Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7016 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7016 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 25/04/1954
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 giugno 2024 il Tribunale di sorveglianz GLYPH assari ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con cui il Magistrato di sorveglianza, in data 16 ottobre 2023, aveva respinto l’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, relativa al procedimento penale n. 579/2023 s.i.u.s..
Il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente, pur essendone onerato, non aveva fornito elementi di prova idonei a vincere la presunzione di superamento del reddito di cui all’art. 76, comma 4-bis, d. P. R. 30 maggio 2002, n. 115.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione (poiché mancante, contraddittoria o manifestamente illogica: p. 1 ricorso).
Ad avviso del ricorrente la motivazione con la quale è stata rigettata l’opposizione, fondata sulla insufficienza della documentazione prodotta a dimostrare lo stato di non abbienza e quindi a superare la presunzione relativa prevista dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, implica che il condannato per reato associativo, nonostante la documentazione prodotta deponga in senso contrario alla presunzione, sia di fatto, ed in perpetuo, comunque escluso dal riconoscimento del beneficio.
In altre parole, l’interpretazione offerta pone a carico del richiedente una vera e propria probatio diabolica, ripristinando nei fatti la presunzione assoluta censurata dal giudice delle leggi.
Inoltre, il Tribunale ha tralasciato di analizzare la condizione reddituale per come ricostruibile attraverso i documenti prodotti, la risalente detenzione del Madonia, i rari colloqui con i familiari, nonché la circostanza che il predetto è stato ammesso al beneficio da altre autorità giudiziarie.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, poiché proposto per motivi non consentiti.
1.1. Va preliminarmente osservato che, ai sensi dell’art. 99, comma 4, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione avverso il rigetto della istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato può essere proposto solo per violazione di legge e non per vizio della motivazione, a meno di suo assoluto difetto (Sez. 4, n. 1873 del 13/12/2023, COGNOME non mass.; conf. Sez. 4, n. 22637 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 270000 – 01; Sez. 4, n. 16908 del 07/02/2012, COGNOME, Rv. 252372 – 01).
Diversamente deve dirsi per l’illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 2 del 28/01/2004, COGNOME).
Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, ovvero la violazione dell’art. 125, commai 3 /cod. proc. pen., che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611 – 01; conf., Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590 – 01).
Quest’ultimo vizio è ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate e prive dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
1.2. Com noto, la presunzione di superamento del reddito – prevista dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per soggetti già t condannati per reati in relazione ai quali si ritiene, alla luce consolidate di massime di esperienza, che l’autore abbia beneficiato di redditi illeciti – ha natura relativa e non assoluta, con la conseguenza che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2010, è ammessa la prova contraria.
Tuttavia, l’introduzione della prova contraria non elimina dall’ordinamento la presunzione prevista dal legislatore, per effetto della quale si realizza un’inversione dell’onere di documentare la ricorrenza del requisito reddituale per l’accesso al patrocinio.
Spetta quindi al richiedente dimostrare la sussistenza dello stato di non abbienza, non già con una semplice autocertificazione ma con l’adeguata allegazione di concreti elementi di fatto, dai quali possa clesumersi in modo
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chiaro ed univoco la propria effettiva situazione economica, che il giudice deve rigorosamente vagliare (Sez. 4, n. 10680 del 20/02/2024, Turiano, non mass.; Sez. 4, n. 40481 del 27/09/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 21230 del 14/03/2012, COGNOME, Rv. 252962 – 01).
Non è dunque chiaro in cosa sia consistita la denunciata violazione del predetto art. 76: il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha ritenuto di applicare l’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, essendo peraltro incontestato che il COGNOME abbia riportato condanna definitiva per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen..
Valorizzata la presunzione relativa di superamento, il Tribunale ha sostenuto che le allegazioni del ricorrente per dimostrare la condizione di non abbienza risultavano neutre, in quanto relative ai contributi legittimamente percepiti (certificazione unica, attestazione ISEE, cedolini), mentre invece nulla consentivano di dedurre circa l’assenza di elementi reddituali di provenienza illecita.
Gli stessi accertamenti della Guardia di Finanza, allegati dal ricorrente, risalivano all’anno 2019.
Anzi, dal decreto applicativo del regime differenziato, cui il COGNOME è sottoposto, è emerso il perdurante controllo dell’omonimo clan del territorio di Resuttana e limitrofi, nonché la capacità del sodalizo di garantire il mantenimento degli affiliati in stato di detenzione, con i proventi della pratica estorsiva.
Del tutto correttamente, infine, il Tribunale ha escluso che la prova contraria potesse provenire da provvedimenti di ammissione emessi da altre autorità giudiziarie, poiché ad essi l’ordinamento non attribuisce . j,.11Z efficacia vincolante in un diverso procedimento, come pure evidenzia l’ordinanza impugnata.
Anche il fatto che il ricorrente abbia patito il regime di restrizione per lungo tempo, anche nel regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. pen., non è circostanza idonea, di per sé, a ritenere superata la presunzione di cui al predetto art. 76 (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 10679 del 20/02/2024, Turiamo, non mass.).
1.3. Nemmeno può sostenersi il carattere apparente della motivazione.
L’apparato argomentativo, come visto, non è carente o affidato a formule di stile, ed il suo raffronto con altri elementi prospettati dal ricorrente, rientra nella valutazione di merito sottratta, per espressa previsione normativa, al vaglio di questa Corte.
Anche nella parte in cui, quindi, si lamenta il vizio di motivazione, il ricorso è inammissibile.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 8 gennaio 2025
Il Presider)te Il NOME COGNOME re estensore