Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11786 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11786 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo in data 7/11/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; preso atto che il ricorrente è stato ammesso alla trattazione orale ; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni con le quali il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni de’AVV_NOTAIO , difensore di NOME NOME, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7/11/2023 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal GIP nei confronti del ricorrente perché ritenuto partecipe, insieme a COGNOME NOME, Minore
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, della “RAGIONE_SOCIALE“.
2.Avverso l’indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME per mezzo del difensore il quale, con il primo motivo, lamenta mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p. Deduce il ricorrente che il Tribunale ha valorizzato elementi inidonei a dimostrare che NOME avesse posto in essere una condotta di partecipazione nei termini offerti dalla giurisprudenza di legittimità (richiama sul punto sent. S.Unite Modaffari) non essendo provato, nemmeno a livello indiziario, il contributo attivo fornito all’associazione. In tal senso non sarebbe decisiva la precedente condanna del COGNOME per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., essendo la pronuncia risalente al 1998 e non essendovi state nelle more altre condanne. In particolare segnala che l’indagato non risulta coinvolto nell’indagine “Scrigno”.
Con il secondo motivo il ricorre te censura l’ordinanza del riesame in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Si sostiene la carenza della motivazione in relazione ai profili di attualità e concretezza del pericolo di recidiva.
Con il terzo motivo si contesta la ritenuta adeguatezza della misura carceraria evidenziando come NOME fosse gravato da un unico precedente risalente al 1998.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 motivi proposti sono tutti infondati pertanto il ricorso va rigettato.
1.1. Il primo argomento difensivo posto all’attenzione di questa Corte e cioè il fatto che il Tribunale non avrebbe enucleato alcun comportamento attivo del COGNOME dimostrativo della condotta partecipativa nei termini segnalati dalle Sez. Unite Modaffari (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889), è smentito dal fatto che il collegio cautelare ha richiamato intercettazioni attestanti i persistent contatti dell’imputato con esponenti di vertice del sodalizio mafioso (COGNOME, Bonannno, Orlando), idonei a dimostrare non solo un significativo livello di interlocuzione con essi e ma anche la permanente adesione del COGNOME, già condannato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., al programma criminoso del sodalizio mafioso consistente nell’assoggettamento sistematico ad estorsioni nei confronti degli operatori economici. In particolare è stato rimarcato che COGNOME si stava interessando insieme a COGNOME / delle estorsioni nel settore ortofrutticolo, i circostanza criticata da altri sodali che nelle intercettazioni si lamentavano del
danno all’immagine che ne derivava, il che, come sottolineato dal Tribunale,dimostrava la comune appartenenza alla medesima RAGIONE_SOCIALE in nome della quale il COGNOME ed il COGNOME agivano.
E’ stato anche sottolineato il ruolo svolto da COGNOME nelle vicende delle estorsioni cd ” cavallo di ritorno”, dimostrativo del riconosciuto spessore mafioso dello stesso, in grado di controllare il territorio di competenza.
E’ stato poi ricordato che COGNOME aveva adempiuto ad uno dei principali doveri di un associato nei confronti degli altri membri del sodalizio avendo egli provveduto al sostentamento dell’ergastolano COGNOME (pagg. 11 e 12 dell’ordinanza impugnata).
Contrariamente a quanto si assume nel ricorso, il Tribunale ha dato applicazione ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di partecipazione ad associazione RAGIONE_SOCIALE, valorizzando una serie di elementi significativi del permanere del vincolo associativo già conclamato dalla precedente condanna passata in giudicato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., e mai interrotto, precisando che l’indagato una volta scarcerato era tornato ad essere a pieno titolo operativo all’interno dell’associazione dedicandosi alle estorsioni e la sua autorità gli era stata riconosciuta dagli altri sodali.
Al riguardo preme ricordare che “in tema di associazione RAGIONE_SOCIALE, la valutazione della prova della continuità dell’adesione al sodalizio di un soggetto già condannato per lo stesso reato può essere tratta da elementi di fatto che, autonomamente considerati, potrebbero anche non essere sufficienti a fondare un’accusa originaria di partecipazione. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato per il delitto di associazione RAGIONE_SOCIALE, per un periodo temporale successivo a quello coperto da altra condanna irrevocabile, sulla scorta, fra l’altro, di alcuni riferimenti contenut intercettazioni che dimostravano il coinvolgimento nelle dinamiche criminali della Corte e dei contatti epistolari dell’imputato con esponenti di vertice di sodalizi mafiosi idonei a dimostrare un significativo livello di interlocuzione e una posizione dominante nell’ambito del gruppo RAGIONE_SOCIALE (Sez.2, n. 43094 del 26/06/2013,Rv. 257427; Sez. 6, n. 3508 del 24/10/2019, Rv. 278221).
Quanto rappresentato dal collegio cautelare in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione del COGNOME all’associazione RAGIONE_SOCIALE, consente di superare le censure difensive articolate nei motivi n. 2 e 3, relative alla sussistenza dei pericula libertatis e di adeguatezza della misura carceraria.
E’ stato infatti affermato, con giurisprudenza consolidata che si condivide, che quando si procede per il reato di partecipazione ad associazione RAGIONE_SOCIALE, anche a seguito dell’entrata in vigore della legge 16 aprile 2015, n. 47, l’art. 275
comma 3, cod. proc. pen., sussiste una doppia presunzione, “relativa” quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed “assoluta” con riguardo all’adeguatezza della misura carceraria; ne consegue che, il giudice non ha l’obbligo di dimostrare in positivo la ricorrenza dei pericula libertabs, ma deve soltanto apprezzare gli eventuali segnali di rescissione del legame del soggetto con il sodalizio criminale tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione, in mancanza dei quali va applicata in via obbligatoria la misura della custodia in carcere (Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, Rv. 284857; Sez. 5 n. 51742 del 13/06/2018, Rv. 275255; Sez. 1, n. 3776 del 28/10/2015, dep. 2016, Rv. 266005).
Nel caso in esame, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari (art. 275, comma 3, c.p.p.) non appare vinta da alcuna allegazione difensiva, tanto meno dal mero decorso del tempo dalla data del commesso reato (sul punto si veda Sez. 1, n. 21900, del 7/5/2021, Rv. 282004:La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze caute/ari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo). In motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità.
Né la motivazione che sorregge la scelta della misura di massima afflittività offre il fianco alle generiche censure mosse con l’ultimo motivo di ricorso, dacché la ravvisata ineludibilità del presidio inframurario, accompagnata anche dalla presunzione di legge (art. 275 comma 3, cod. proc. pen.) non necessita di ulteriori argomenti atti ad escludere la adeguatezza di misure meno afflittive (Sez. 2, n. 31572, del 8/6/2017, Rv. 270463).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna, ai sensi dell’art. 616 del codice di rito, al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi del comma 1-ter dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., il direttor dell’istituto di detenzione è onerato di dare comunicazione al detenuto del contenuto del presente provvedimento.
P.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 9/2/2024