Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1525 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1525 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VICO EQUENSE il 04/12/1985
avverso l’ordinanza del 28/07/2023 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore dell’imputato avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento della richiesta di riesame presentata da COGNOME NOMECOGNOME ha rilevato la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Torre Annunziata con riferimento ai reati di cui agli artt. 81 c.p., 110 c.p. e 73 co. 1 e 6 d.p.r. 309/1990 nonché 73 co. d.p.r. 309/1990 ed esclusa l’urgenza per la prosecuzione provvisoria della cautela ha annullato l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere applicata all’indagato per i suddetti reati. Con la medesima pronuncia il giudice del riesame ha invece confermato l’applicazione della misura custodiale in relazione all’ulteriore reato di cui agli artt. 56, 629 comma 2 e 416 bis.1 c.p. contestato al COGNOME e ad oggetto la tentata estorsione consumata ai danni del titolare di un esercizio commerciale al fine di lo sconto sull’acquisto di capi di abbigliamento.
Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato articolando quattro motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge consistita nell’omessa confutazione dei motivi posti dalla difesa a sostegno della propria richiesta di riesame, avendo il Tribunale pedissequamente riproposte le argomentazioni articolate nell’ordinanza genetica, a loro volta viziate per travisamento delle intercettazioni in atti. In particol entrambe i provvedimenti avrebbero affermato la sussistenza dei gravi indizi sulla base di una lettura frazionata delle tre intercettazioni evocate dai giudici del merit illogicamente rimuovendole dal più ampio contesto di riferimento e, così, non rilevando l’estraneità della prima alla vicenda in oggetto e la capacità delle altre due di dimostrar che mai l’indagato si sarebbe presentato presso il negozio di abbigliamento ove sarebbe stato commesso il delitto.
2.2 Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo e il terzo motivo in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto tentato, nonché dell’aggravante mafiosa, avendo il giudice del riesame apoditticamente affermato di poter evincere dalle intercettazioni le modalità di commissione del reato e la riconducibilità dell’indagato a clan camorristico COGNOME, circostanze che invece in alcun modo emergerebbero dal compendio intercettivo.
2.3 Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 274 lett. c) c.p.p. per non aver il Tribunale tenuto conto del rilevante arco di tempo intercorso tra la condotta in esame
e l’unico precedente penale riferito all’imputato, invero risalente al 2007, il qua sarebbe invece indice dell’insussistenza delle esigenze cautelari poste alla base della misura applicata.
Il PG ha depositato memoria e il difensore dell’indagato ha presentato motivi nuovi con i quali ha ribadito, anche in replica alla memoria della pubblica accusa, i motivi primo, terzo e quarto del ricorso principale. Ulteriore memoria è stata depositata il 5 dicembre 2023, con la quale la difesa insta per la rimessione alle Sezioni Unite del ricorso ai fini di dirimere il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in merito rilevanza del tempo trascorso dai fatti per cui si procede in
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini e nei limiti di seguito esposti.
Invero infondato è il primo motivo in quanto, nel sostenere la carenza motivazionale dell’ordinanza in esame – asseritamente dipesa da una lettura frazionata del materiale intercettivo – di fatto propone una valutazione alternativa degli elementi posti a base della decisione del giudice del riesame, il quale ha invece operato, tramite una valutazione complessiva delle intercettazioni in atti, un sindacato completo e coerente sulla sussistenza dei gravi indizi di reato per come prescritto all’art. 273 c.p.p.
In questo senso, va ribadito come, in materia di intercettazioni, costituisca questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (ex multis Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337). Ciò premesso, la piena logicità del percorso argomentativo seguito dal giudice del riesame è evidenziato proprio dalla menzionata considerazione complessiva del compendio indiziario, mentre è l’analisi parcellizzata delle tre intercettazioni da parte del ricorrente a rivelare i limiti intr dei rilievi operati. Infatti, il TRibunale ha evinto la complementarietà delle prime due in cui emerge la conoscenza, da parte dell’indagato, della pratica estorsiva operata dal clan camorristico nei confronti dell’esercizio commerciale GLYPH alle conversazioni intrattenute dai fratelli COGNOME ed inerenti alla condotta delittuosa tenuta COGNOME. Di conseguenza, i giudici del merito hanno per l’appunto logicamente desunto che l’indagato abbia effettivamente tentato di porre in essere l’estorsione recandosi presso l’attività commerciale. Conclusione che il presente ricorso tenta di scalfire tramite una diversa interpretazione dell’espressione colloquiale «voleva pure loro che andavano là», la quale però non solo viene così disancorata dal più ampio contesto nel quale è inserita, ma implica altresì la pretesa di ottenere in sede di legittimità una diversa valutazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, che invece, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto insindacabile a
fronte alla condivisibilità delle massime di esperienza utilizzate dal giudice del merit (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
4. Il terzo motivo di ricorso si rivela invece generico nella misura in cui, nell’afferma l’insussistenza nel caso di specie dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p. per no avere il COGNOME puntualmente riferito le modalità e i toni tramite cui sarebbe stato realizzato il tentativo di delitto, non si confronta adeguatamente con il più complesso apparato argomentativo articolato dal giudice del riesame. Quest’ultimo, invece, risulta del tutto condivisibile e privo di vizi logici nel momento in cui desume, sulla base del intercettazioni in atti, la sussistenza della circostanza in oggetto dal contesto nel qua è stato posto in essere il tentativo e, nella specie, dal palesato intento dell’indagato avvantaggiarsi della condizione di asservimento del titolare dell’esercizio commerciale rispetto al clan camorristico per conseguire il proprio obiettivo. In questo senso, va rammentato come, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, di cui all’art. 416-bis. 1 c.p. rico ogniqualvolta l’azione incriminata, posta in essere evocando la contiguità ad una associazione mafiosa, sia funzionale a creare nella vittima una condizione d.
assoggettamento come riflesso del prospettato pericolo di trovarsi a fronteggiare le istanze prevaricatrici di un gruppo criminale mafioso, piuttosto che di un criminale comune (ex multis Sez. 5, n. 14867 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281027).
6. L’ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo giudizio.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, sezione del riesame.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 6/12/2023