LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione di pericolosità e tempo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, confermando la custodia cautelare in carcere. La Corte ha stabilito che la presunzione di pericolosità associata a tali gravi reati non viene meno semplicemente per il notevole tempo trascorso dai fatti. L’avvio di un’attività lavorativa lecita non è stato ritenuto sufficiente a dimostrare un reale cambiamento di vita, in quanto l’attività era preesistente alle ultime contestazioni e non provava un distacco definitivo dal contesto criminale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione di pericolosità e tempo: la Cassazione

Quando il semplice trascorrere del tempo è sufficiente a escludere la necessità di una misura cautelare come il carcere? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, affronta un tema cruciale: la presunzione di pericolosità per reati gravi come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che, in questi casi, il cosiddetto ‘tempo silente’ non basta, da solo, a dimostrare che l’indagato abbia reciso i legami con il passato criminale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per la sua presunta partecipazione a un’associazione criminale dedita al traffico di droga, con contestazioni risalenti agli anni 2018-2020. L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà che aveva confermato la detenzione.

La difesa sosteneva che la misura fosse ingiustificata, data la mancanza di attualità delle esigenze cautelari. A sostegno di questa tesi, veniva evidenziato il notevole lasso di tempo intercorso tra i fatti contestati (circa quattro anni) e l’applicazione della misura, un periodo durante il quale l’indagato avrebbe cambiato stile di vita, avviando un’attività lavorativa lecita nel settore del soccorso stradale.

La Questione Giuridica: Attualità della Pericolosità

Il cuore del ricorso si concentrava sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata. Secondo la difesa, i giudici non avevano adeguatamente valutato il tempo trascorso, limitandosi a confermare una presunzione di pericolosità senza verificare la sua concretezza e attualità.

L’argomentazione difensiva puntava a dimostrare che l’acquisto di un carro attrezzi nel 2021 e l’avvio di un’attività lavorativa rappresentassero prove concrete di un percorso di reinserimento sociale, incompatibile con la persistenza di un pericolo di reiterazione del reato. In sostanza, si chiedeva ai giudici di superare la presunzione legale e di valutare la situazione personale dell’indagato nel ‘qui e ora’.

La Decisione della Cassazione sulla Presunzione di Pericolosità

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: per i reati di eccezionale gravità, come quello previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/90 (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), opera una presunzione di pericolosità sancita dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

Questa norma introduce un ‘giudizio semplificato’, invertendo l’onere della prova. Non è l’accusa a dover dimostrare la pericolosità attuale dell’indagato, ma è quest’ultimo a dover fornire elementi concreti e specifici che dimostrino l’assenza di esigenze cautelari o la sufficienza di misure meno afflittive del carcere.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come gli elementi portati dalla difesa non fossero sufficienti a vincere tale presunzione. Anzitutto, la gravità delle condotte contestate, inserite in un contesto criminale strutturato e di stampo mafioso, con una professionalità e continuità che si protraeva fino al 2020, deponeva per un radicamento profondo nel mondo del crimine. La Corte ha inoltre smontato l’argomento del cambiamento di vita, osservando che l’operatività della ditta di soccorso stradale risaliva al 2016, quindi era addirittura precedente ai fatti contestati. Questo, secondo i giudici, neutralizzava qualsiasi valutazione positiva, poiché non rappresentava una rottura con il passato criminale, ma una mera coesistenza di attività lecite e illecite.
Il ‘tempo silente’, cioè il periodo senza nuove contestazioni, pur dovendo essere considerato dal giudice, non può da solo annullare un quadro indiziario che descrive una pericolosità sociale elevata e persistente, derivante dalla natura stessa del reato associativo e dalla caratura criminale dell’indagato.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che per i reati che beneficiano della presunzione di pericolosità, la prova del venir meno delle esigenze cautelari deve essere particolarmente rigorosa. Non basta allegare elementi generici, come lo svolgimento di un’attività lavorativa, soprattutto se questa non segna una netta e inequivocabile cesura con il passato. Il giudizio sulla pericolosità deve tener conto della struttura del sodalizio criminale, del ruolo ricoperto dall’indagato e della sua capacità di continuare a delinquere. In assenza di prove concrete di un reale e definitivo allontanamento dal contesto criminale, la presunzione legale di pericolosità rimane valida e giustifica la misura cautelare più grave.

Il tempo trascorso dai fatti può da solo far decadere la necessità della custodia cautelare in carcere?
No, secondo la sentenza, per reati di particolare gravità come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il semplice decorso del tempo non è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità. Deve essere considerato dal giudice, ma non è di per sé decisivo se non accompagnato da altri elementi che dimostrino un reale cambiamento.

In cosa consiste la presunzione di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p.?
È una presunzione legale per cui, in presenza di gravi indizi di colpevolezza per determinati reati (tra cui quelli di mafia e associazione per traffico di droga), si presume che sussistano le esigenze cautelari e che solo il carcere sia una misura adeguata. L’onere di provare il contrario, fornendo elementi specifici, ricade sull’indagato.

Avere un lavoro lecito è una prova sufficiente per dimostrare di non essere più pericolosi?
No, non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto irrilevante l’attività lavorativa lecita perché era stata avviata prima dei fatti contestati e quindi non dimostrava un allontanamento dal contesto criminale. Per essere efficace, la prova di un cambiamento di vita deve indicare una rottura netta e definitiva con il passato illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati