Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18645 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18645 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONTESARCHIO il 07/11/1970
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME uditi il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME la quale ha depositato memoria scritta e ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del rico nonché l’avv. NOME COGNOME del foro di Avellino per COGNOME NOMECOGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice per il riesame, ha respinto l’appello, proposto nell’interesse di COGNOME NOME (ci. 1970), avverso l’ordinanza con la quale il GIP aveva rigettato l’istanza di sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari, anche elettronicamente presidiata, nell’ambito di un procedimento penale, nel quale egli è chiamato a rispondere di partecipazione a una associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, aggravata ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen., oltre a più reati fine, accuse rispetto alle quali egli è stato nelle more condannato in primo grado alla pena di anni tredici, mesi otto e giorni venti di reclusione, riqualificata la condotta associativa con esclusione del ruolo apicale, elemento quest’ultimo portato a sostegno dell’istanza ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., in ragione del ridimensionamento dello spessore criminale dell’imputato, la cui posizione avrebbe dovuto essere equiparata a quella degli altri sodali non apicali, sin dall’inizio collocati agli arresti domiciliari, rispetto ai quali l’unico elemento di differenziazi (essere cioè il MAGLIOCCA un recidivo) doveva ritenersi superato dall’efficacia deterrente del tempo di detenzione sofferto.
Il Tribunale ha rigettato l’appello richiamando la gravità della condotta del COGNOME, il quale, pur non in posizione apicale, aveva tuttavia svolto un ruolo di spicco nel sodalizio, quale gestore di una piazza di spaccio, con rapporti con i vertici di un sodalizio avente collegamenti con un contesto di tipo camorristico, condotta la cui gravità il giudicante ha tratto anche dall’entità della pena, tale da riflettere un giudizio certamente negativo sull’imputato.
A fronte di tale specifico ruolo, quel giudice ha, dunque, richiamato la doppia presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura infra muraria, ritenendo invariato l’elevato allarme sociale derivante dal contesto nel quale le condotte sono state poste in essere e inadeguata la misura domiciliare, anche elettronicamente presidiata, sul punto precisando che essa non impedirebbe una eventuale trasgressione consistente in contatti con il contesto criminoso di riferimento. Quanto, poi, al diverso trattamento cautelare riservato ad altri sodali, quel giudice ha rilevato che la valutazione deve essere condotta in maniera personalizzata, tenuto conto del diverso contributo di ciascuno e della rispettiva personalità, la posizione dell’appellante essendo più grave, sia avuto riguardo alla maggiore entità della risposta sanzionatoria da parte del giudice della cognizione, tenuto anche conto del maggior numero di reati fine contestatigli, che alla personalità dell’imputato, per il quale soltan è stata contestata o ritenuta la recidiva.
2. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e inosservanza di norme processuali, oltre a vizio motivazionale, in relazione alla valutazione dell’elemento di novità costituito da
ridimensionamento del ruolo associativo dell’imputato, rilevando come la giustificazione dei giudici dell’appello sia manifestamente infondata, laddove hanno ritenuto che detto elemento non influirebbe sulla pericolosità, egli avendo conservato un ruolo di primissimo piano, laddove è evidente il ridimensionamento del suo contributo associativo.
Con un secondo motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al dato della cessazione dell’operatività dell’associazione già da oltre un anno e mezzo prima dell’emissione del titolo cautelare, dal che ha inferito la rescissione di eventuali legami da tempo ancor più risalente, pari a oltre tre anni e sei mesi.
Con il terzo, infine, ha dedotto violazione di legge in ordine alla valutazione del pericolo di reiterazione criminosa, essendo stata valutata la personalità del COGNOME solo alla stregua del titolo di reato, dell’entità della pena individuata dal giudice della cognizione dell’unico precedente penale per spaccio, per il quale il COGNOME, uomo di 54 anni, aveva anche goduto del beneficio della sospensione condizionale della pena, non avendo altri carichi pendenti e trovandosi alla sua prima esperienza carceraria.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato I conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Il Tribunale ha valutato l’incidenza del novum rappresentato dall’intervenuta condanna in primo grado, previa riqualificazione del ruolo del MAGLIOCCA quale partecipe e l’incidenza del tempo in riferimento alle permanenti esigenze cautelari. E, rispetto a tali elementi, ha richiamato la persistenza della doppia presunzione di pericolosità e adeguatezza della misura infra-muraria, procedendo alla valutazione dei dati di novità in relazione alle condotte per le quali il MAGLIOCCA era stato addirittura condannato in primo grado a una pena di una certa entità. Ha, dunque, inferito la perdurante pericolosità dell’uomo da elementi fattuali, neppure contestati nella loro storicità, quali il ruolo concretamente svolto all’interno di un sodalizio altamen pericoloso, siccome legato alla criminalità organizzata locale, l’entità della condanna, le condotte ascritte anche in ragione del numero dei reati-fine, nonché la personalità dell’imputato, unico tra gli accusati per il quale il giudice della cognizione aveva ritenu la recidiva.
Rispetto a tale argomentare, del tutto coerente con il dato normativo, la difesa non ha neppure svolto effettive censure, cosicché tali vizi devono ritenersi proposti in maniera del tutto aspecifica, risultando il ragionamento del Tribunale privo di aporie, incongruenze e delle denunciate manifeste illogicità. Infatti, la difesa ha semplicemente introdotto, con riferimento al percorso motivazionale compiuto dal Tribunale, un vero e proprio dissenso sul merito della decisione, rispetto al quale è però preclusa a questo giudice di legittimit
qualsiasi presa di posizione, trattandosi di valutazione in fatto, sottratta al sindacato d legittimità. Le argomentazioni difensive non hanno evidenziato alcuna aporia nel ragionamento giustificativo del Tribunale, per nulla contraddittorio nell’aver ritenuto l’importanza del ruolo del COGNOME (descritto nell’ordinanza), ancorché non in posizione apicale, avendo richiamato precisi elementi fattuali per affermare la perdurante pericolosità espressa dall’imputato e la adeguatezza della sola misura più afflittiva per salvaguardare l’esigenza special-preventiva.
La decisione, peraltro, è del tutto coerente con i principi in materia: intanto, v considerato che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’ar 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 02, in cui, in motivazione, la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità; Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, V., Rv. 283835 – 01; Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698 – 01, in cui si è precisato che il giudice deve dare conto dell’avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, tipologia del delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla sua risalenza non essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cd. “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo). Con la conseguenza che detta presunzione relativa determina la necessità che il giudice, senza dover dar conto della ricorrenza dei pericula libertatis, si limiti a apprezzare le ragioni della sua esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra quali, in particolare, rilevano sia il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve ess parametrato alla gravità della condotta, sia la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, desumibile da indicatori concreti, quali le attività risocializzanti svolte regime carcerario, volte al reinserimento nel circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali (Sez. 5, n. 806 di 27/09/2023, dep. 2024, S., Rv. 285879 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In ogni caso, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività del associazione criminosa, né alla data ultima dei reati fine, ma ha a oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza (Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME. Rv. 28023 – 01 che riprende Sez. 2, n. 19341 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273435 – 01). Pertanto, la prognosi di pericolosità, in tali ipotesi, postula una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera
rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen
(Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293 – 01).
In ogni caso, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, le c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta
nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurat
della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più
approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, n. 1154, del 11/11/2021, dep.
2022, COGNOME, Rv. 282769 – 01). Infatti, tale requisito indica la continuità del periculum
libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai
fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericol
concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2, n.
6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767 – 01; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022,
COGNOME, Rv. 282991 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero rispetto alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), oltre alla trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 co. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc pen.
Deciso il 15 aprile 2025