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Presunzione esigenze cautelari: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la misura della custodia in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ribadito la validità della presunzione esigenze cautelari per tali gravi reati, sottolineando che la difesa non ha fornito prove concrete per superarla. La motivazione del Tribunale del Riesame sulla gravità indiziaria è stata ritenuta logica e congrua.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione Esigenze Cautelari: La Cassazione Conferma la Custodia in Carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10226/2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di misure cautelari per reati di droga, ribadendo la forza della presunzione esigenze cautelari prevista dal nostro ordinamento. Questa decisione sottolinea i rigorosi limiti entro cui la difesa può contestare la custodia in carcere per reati di particolare allarme sociale, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava la misura della custodia in carcere nei confronti di un soggetto indagato per partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/90), oltre che per specifici episodi di cessione e coltivazione di sostanze stupefacenti.

Contro questa decisione, il difensore dell’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando principalmente tre vizi:

1. Mancanza di motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia per la partecipazione all’associazione che per le singole cessioni.
2. Illogicità della motivazione riguardo agli indizi relativi alla coltivazione di canapa.
3. Violazione di legge e difetto di motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari e sulla scelta della custodia in carcere come unica misura adeguata.

L’Analisi della Corte e la Presunzione Esigenze Cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e reiterativo di argomenti già esaminati dal Tribunale del Riesame. L’analisi della Corte si è concentrata su due aspetti fondamentali: la valutazione degli indizi e l’applicazione delle esigenze cautelari.

Per quanto riguarda i gravi indizi di colpevolezza, la Suprema Corte ha ricordato che il suo compito non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la coerenza logica e giuridica della motivazione del giudice di merito. Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente argomentato, sulla base degli elementi raccolti, il ruolo dell’indagato come partecipe del gruppo criminale, dedito al ritiro e allo spaccio di sostanza stupefacente, nonché il suo coinvolgimento nell’attività di coltivazione. La motivazione è stata quindi giudicata priva dei vizi lamentati.

La Forza della Presunzione Esigenze Cautelari nell’Art. 275 c.p.p.

Il punto centrale della sentenza riguarda la questione delle esigenze cautelari. La Corte ha ribadito un principio consolidato: per i reati di grave allarme sociale, come quelli previsti dall’art. 74 D.P.R. 309/90, opera la presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

Questa norma stabilisce che, in presenza di gravi indizi per tali delitti, si presumono esistenti sia le esigenze cautelari (pericolo di recidiva) sia l’adeguatezza della sola misura della custodia in carcere. Si tratta di una presunzione relativa, il che significa che può essere superata, ma l’onere della prova contraria grava sulla difesa. Non basta una generica contestazione; occorre fornire elementi specifici e concreti che dimostrino l’insussistenza di tali pericoli.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sottolineando come la difesa non avesse fornito alcun elemento specifico per vincere la presunzione di pericolosità. Il ricorso era basato su argomentazioni generiche. Inoltre, i giudici hanno evidenziato che la consumazione di alcuni reati in ambito domestico rendeva inadeguata una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari, poiché non avrebbe impedito la prosecuzione dell’attività illecita. Di conseguenza, la scelta della custodia in carcere è stata ritenuta correttamente motivata e conforme alla legge.

Conclusioni

Questa sentenza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di reati associativi legati agli stupefacenti. La presunzione di pericolosità sociale e di adeguatezza della custodia in carcere rappresenta un ostacolo significativo per la difesa, che deve essere in grado di articolare argomentazioni supportate da elementi fattuali concreti per ottenere una misura meno gravosa. La decisione ribadisce, infine, il perimetro del sindacato della Corte di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito delle prove, ma deve limitarsi a un controllo sulla correttezza giuridica e logica del ragionamento seguito dai giudici delle fasi precedenti.

Quando si applica la presunzione di esigenze cautelari per reati di droga?
Si applica in presenza di gravi indizi di colpevolezza per reati di particolare allarme sociale, tra cui l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90), come previsto dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

È possibile superare la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere?
Sì, è possibile, ma la difesa ha l’onere di fornire elementi specifici e concreti che dimostrino l’insussistenza delle esigenze cautelari o l’adeguatezza di una misura meno afflittiva. Secondo la sentenza, la semplice contestazione o il mero decorso del tempo non sono sufficienti.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare i gravi indizi di colpevolezza per una misura cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina nel merito gli elementi di prova, ma si limita a un controllo di legittimità. Verifica cioè che la motivazione del giudice precedente sia logica, non contraddittoria e conforme ai principi di diritto, senza entrare in una nuova valutazione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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