Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28643 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28643 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a GELA il 09/01/1967
avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria depositata, ha chiesto rigettarsi il ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente NOME COGNOME che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Caltanissetta, con l’ordinanza qui impugnata, ha rigettato l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto nell’interesse del ricorrente NOME COGNOME raggiunto dall’ordinanza genetica in relazione al delitto previsto dall’art. 416-bis cod. pen.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale del riesame non abbia, come richiesto dall’appello, rivalutato le esigenze cautelari e la presunzione correlata, anche in ordine alla necessità della misura estrema, confrontandosi con le condotte concretamente attribuite a Greco, esauritesi nel dicembre 2020 secondo l’ordinanza genetica e conseguenti esclusivamente alla vicinanza di COGNOME, capo della organizzazione
criminale mafiosa, in assenza di elementi ulteriori attestanti il protagonismo di Greco in ambito associativo criminale.
Il Tribunale del riesame, compiendo tale operazione, doveva giungere alla conclusione del superamento della presunzione di sussistenza del pericolo di recidiva, anche in ragione della richiesta di sostituzione della misura cautelare carceraria, avanzata dal Greco, con quella degli arresti domiciliari in provincia di Lodi con controllo elettronico.
Il ricorrente giudica illegittima la motivazione impugnata, denunciando per altro la disparità di trattamento con altri indagati per lo stesso delitto, per i quali RAGIONE_SOCIALE. sostituiva la misura estrema con altra meno afflittiva, il che non avveniva per l’attuale ricorrente.
Il ricorso è stato trattato con l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovato art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integrazioni.
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
L’ordinanza impugnata rileva come a fronte della doppia presunzione, di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura estrema, nulla attesti la rescissione del legame associativo di Greco, non potendo a tanto bastare né decorso del tempo, cd. tempo silente, né l’allontanarsi dal territorio di riferimento, come la richiesta di applicazione degli arresti domiciliari.
A questo riguardo, si impone un inciso, funzionale all’illustrazione dell’attuale assetto della giurisprudenza di legittimità sui rapporti tra il requisit dell’attualità di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) e le presunzioni di cui all’art. 27 comma 3, cod. proc. pen. (con particolare riferimento all’associazione mafiosa) e sul riverbero di detto rapporto sul versante motivazionale dei provvedimenti cautelari, rispetto al quale si registrano due orientamenti oltre una terza direzione ermeneutica di carattere “intermedio”, espressa da Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471, che costituisce altresì un efficace guida per l’illustrazione delle diverse posizioni giurisprudenziali.
Secondo una prima opzione, la presunzione relativa di pericolosità sociale per il partecipe ad associazione mafiosa può essere superata solo quando dagli
elementi a disposizione del Giudice (presenti agli atti o addotti dalla parte interessata) emerga che l’associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa, sicché, in assenza di elementi a favore, sul Giudice della cautela non grava un onere di argomentare in positivo circa la sussistenza o la permanenza delle esigenze cautelari (Sez. 5, n. 26371 del 24/7/2020, COGNOME, Rv. 279470; Sez. 6, n. 19787 del 26/3/2019, COGNOME, Rv. 275681; Sez. 2, n. 7260 del 27/11/2019, dep. 2020, Rv. COGNOME, Rv. 278569; Sez. 5, n. 40206 del 2/7/2018, COGNOME, n. m.; Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180; Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, C., Rv. 274174; Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 273631; Sez. 2, n. 19283 del 03/02/2017, COGNOME, Rv. 270062; Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271855; Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268726; Sez. 5, n. 44644 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268197; Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265986; Sez. 5, n. 38119 del 22/07/2015, COGNOME, Rv. 264727; nonché Sez. 2, n. 26904 del 21/04/2017, COGNOME, Rv. 270626, che opera un distinguo tra mafie storiche e non).
Una specifica declinazione interna dell’orientamento suddetto (Sez. 2, n. 26904 del 21/04/2017, COGNOME, Rv. 270626; Sez. 5, n. 36389 del 15/7/2019, COGNOME, Rv. 276905) ha proposto, talvolta, una distinzione tra “mafie storiche” e quelle che tali non sono, legando unicamente alle prime la presunzione relativa di pericolosità cautelare alla quale non è necessaria la verifica in punto di attualità del pericolo, potendo essere vinta la presunzione solo dalla prova del distacco dal contesto mafioso.
Un diverso orientamento ritiene sussistente un onere motivazionale, incentrato sulla valutazione del requisito dell’attualità, allorché si registri una consistente distanza temporale tra i fatti ed il provvedimento cautelare (Sez. 1, n. 28991 del 25/9/2020, Felice, Rv. 279728; Sez. 5, n. 31614 del 13/10/2020, COGNOME, Rv. 279720; Sez. 1, n. Sez. 1, n. 42714 del 19/7/2019, Terminio, Rv. 277231; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861 – 01; Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270342; Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, COGNOME e altri, Rv. 270738; Sez. 6, n. 20304 del 30/03/2017, COGNOME, Rv. 269957; Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 267995; Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, COGNOME e altri, Rv. 268727).
Esiste, poi, una terza opzione esegetica – che è quella a cui aderisce la sentenza COGNOME e che è stata definita “intermedia” nella relazione di contrasto n. 94 del 2020 a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione – che muove dal rilievo che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale; sicché non vi è un obbligo positivo di motivare circa la ricorrenza dei pericula libertatis, ma occorre soltanto apprezzarne le ragioni di
esclusione evidenziate dalla parte o direttamente evincibili dagli atti; con la precisazione che, tra le ragioni di esclusione suddette, rientra anche il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, a differenza della rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha invece valore determinante nel senso dell’insussistenza delle esigenze cautelari.
E’ cosi che, mentre la dimostrazione del recesso dal sodalizio e della definitiva interruzione dei rapporti dell’interessato con la cosca di appartenenza ha un’incidenza tranchant rispetto al venir meno dell’attualità delle esigenze cautelari, il tempo trascorso – naturalmente in assenza di ulteriori manifestazioni di appartenenza al sodalizio – va valutato in ragione della sua effettiva estensione e del significato che esso può assumere in termini di allontanamento dal contesto delinquenziale rispetto alla gravità degli addebiti – recte, del substrato fattuale alla base dei medesimi – che sono mossi all’indagato.
Ebbene, il Collegio ritiene di aderire a questo terzo orientamento, siccome in grado di comporre i vari indicatori normativi e di operare una valutazione bilanciata che, da una parte, tenga conto della presunzione – ancorché relativa – di sussistenza delle esigenze cautelari e, dall’altra, non paralizzi la valutazione giudiziaria rispetto alla singola vicenda cautelare, quando sia trascorso un considerevole lasso di tempo dai fatti e il detenuto non abbia fatto registrare ulteriori comportamenti indicativi della sua appartenenza alla compagine malavitosa.
D’altra parte, a riprova della peculiarità della valutazione a farsi, giova ricordare che le caratteristiche di persistenza del vincolo associativo ex art. 416bis cod. pen. e la necessità di tenerne conto a fini cautelari sono state nuovamente riconosciute dalla Corte Costituzionale, sia pure al fine di respingere, per manifesta infondatezza, una censura di illegittimità della presunzione non già di sussistenza delle esigenze cautelari, ma di adeguatezza della sola custodia in carcere. Nell’ordinanza n. 136 del 2017, infatti, la Consulta ha ricordato la «specificità del vincolo, che, sul piano concreto, implica ed è suscettibile di produrre, da un lato, una solida e permanente adesione tra gli associati, una rigida organizzazione gerarchica, una rete di collegamenti e un radicamento territoriale e, dall’altro, una diffusività dei risultati illeciti, a sua volta produttiva di accrescimento della forza intimidatrice del sodalizio criminoso». Nell’occasione, la Corte, nel richiamare un proprio precedente (sentenza n. 265 del 2010), ha ricordato che le caratteristiche del vincolo associativo lo rendono capace di permanere inalterato nonostante le vicende personali dell’associato e di mantenerne viva la pericolosità, il che costituisce una traccia esegetica di grande rilievo.
4. Nel caso in esame il Tribunale del riesame cita Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, dep. 17/01/2024, COGNOME, Rv. 285895 – 01, per la quale in tema di misure cautelari, ai fini del superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., anche in relazione al reato di partecipazione ad associazioni mafiose “storiche” deve essere espressamente considerato dal giudice, alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della citata presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra “gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Ma di tale principio in concreto l’ordinanza impugnata non ne fa alcuna applicazione.
Diversamente ritiene il Collegio che spetti al Giudice della cautela la valutazione in concreto, quale è quella richiesta dall’orientamento intermedio: mentre la dimostrazione del recesso dal sodalizio e della definitiva interruzione dei rapporti dell’interessato con la cosca di appartenenza ha un’incidenza tranchant rispetto al venir meno dell’attualità delle esigenze cautelari, ‘il tempo trascorso, naturalmente in assenza di ulteriori manifestazioni di appartenenza al sodalizio, va valutato in ragione della sua effettiva estensione e del significato che esso può assumere in termini di allontanamento dal contesto delinquenziale e ciò rispetto alla gravità degli addebiti, recte, del substrato fattuale alla base dei medesimi che sono mossi all’indagato.
Spetta al tribunale del riesame, quindi tener conto della presunzione, ancorché relativa, di sussistenza delle esigenze cautelari, dovendo però confrontarsi con il trascorrere del lasso di tempo dai fatti, se il detenuto non abbia fatto registrare ulteriori comportamenti indicativi della sua appartenenza alla compagine malavitosa.
Va quindi ribadito che «in tema di custodia cautelare in carcere, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano il fatt “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, e la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha valore determinante nella esclusione della sussistenza delle esigenze cautelari».
Tale indagine in concreto – relativamente al ruolo concreto assunto dall’indagato nella compagine associativa, al grado e alla durata della partecipazione, al rilievo del contributo assicurato alla compagine criminale,
all’intensità del dolo, non è stata compiuta dal Tribunale e pertanto l’ordinanza va annullata sul punto.
5. Diversamente le doglianze da diversità di trattamento fra l’attuale ricorrente e altri indagati non sono fondate, data la peculiarità delle posizioni
cautelari e della gravità degli addebiti, che evidentemente, proprio in forza del principio intermedio testè richiamato, non consentono di comparare situazioni che
quanto a gravità indiziaria e ad esigenze cautelari risultano, evidentemente, correlate alla peculiare situazione di ogni indagato.
6. Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta – Sezione Riesame.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta – sezione Riesame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di
cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 13/06/2025