 15 maggio 2024, con cui era stata rigettata l’istanza finalizzata alla revoca o alla sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere disposta in relazione ai reati di cui agli artt. 513-bis e 416-bis.1 cod. pen.
Avverso l’ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 275 e 299, comma 1, cod. proc. pen. in ordine alla ritenuta persistenza delle esigenze cautelari. A parere della difesa, il provvedimento impugnato non darebbe conto del fatto che il lungo tempo trascorso dai fatti, lo stato di restrizione carceraria ed il comportamento tenuto dall’ indagato, rispettoso delle prescrizioni connesse al regime detentivo, influiscono sul giudizio relativo al permanere della sussistenza delle esigenze cautelari.
2.2. In secondo luogo, si eccepiscono la violazione degli artt. 275, commi 1 e 3, cod. proc. pen. e 416-bis.1 cod. pen. e vizio di motivazione, quanto al rigetto dell’istanza volta alla sostituzione della misura di massimo rigore con quella della custodia domiciliare – da eseguire presso un luogo distante e diverso da quello di commissione dei reati, ovvero con dispositivo elettronico – benché le esigenze calitelari potessero essere adeguatamente soddisfatte con tale misura meno afflitti va .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo di doglianza, con cui si eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta persistenza delle esigenze cautelari è infondato.
Invero, con un apprezzamento immune da vizi, i giudici di merito hanno adeguatamente chiarito che non risultano allegati elementi nuovi idonei a giustificare la sostituzione della misura in atto, a nulla rilevando il mero decorso del tempo.
In riferimento al tempo quale fattore in grado di attenuare o escludere le esigenze cautelari, deve innanzitutto premettersi che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità in tema di misure cautelari personali, l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare: e questo in quanto il tempo trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza di custodia cautelare, mentre analoga valutazione non è richiesta dall’art. 299
cod. proc. pen., ai fini della revoca o della sostituzione della misura (ex plurimis, Sez. 2, Sentenza n. 47120 del 4/11/2021, Rv. 282590; Sez. 2, Sentenza n. 12807 del 19/02/2020, Rv. 278999). Più nello specifico, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze di cautela sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata, con riguardo ai delitti aggravati ai sensi dell’art. 416bis.1 cod. pen., a condizione che si dia conto dell’avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, alla tipologia del delitto in contestazione, all concrete modalità del fatto e alla sua risalenza, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cd. “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo (ex plurimis, Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Rv. 286267; Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Rv. 286267). Né può dirsi che tale orientamento si ponga in sostanziale contrasto con altre pronunce, secondo le quali, in tema di misure cautelari, ai fini del superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., deve essere espressamente considerato dal giudice, alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della citata presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulterior condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (così: Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, dep. 2024, Rv. 285895; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272). L’apparente contrapposizione fra tali due orientamenti può essere
· In realtà, si ritiene che i due orientamenti non presentino una sostanziale contrapposizione, in quanto non vi è dubbio che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, che può, tuttavia, essere superata in quanto il giudice, senza dover dar conto della ricorrenza dei pericula libertatis, è comunque tenuto a valutare, anche in forza delle massime di esperienza sui diversi tipi di realtà criminale, gli elementi astrattamente idonei a escludere tale presunzione, desunti dalla fattispecie di reato per il quale si procede, dalle concrete modalità del fatto e dalla lontananza nel tempo dei fatti illeciti, non essendo consentito nel nostro ordinamento un qualsivoglia automatismo valutativo. In altre parole, si tratta di motivare adeguatamente sull’esistenza delle esigenze cautelari, nella misura in cui siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti delle ragioni per escluderle.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha fornito sul punto una motivazione congrua e specifica, nello svalutare i dati dell’incensuratezza e del buon comportamento carcerario, a fronte della gravità dei fatti in contestazione,
da cui emerge un significativo ruolo del prevenuto nel contesto mafioso di controllo illecito del mercato ittico.
1.2. Anche il secondo motivo di censura – riferito alla mancata sostituzione della misura di massimo rigore con quella della custodia domiciliare da eseguire presso un luogo distante e diverso da quello di commissione dei reati ovvero con dispositivo elettronico- è infondato.
Giova premettere, che per la tipologia di reato contestato all’indagato, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., vige una doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere. La ricorrenza di questa doppia presunzione determina l’inversione degli ordinari poli del ragionamento giustificativo, nel senso che il giudice che applica, o che conferma, la misura cautelare non ha l’obbligo di dimostrare in positivo la ricorrenza del periculum libertatis, ma soltanto quello di apprezzare in negativo l’eventuale esistenza di ragioni, evidenziate dalla ‘parte o direttamente evincibili dagli atti, che portino a smentire, nel caso concreto, l’effetto presuntivo. E la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. opera non solo nel momento di adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva, ma anche nelle successive vicende che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari, quale quella oggetto del presente giudizio (ex multis, Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Rv. 286267 – 01).
In ogni caso, i giudici del gravame, con percorso motivazionale congruo e logico, hanno evidenziato che le esigenze cautelari, in specie quella del pericolo di reiterazione del reato, appaiono di particolare intensità e non risultato scalfite dalle argomentazioni difensive, inidonee a superare la presunzione normativa. In particolare, mancano elementi concreti per desumere l’allontanamento del soggetto dal contesto criminale di riferimento, terreno di commissione di gravi reati, con il quale ha manifestato un solido legame, emergente dal quadro indiziario a suo carico, non oggetto di contestazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 29/01/2025