Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16667 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16667 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
CC – 06/02/2025
R.G.N. 41550/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 26/09/1982 avverso l’ordinanza del 22/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza del 02/09/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, nella parte in cui aveva applicato a NOME COGNOME la misura di massimo rigore in relazione ai reati di partecipazione ad associazione di stampo mafioso (capo 1), tentato omicidio di NOME COGNOME e connessi reati in materia di armi e ricettazione, aggravati ex art. 416 bis.1 cod. pen. (capi 5, 6 e 7).
1.1. Il Tribunale di Napoli, dopo un’ampia premessa in ordine alla esistenza ed attuale stanziata nel quartiere napoletano di Ponticelli e zone limitrofe, richiamando le sentenze definitive e
operatività dell’organizzazione di stampo camorristico denominata clan COGNOME COGNOME, le piø recenti ordinanze restrittive emesse dal GIP del Tribunale di Napoli, e concernenti l’esistenza e l ‘ o p e r a t i v i t à , t r a i l 2017 ed i l f e b b r a i o 2021, del c l a n De NOME COGNOME/COGNOME/COGNOME/COGNOME/COGNOME, rilevava come l’attuale operatività del clan COGNOME e la successiva ricomposizione del cartello COGNOME COGNOME avesse trovato conferma non solo nei provvedimenti giudiziari ma anche nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e nelle intercettazioni effettuate nell’ambito del procedimento in oggetto; il ‘clan COGNOME/COGNOME‘ risultava operante prevalentemente sul territorio di Ponticelli e zone limitrofe, e si avvaleva della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che
ne derivava per la realizzazione dei seguenti scopi: – affermazione del controllo egemonico sul territorio di Ponticelli, realizzato attraverso azioni di fuoco nei confronti di clan avversari e, in particolare, degli appartenenti al ‘cartello De NOME COGNOME/COGNOME/Aprea’, nonchØ attraverso l’eliminazione fisica di coloro che si oppongono a tale egemonia; – controllo delle piazze di spaccio sui territori di Ponticelli e zone limitrofe; – soppressione o, comunque, sistematica intimidazione dei soggetti che a quel controllo si contrappongono e la repressione violenta dei contrasti interni; assicurare impunità agli affiliati, attraverso una capillare e diffusa rete di appoggi e connivenze, finalizzate a prevenire interventi delle forze di polizia e a garantire la latitanza degli esponenti colpiti da provvedimenti giudiziari di cattura; – conseguire ulteriori profitti e vantaggi ingiusti, attraverso attività delittuose quali estorsioni, rapine, danneggiamenti, minacce sistematicamente esercitate ai danni di imprenditori pubblici e privati, commercianti, liberi professionisti e comuni cittadini, violazioni in materia di armi e di sostanze stupefacenti. In Napoli dal mese di settembre 2020.
1.2. Il delitto di tentato omicidio di NOME COGNOME (capo 5), e connessi reati in materia di armi (capi 6 e 7), avvenuto in Napoli il 29/10/2023, era stato compiutamente ricostruito grazie alle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza installato sul luogo degli spari, alle dichiarazioni della persona offesa, alle risultanze dell’attività captativa ed alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; in particolare COGNOME e COGNOME indicavano concordemente NOME COGNOME tra i partecipanti all’agguato, con ruolo di killer.
1.3. Quanto alla partecipazione al reato associativo di cui al capo 1), il Tribunale valorizzava, oltre al coinvolgimento nei fatti testŁ descritti, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME la condanna irrevocabile per un’estorsione commessa il 31/03/2021 a nome di NOME COGNOME ne confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonchØ l’esito delle operazioni di intercettazioni.
1.4. Il Tribunale ha infine ritenuto sussistenti le esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura carceraria, in virtø della doppia presunzione prevista dalla legge, osservando come non fossero emersi elementi tali da far ritenere l’insussistenza delle esigenze cautelari.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo, la violazione di norme processuali ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274 cod. proc. pen..
Si duole in particolare la Difesa che il Tribunale non abbia tenuto conto, nel ritenere sussistenti le esigenze cautelari, del fatto che l’indagato fosse stato ristretto in carcere dal 2021 al luglio 2024, e che le condotte al medesimo contestate si collocano temporalmente in epoca antecedente la detta carcerazione: il Tribunale ha quindi omesso di valutare adeguatamente, quale elemento idoneo a superare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, la volontà dell’Uccella di intraprendere un percorso lavorativo serio ed onesto, comprovato dalla documentazione prodotta dalla Difesa in sede di riesame, attestante l’assunzione a tempo determinato, per circa 2 mesi, del ricorrente, alla dipendenze di una società operate nel settore del commercio alimentare. Appare quindi irragionevole ritenere sussistenti le esigenze cautelari a carico dell’indagato, che, in considerazione della recente scarcerazione, non Ł stato posto in condizioni di dare prova effettiva della propria resipiscenza.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME COGNOME ha fatto pervenire la sua requisitoria scritta con la quale conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Nel caso di specie al ricorrente Ł contestato (anche) il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. A tale paradigma normativo – come correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato – deve applicarsi l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in base al quale, allorquando ricorrano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di associazione di stampo mafioso, ovvero a uno dei delitti contemplati nell’art. 51, comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., Ł disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, per i soli reati citati nell’ultimo capoverso della norma e in relazione al caso concreto, quelle comunque sussistenti possono essere soddisfatte con altre misure. La giurisprudenza di legittimità, sul punto specifico, ha chiarito che in tali casi la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata esclusivamente dalla prova positiva, in ordine alla rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualità delle esigenze cautelari già insito nella disposizione speciale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 22096 del 03/07/2020, Rv. 279771; Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, dep. 2019, Fotia, Rv. 276316; Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 273631; Sez. 2, n. 3105 del 22/12/2016, dep. 2017, Rv. 269112).
Quando si procede per un delitto per il quale opera una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria, infatti, ai fini della prova contraria, occorrono elementi idonei ad escludere la sussistenza di ragionevoli dubbi, posto che la presunzione detta un criterio da applicarsi proprio in caso di incertezza (Sez. 2, n. 19341 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273434).
Nel caso in esame, il Tribunale ha valutato gli elementi posti dalla Difesa a sostegno della richiesta, rappresentati dalla documentazione da cui risulta l’assunzione del ricorrente a tempo determinato per circa due mesi alle dipendenze di una società che opera nel settore del commercio alimentare; ha tuttavia ritenuto tale documentazione inidonea a dimostrare un mutamento delle scelte di vita dell’indagato ed un suo ipotetico definitivo allontanamento dai contesti camorristici in cui si sono sviluppate le contestate condotte criminose; e ciò anche tenuto conto del fatto che proprio dette condotte mostrano come egli avesse pienamente condiviso per un non trascurabile lasso temporale le logiche criminali del clan di appartenenza, fino ad epoca non significativamente risalente.
Trattasi di una valutazione logicamente argomentata, a fronte della quale il ricorrente si limita a dissentire, ed a invocare un, non consentito, diverso apprezzamento da parte di questa Corte di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere i ricorrenti esenti da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
Copia del presente provvedimento deve essere trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME