Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 28482 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 28482 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Roma il 31/08/1980
avverso l ‘ ordinanza del 26/02/2025 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Roma ha respinto l’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando un unico, articolato motivo di annullamento per difetto di motivazione in relazione alla attualità delle esigenze
cautelari. Nella prospettazione difensiva l’ordinanza impugnata, errando nel ritenere assoluta -e non relativa- la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non avrebbe tenuto conto di elementi dimostrativi della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, idonei a superarla. Tali sarebbero, in particolare, il tempo trascorso dall’ultimo contatto con il sodalizio criminoso, che risale a tre anni orsono, e la circostanza che il ricorrente da allora ha proficuamente svolto attività lavorativa sia all’interno che all’esterno del carcere.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Secondo il condivisibile orientamento giurisprudenziale, in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, Rv. 281293 -01).
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi , ritenendo l’ attualità del pericolo di reiterazione della reato alla luce della circostanza che il ricorrente ha continuato a svolgere la propria attività all’interno del sodalizio anche dopo l’arresto del novembre 2021 e ha rinnovato la sua fedeltà al capo dello stesso anche dopo il nuovo arresto, dell’aprile del 2022, nel corso dei colloqui in carcere. Egli è anche giunto a spacciare in carcere, come emerge dalle telefonate dal contenuto univoco l’importante nell’ordinanza impugnata, e ha ricevuto denaro per il mantenimento in carcere e per le spese legali proprio dal capo dell’associazione.
In questo contesto non ha rilevanza il decorso di un non considerevole lasso di tempo tra i fatti contestati e l’emissione della misura cautelare , che non costituisce elemento distonico rispetto alla presunzione di perdurante pericolosità
dell’indagato prevista dall’ art. 275, comma 3, cod. proc. pen., tale da vincerla, in quanto in tale arco temporale il ricorrente ha posto in essere ulteriori condotte sintomatiche di perdurante pericolosità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue l’obbligo al pagamento delle spese legali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 02/07/2025.