Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4920 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nato a Bari il 25/06/1978;
avverso l’ordinanza emessa il 04/04/2024 dal Tribunale di Bari;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia de ricorrente, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bari ha confermato l’ordinanza con cui è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME COGNOME ritenuto gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa denominata clan COGNOME e, successivamente, clan COGNOME (“dal marzo 2016 all’attualità”- così l’imputazione che riguarda decine di soggetti).
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari; il tema attiene al superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
In ragione del perimetro temporale della contestazione provvisoria, in sede di riesame era stato rappresentato come il ricorrente fosse stato detenuto dal 10 agosto 2017 al 15 febbraio 2023 per espiazione pena e come lo stesso, rimesso in libertà, si fosse trasferito in Brasile – nel luglio del 2023 – per poi tornare in Italia il 9. esclusivamente allo scopo di partecipare al presente procedimento.
Tali dati fattuali, si argomenta, avrebbero dovuto essere valutati dal Tribunale unitamente all’assenza di contestazione di reati fine e di contatti tra il ricorrente e qualsiasi altro soggetto interessato dalle indagini.
Il Tribunale avrebbe omesso di valutare gli elementi indicati, limitandosi ad affermare che lo stato detentivo di per sé non sarebbe rivelatore della rescissione dal sodalizio, tenuto conto che, secondo il collaboratore NOME, questi affiliò l’indagato “durante domiciliari” proprio a casa di COGNOME e che il “trasferimento” in Brasile avrebbe una valenza neutra in quanto il ricorrente, “già all’epoca delle prime dichiarazioni d collaboratori veniva indicato come soggetto che per i suoi affari illeciti in materia narcotraffico, viaggiava per il mondo….” perché la documentazione prodotta, attestante l’avvio di un’attività imprenditoriale lecita, sarebbe stata in realtà “recentissim strumentale (14.3.2024) in quanto di poco successiva alla esecuzione della ordinanza cautelare” (così il ricorso che richiama uno stralcio della motivazione della ordinanza impugnata).
Si tratterebbe di una motivazione viziata in quanto COGNOME non avrebbe avuto nessun interesse a documentare la propria attività lecita prima di avere notizia del procedimento in esame; dunque, diversamente dagli assunti del Tribunale, non sarebbe possibile attribuire a quella documentazione né un carattere strumentale e neppure una non adeguata capacità dimostrativa in ragione de fatto di essere “recente”.
Né, sotto altro profilo, sarebbe ragionevole nel caso di specie ipotizzare un pericolo di fuga, trovandosi già COGNOME all’estero, ovvero di inquinamento probatorio
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria.
Il Tribunale non avrebbe considerato i motivi di riesame con i quali erano state dedotte questioni relative alla inattendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazi dei collaboratori di giustizia poste a fondamento del quadro indiziario e che si sarebbero limitati ad attribuire all’indagato il ruolo di intraneo, senza aggiungere alcunchè sul ruo in concreto ricoperto.
Il Tribunale avrebbe “riempito” il vuoto indiziario richiamando precedenti penali o molto risalenti ovvero del tutto slegati da qualsiasi contesto associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato quanto al primo motivo.
In punto di fatto non è in contestazione GLYPH che il ricorrente sia stato detenuto dal 2017 al 2023 (cfr., quint’ultimo foglio ordinanza impugnata).
(AL)
In tale contesto, nell’ambito di un provvedimento motivato soprattutto con riguardo al giudizio di gravità indiziaria, il Tribunale, quanto alle esigenze cautelari, ha richiam la doppia presunzione di cui all’art. 275, corna 3, cod. proc. pen. e ha ritenut insussistenti “elementi idonei a dimostrare la rescissione del COGNOME dall’associazione mafiosa”.
In tal senso il Tribunale ha valorizzato: a) la circostanza che, almeno un collaboratore, avrebbe indicato COGNOME come un soggetto affiliato “anche nel 2022 e 2023”; b) l’avere il collaboratore di giustizia COGNOME riferito di avere proceduto all’affiliazione di COGNOME “proprio durante i domiciliari a casa” dello stesso ricorrente; c) il caratt neutro del trasferimento in Brasile per essere l’indagato un soggetto che, in ragione del suo coinvolgimento nel traffico di sostanze stupefacenti, era solito viaggiare per il mondo” e per l’essere la documentazione prodotta recente e strumentale; d) l’essere COGNOME un soggetto pregiudicato.
Si tratta di una motivazione viziata.
3.1. Sulla valenza della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. esistono indirizzi giurisprudenziali non omogenei.
Secondo un primo orientamento, formatosi soprattutto in relazione alle c.d. mafie storiche, la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con la prova del recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversib allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività d collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornir dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari. (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286267; in senso conforme, Sez, 5, n. 36389 del 15/07/2019, COGNOME, Rv. 276905;s, Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131; Sez. 5, n. 36389 del 15/07/2019, Rv. 276905; Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268726 01)
Secondo altra impostazione, invece, l’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., proprio in ragione del carattere relativo della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, imporrebbe comunque al giudice un obbligo di motivazione – su impulso di parte o d’ufficio – in ordine alla rilevanza del tempo trascorso anche nel caso in cui non risulti una dissociazione espressa dal sodalizio (Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, Rv. 281273; Sez. 6, n. 6 16867 del 20/03/2018, Rv. 272919); ciò si afferma in quanto il fattore tempo, ove rilevante, assurge a elemento distonico rispetto alla presunzione di perdurante pericolosità dell’indagato ed è destinato ad essere potenzialmente idoneo a vincere la suddetta presunzione (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272; Sez. 6, n. 2112 del 2024) o a rivalere altra situazione idonea a denotare un recesso dello stesso dall’associazione.
3.2. In tale quadro di riferimento, ciò che è utile segnalare è che se è vero che il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 apri 2015, n. 47,può, infatti, rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussist esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. / è altrettanto vero che il riferimento al c.d. tempo silente non assume una valenza astratta, ma deve essere posto in connessione con la concreta fattispecie per cui si procede.
La valenza della dimensione temporale non è cioè fissa, omogenea, sempre uguale a sè stessa, ma necessita di essere conformata rispetto al caso concreto, alla “storia” dell’indagato, alla personalità del soggetto nei cui confronti deve essere compiuta la valutazione sull’adeguatezza della misura cautelare in corso e sulla esistenza di elementi rivelatori del superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
In assenza della prova della rescissione dal sodalizio, il quantum di “prova” necessario per ritenere superata la presunzione indicata è direttamente proporzionale al curriculum criminale del soggetto che invoca detto superamento: non è, ad esempio, irrilevante che l’interessato sia stato o meno già in passato condannato per associazione mafiosa e, posto che si tratti di un soggetto già condannato, che venga in evidenza una nuova manifestazione del medesimo tipo di partecipazione allo stesso sodalizio mafioso, atteso che ciò dimostra uncropensione criminale mafiosa, una componente strutturale di pericolosità che nemmeno la precedente condanna è valsa ad eliminare.
Un soggetto che, dopo essere stato condannato per partecipazione ad associazione mafiosa, manifesti la propria insensibilità ad ogni forma di allontanamento dal contesto (4) criminale pregresso e reiteri lo stesso reato rivela una profonda adesione alla logica ( mafiosa, una perme4zzazione ad essa dell’intera esistenza, un condizionamento perdurante, una influenza tossica che pervade le scelte, le condotte, i comportamenti.
In un contesto di tal genere, in cui il decorso del tempo ha già rivelato la sua incapacità di neutralizzare il pericolo di recidiva, il superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen/ presuppone l’esistenza di elementi significativi, specifici, concreti, di elevata capacità dimostrativa (in tal sen Sez. 6, n. 19787 del 26/03/2019, COGNOME, Rv. 275681).
La questione attiene anche alla difficoltà, rispetto ad una contestazione c.d. ft4.01;v. A.GtstrIA GLYPH (q n “aperta” del reato di associazione di stampo mafioso n rTrdo momefito di commissione del reato associativo per tutti gli indagati, cioè anche per quelli che, alla data emissione del titolo cautelare, sono in stato detentivo da anni o, come nel caso di specie, sono stati per anni detenuti e sono stati rimessi i libertà da poco tempo.
Si tratta di procedimenti penali caratterizzati da un’unica data di commissione del reato e, quindi, da un unico riferimento temporale che vale in maniera fissa per tutti, come se vi fosse la prova che tutti abbiano continuato a far parte dell’associazione.
5.Sul tema, è necessario fare innanzitutto riferimento a Sez. U, n. 48109 del 19/07/2018, COGNOME, con cui la Corte di cassazione ha spiegato come, a fronte di una contestazione unica formulata per una pluralità elevata di destinatari della misura cautelare, la determinazione dell’epoca di commissione del reato deve tenere conto della posizione di ciascun singolo destinatario della misura, atteso che, ad esempio, la stessa indicazione di luoghi di consumazione del reato – per come possono essere individuati nella imputazione provvisoria o, soprattutto, dal contenuto del titolo cautelare, – può sottintendere una pluralità di coordinate spazio -temporali in cui il reato si è perfezionato ed è perdurato per i singoli associati; in tali casi, affermano le Sezioni unite, “ben pu il giudice o comunque l’indagato offrire, una diversa ricostruzione del tempo di commissione del reato”.
Secondo un consolidato orientamento, elaborato soprattutto in tema di associazione di stampo mafioso, al quale il Tribunale mostra di aderire, lo stato detentivo del soggetto non determina la necessaria ed automatica cessazione della sua partecipazione al sodalizio, atteso che la stessa struttura dell’associazione mafiosa – caratterizzata da complessità, forti legami tra gli aderenti e notevole spessore dei progetti delinquenziali a lungo termine – accetta il rischio di periodi di detenzione dei sodali, soprattutto in ruo apicali, alla stregua di un’eventualità che, da un lato, attraverso contatti possibili anch in pendenza di detenzione, non ne impediscono totalmente la partecipazione alle vicende del gruppo ed alla programmazione delle sue attività e, dall’altro, non ne fanno venir meno la disponibilità di quegli stessi associati a riassumere un ruolo attivo alla cessazione del forzato impedimento (fra le molte, Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022- Di COGNOME, Rv. 282661; Sez. 2, n. 8461 del 24/01/2017, De Notari, Rv. 269121) .
Il principio consolidato è che il sopravvenuto stato detentivo dell’indagato non esclude la permanenza della partecipazione dello stesso al sodalizio criminoso, che viene menonon si manca di ripetere – solo nel caso, oggettivo, della cessazione della consorteria criminale ovvero nelle ipotesi soggettive, positivamente acclarate, di recesso o esclusione del singolo associato (cfr., Sez. 1, n. 46103 del 07/10/2014, COGNOME, Rv. 261272).
Si tratta di un ragionamento in astratto condivisibile che, tuttavia, deve essere ulteriormente esplicitato perché necessita di essere adeguato maggiormente al caso concreto e alla fattispecie di volta in volta portata all’esame del giudice.
Si coglie l’esigenza di una ulteriore riflessione al fine di evitare che i principi indi trovino attuazione attraverso accertamenti semplificati.
Un’esigenza già avvertita in qualche occasione dalla giurisprudenza della Corte di cassazione; ci si riferisce a Sez. 1, n. 48211 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 257817, secondo cui, in presenza di un reato permanente nel quale la contestazione sia stata effettuata con formula “aperta”, il provvedimento coercitivo che limita la liberta personale dell’indagato determina una presunzione di interruzione della condotta criminosa, la cui eventuale protrazione deve, pertanto, essere desunta da concreti elementi dimostrativi.
Non è in discussione il principio secondo cui la sopravvenuta detenzione non assume di per sé decisivo rilievo rispetto alla permanenza dell’affectio societatis, ben potendo il fatto associativo essere contestato a soggetti già ristretti in carcere; si tratta, tutta di evitare di “fermarsi” al mero dato formale dell’assenza di forme espresse di dissociazione e di valutare in concreto.
Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati /s a che si voglia ragionare con l’orientamento più rigoroso che, al fine del superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. pro. pen., richiede la prova dell dissociazione, sia che si voglia avere riguardo all’orientamento meno restrittivo di cui si è detto.
Rispetto ad una contestazione di reato associativo indistintamente attribuita a decine di soggetti, senza nessuna differenziazione, e che avrebbe come data di inizio quella di marzo 2016, COGNOME che non pare avere precedenti per associazione mafiosa – è stato detenuto dal 2017 finoal 2023, per sei anni.
In questo lasso temporale, obiettivamente non breve, non è stato indicato nessun elemento dimostrativo del perdurante vincolo associativo: non vi è una dichiarazione di collaboratore di giustizia, non vi sono conversazioni telefoniche tra affiliati in cui sarebbe fatto riferimento all’indagato, non vi sono colloqui in carcere tra il ricorrente i suoi congiunti con cui possano state “passate” informazioni, direttive, ordini; non vi è
un qualsiasi elemento comprovante che l’indagato o i suoi familiari abbiano goduto di quelle tipiche forme di assistenza che le associazioni mafiose assicurano agli associati detenuti.
Il Tribunale ha soltanto richiamato, da una parte, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME che avrebbe parlato del ricorrente come “di un affiliato nel 2022 e 2023” senza però spiegare se il riferimento temporale indicato debba intendersi al momento in cui le dichiarazioni del collaboratore sono state rese ovvero al fatto che ancora in quegli anni COGNOME sarebbe stato intraneo al gruppo mafioso, e, dall’altra, le dichiarazioni del collaboratore COGNOME che avrebbe riferito del rito di affiliazione COGNOME quando questi era agli arresti domiciliari, senza tuttavia indicare quando ciò sarebbe accaduto.
Rispetto ad un vuoto probatorio di anni, il Tribunale ha fatto riferimento alla presunzione di pericolosità e alla necessità che questa sia superata dalla prova positiva del recesso che, tuttavia, non sussisterebbe, non potendo assumere rilievo la circostanza che l’indagato, dopo essere stato detenuto per circa sei anni, rimesso in libertà, si sia trasferito in Brasile.
Anche in questo caso di tratta di una motivazione instabile.
Ciò che infatti non è chiaro è: a) perché sarebbe irrilevante la circostanza che un soggetto affiliato, rimesso in libertà dopo anni di detenzione, si sia trasferito in Brasil b) perché ciò non potrebbe essere espressione di una dissociazione; c) perché il trasferimento in Brasile sarebbe compatibile con la perdurante condotta partecipativa al gruppo mafioso; d) in cosa, il trasferimento sarebbe funzionale al perseguimento delle finalità mafiose del gruppo; e) se quel trasferimento fu concordato con il gruppo, se il gruppo ne fu informato.
Né è decisivo il fatto – peraltro solo astrattamente prospettato dal Tribunale- che COGNOME possa essersi trasferito in Brasile anche per finalità illecite: il tema è superamento della pericolosità sociale del ricorrente rispetto al reato mafioso per cui si procede, tenuto conto che non vi sono nemmeno imputazioni provvisorie relative a reati fine.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata sul punto; il Tribunale applicherà i principi indicati e formulerà un nuovo giudizio quanto alle esigenze cautelari
È inammissibile il secondo motivo di ricorso.
A fronte di un’adeguata trama motivazionale con cui il Tribunale ha spiegato le ragioni, non solo fondate sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, per cui devono ritenersi sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, nulla di specifico è stato dedott
essendosi il ricorrente limitato ad affermazioni generiche senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, corna 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
II15onsigli e estensore
Il Presidente