Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22059 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22059 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
NOME COGNOME
CC – 04/06/2025
R.G.N. 13022/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME Raffaele nato a SINOPOLI il 19/01/1965 avverso l’ordinanza del 13/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Reggio calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOMECOGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che si riporta alla memoria e chiede che la corte di cassazione voglia dichiarare l’inammissibilità del ricorso. udito l’avvocato COGNOME del foro di Roma in difesa di NOME, presente anche in sostituzione dell’avv.NOME del foro di Reggio Calabria,che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame, ha respinto l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME in atto detenuto perchØ imputato dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa e di estorsione pluriaggravata, avverso il provvedimento reso dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 12 Febbraio 2025, con cui Ł stata respinta la richiesta di sostituzione della misura detentiva con quella degli arresti domiciliari.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, deducendo:
2.1 Violazione degli artt. 274 comma 1 lett. C e 275 cod.proc.pen. per la ritenuta sussistenza ed attualità delle esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, sebbene il fatto criminoso attribuito all’indagato risalga al maggio 2014 e, dopo un lungo periodo ‘silente’ di libertà dell’indagato, protrattosi per oltre quattro anni, in quanto NOME venne tratto in arresto nel 2018, in assenza di condotte sintomatiche di pericolosità sociale; il considerevole lasso di tempo trascorso dal reato contestato Ł giuridicamente rilevante poichØ incide sulla concretezza e attualità del pericolo di recidivae avrebbe dovuto portare la Corte e il Tribunale ad escludere o ridimensionare le esigenze cautelari, nel rispetto dei principi affermati al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale invece non ha attribuito alcun peso al periodo silente e al notevole lasso di tempo trascorso dal reato, limitandosi ad affermare in modo astratto la permanenza delle esigenze cautelari, senza considerare la successiva evoluzione della situazione personale dell’imputato e cioŁ il lungo periodo di libertà e la condotta tenuta durante la detenzione già sofferta.
2.2 Vizio di motivazione per avere fondato la persistenza del pericolo di reiterazione su argomentazioni intrinsecamente contraddittorie, poichØ, pur dando atto che l’estorsione costituisce l’unico titolo cautelare residuo a carico dell’odierno istante, essendo stata dichiarata l’inefficacia della misura relativa al reato di associazione mafiosa, ha basato la valutazione del pericolo su circostanze legate al contesto associativo, ormai estraneo al thema decidendum e ha richiamato la finalità di agevolazione della cosca di appartenenza e la rete di contatti criminali dell’indagato, come elementi
a supporto del giudizio di perdurante pericolosità. Così facendo Ł incorso in insanabile contrasto logico.
Inoltre, l’ordinanza enfatizza la sussistenza della presunzione relativa di pericolosità legata alla contestata aggravante mafiosa, senza considerare che tale presunzione ormai deve ritenersi superata per il decorso del tempo e gli altri elementi allegati dalla difesa.
2.3 Omessa valutazione di elementi decisivi in violazione dell’art. 292 comma 2 lett. C cod.proc.pen. e mancata considerazione della lunga durata della custodia cautelare già sofferta ai fini della possibilità di applicare una misura meno afflittiva quale gli arresti domiciliari in luogo distante dal contesto criminale.
Il Tribunale non ha considerato il lungo periodo di custodia già subito dall’indagato e la concreta disponibilità di una misura alternativa meno afflittiva, che potrebbe garantire in maniera idonea le residue esigenze cautelari, in ragione della lontananza dalla Calabria e con l’imposizione di adeguate cautele quale il braccialetto elettronico.
2.4 Violazione di legge per mancato rispetto dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di esigenze cautelari attenuate dal decorso del tempo. Il collegio del riesame deve dar conto in motivazione degli elementi che concretamente rendono attuale il pericolo e spiegare perchØ il tempo silente debba ritenersi irrilevante mentre nel caso in esame l’ordinanza non menziona tali condizioni e non si confronta con le pronunzie giurisprudenziali in tema.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
I quattro motivi di ricorso censurano sotto diversi aspetti la motivazione del Tribunale del riesame che, condividendo le argomentazioni formulate dalla Corte d’appello, ha motivatamente ribadito il giudizio di perdurante pericolosità, già pronunziato nei confronti di NOME COGNOME in relazione alla condotta estorsiva aggravatadal metodo e dalla finalità mafiosa, relativamente alla quale lo stesso si trova ancora sottoposto a custodia cautelare, e l’assenza di elementi idonei ad incidere ed attenuare il quadro delle esigenze cautelari.
Giova ricordare in questa sede che secondo l’orientamento maggioritario di questa Corte anche in relazione ai reati aggravati dall’art. 416 bis.1 cod. pen. la presunzione relativa di concretezza ed attualità del pericolo di recidiva, che Ł superabile solo dalla prova circa l’affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare, in difetto della quale l’onere motivazionale incombente sul giudice ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen. deve ritenersi rispettato mediante il semplice riferimento alla mancanza di elementi positivamente valutabili nel senso di un’attenuazione delle esigenze di prevenzione. (Sezione 2, n. 7837/2021, del 12/2/2021, COGNOME, Rv 290889; Sezione 5, n. 4321 del 18/12/2020, COGNOME, Rv. 280452 – 01; Sezione 1, n. 23113 del 19/10/2018, COGNOME, Rv. 276316 – 01)
Del resto, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Ł prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., sicchØ, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sezione 5, n. 4950 del 7/12/2021, COGNOME Rv. 282865 – 01; Sezione 2, n. 24313/2024 del 21/572024 non massimata; Sezione 5, n. 4321/2020, cit.).
Anche di recente Ł stato ribadito con riguardo ai reati con aggravante mafiosa, che la presunzione relativa di concretezza e attualità del pericolo di recidiva Ł superabile solo dalla prova circa l’affievolimento o la cessazione di ogni esigenza cautelare, in difetto della quale l’onere motivazionale incombente sul giudice ai sensi dell’art. 274 c.p.p. deve ritenersi rispettato mediante il semplice riferimento alla mancanza di elementi positivamente valutabili nel senso di un’attenuazione
delle esigenze di prevenzione (Sez. II, 21/5/2024 n. 24313).
Quanto alla rilevanza del cosiddetto “tempo silente”, ossia il decorso di un apprezzabile lasso temporale tra l’emissione della misura e la condotta estorsiva contestata, risalente al 2014, il Collegio osserva che la giurisprudenza maggioritaria esclude chetale elemento possa da solo rappresentare prova della rescissione dei legami con il sodalizio criminoso, soprattutto nei casi di associazioni mafiose tradizionali come la ‘ndrangheta in cui, in base alle massime di esperienza di cui si dispone, risulta oltremodo difficile recidere volontariamente e definitivamente il vincolo associativo senza “contraccolpi”. La Corte, perciò, in piø occasioni ha affermato che: “In tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residua/e, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze caute/ari.” (così Sez.2, n.7837 del 12/02/2021, Rv.280889-01; conf. Sez.V, n.16434 del 21/02/2024, Rv. 286267-01; Sez.2, n.6592 del 25/01/2022, Rv.282766-02; Sez.2, n.38848 del 14/07/2021, Rv. 282131-01; Sez.5, n.35848 del 11/06/2018, Rv. 273631-01).
Nel caso in esame, concernente l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetto imputato quale partecipe di una delle mafie storiche, seppure detenuto solo per un delitto estorsivo aggravato ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod.pen., il collegio del riesame ha reso adeguata ed esaustiva motivazione, valorizzando, con argomentazioni aderenti ai principi dianzi enunciati, l’assenza di elementi ulteriori e diversi dalmero decorso del tempo dall’esecuzione della misura custodiale; la sussistenza di numerosi e concreti elementi sintomatici della elevata pericolosità sociale del prevenuto, componente di spicco di un sodalizio mafioso storico; la perdurante ed attuale pericolosità sociale dello stesso, con particolare riguardo allo stabile e risalente inserimento nella ‘ndrina locale, generante un legame inscindibile con la stessa; l’inidoneità di una misura diversa da quella custodiale, ancorchŁ da eseguirsi in luogo diverso da quello di origine, ad arginare la professionale criminalità del prevenuto, inserito nel settore delle estorsioni quale storico componente della omonima cosca.
Come correttamente evidenziato dal Tribunale, oltretutto, il venir meno della misura per il delitto associativo Ł stata determinata dalla perdita di efficacia del titolo per decorso del tempo, ma rimangono invariate le esigenze special-preventive tese al trattamento cautelare residuo.
2. Alla stregua di queste articolate argomentazioni conformi ai principi piø volte ribaditi in tema dalla giurisprudenza di legittimità il ricorso si palesa reiterativo e generico, poichØ ripropone le medesime questioni già superate con argomenti corretti dal Tribunale del riesame.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 04/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME