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Presunzione di pericolosità e mafia: il tempo conta

Un uomo, indagato per associazione di tipo mafioso, si è visto negare la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale: il giudice deve sempre valutare concretamente l’impatto del tempo trascorso dai fatti contestati. Se è passato un periodo di tempo significativo senza ulteriori condotte criminali, la presunzione di pericolosità può essere superata. La Corte ha annullato la decisione precedente, imponendo al Tribunale del riesame una nuova e più approfondita valutazione che tenga conto di questo fattore cruciale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione di Pericolosità e Reati di Mafia: la Cassazione Sottolinea il Peso del Tempo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28643 del 2025, interviene su un tema cruciale della procedura penale: il bilanciamento tra la presunzione di pericolosità per i reati di mafia e il fattore tempo. La Corte stabilisce che il decorso di un considerevole lasso di tempo dai fatti contestati non può essere ignorato dal giudice nella valutazione delle esigenze cautelari, anche di fronte a un’accusa grave come quella di appartenere a un’associazione mafiosa. Questa decisione offre importanti chiarimenti su come l’attualità del pericolo debba essere concretamente verificata.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo indagato per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. I fatti a lui attribuiti si erano esauriti nel dicembre 2020. L’indagato aveva presentato appello al Tribunale del riesame per chiedere la sostituzione della misura carceraria con gli arresti domiciliari, anche con controllo elettronico, in un’altra regione. La difesa sosteneva che, a fronte del tempo trascorso e dell’assenza di ulteriori elementi a carico, la presunzione di pericolosità sociale dovesse considerarsi superata. Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva rigettato l’appello, ritenendo che né il tempo trascorso né l’allontanamento dal territorio di riferimento fossero sufficienti a dimostrare la rescissione del legame con l’organizzazione criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’indagato, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame. Secondo la Suprema Corte, il giudice della cautela ha l’obbligo di effettuare una valutazione concreta e non meramente formale. Sebbene esista una presunzione legale di pericolosità per i reati di mafia, questa non è assoluta. Il Tribunale del riesame, pur citando principi giurisprudenziali corretti, non li ha poi applicati al caso specifico, omettendo di ponderare adeguatamente l’impatto del lungo periodo di “silenzio cautelare”, ovvero l’assenza di comportamenti criminali successivi da parte dell’indagato.

Le Motivazioni: Il bilanciamento tra presunzione di pericolosità e tempo

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’analisi dei diversi orientamenti giurisprudenziali sul rapporto tra la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. e il requisito dell’attualità delle esigenze cautelari.

I tre orientamenti giurisprudenziali

La Corte illustra tre principali approcci interpretativi:
1. Orientamento Rigoroso: La presunzione può essere vinta solo dalla prova positiva che l’associato ha definitivamente tagliato i ponti con il clan. Il solo passare del tempo è irrilevante.
2. Orientamento Garante dell’Attualità: Una notevole distanza temporale tra i fatti e il provvedimento cautelare impone al giudice un onere di motivazione rafforzato per dimostrare che il pericolo è ancora attuale.
3. Orientamento Intermedio (adottato dalla Corte): Questo approccio, definito “bilanciato”, riconosce che la presunzione è relativa. Il giudice non deve dimostrare in positivo l’esistenza del pericolo, ma deve valutare attentamente tutti gli elementi che possano escluderlo. Tra questi, il “tempo trascorso dai fatti” assume un ruolo centrale e deve essere parametrato alla gravità della condotta, al ruolo dell’indagato e all’assenza di ulteriori manifestazioni di appartenenza al sodalizio.

L’approccio “intermedio” e la sua applicazione nel caso di specie

La Cassazione aderisce a questo terzo orientamento, ritenendolo il più idoneo a comporre le diverse istanze normative. Sottolinea che, se da un lato la rescissione totale dei legami con il clan ha un effetto dirompente sull’attualità del pericolo, dall’altro il tempo trascorso, in assenza di nuovi elementi, assume un significato rilevante che il giudice non può ignorare. Il Tribunale del riesame dovrà quindi procedere a una nuova valutazione, confrontandosi specificamente con il lasso di tempo intercorso, la gravità degli addebiti, il ruolo concreto dell’indagato nell’associazione e l’assenza di successivi comportamenti indicatori di una persistente appartenenza al gruppo criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale nel sistema cautelare penale: nessuna presunzione, per quanto forte, può trasformarsi in un automatismo che paralizza la valutazione del giudice. La presunzione di pericolosità non esonera il Tribunale dall’obbligo di motivare in modo concreto e individualizzato, specialmente quando il tempo mette in discussione l’attualità del pericolo di recidiva. Per la difesa, ciò significa che il fattore tempo, unito all’assenza di condotte successive, diventa un’argomentazione potente per contestare il mantenimento delle misure cautelari più afflittive. Per i giudici, rappresenta un richiamo a un’analisi più approfondita e meno ancorata a schemi presuntivi, che deve sempre tenere conto della specificità di ogni singola vicenda umana e processuale.

Il semplice passare del tempo è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità per i reati di mafia?
No, da solo non è automaticamente sufficiente, ma è un fattore cruciale che il giudice deve obbligatoriamente valutare. Il suo peso aumenta in assenza di ulteriori condotte criminali e va parametrato alla gravità dei fatti e al ruolo dell’indagato nell’associazione.

Cosa deve fare il giudice per valutare correttamente la necessità di una misura cautelare quando è passato molto tempo dai fatti?
Il giudice deve compiere un’indagine concreta. Deve confrontarsi con il trascorrere del tempo, verificare se l’indagato abbia tenuto comportamenti indicativi di una persistente appartenenza al clan e valutare questi elementi in relazione al ruolo specifico ricoperto, alla durata della partecipazione e al contributo dato all’organizzazione criminale.

La presunzione di pericolosità sociale per chi è accusato di associazione mafiosa è assoluta?
No, la sentenza chiarisce che si tratta di una presunzione relativa (o “iuris tantum”). Ciò significa che può essere superata da elementi di prova contraria, tra cui rientra anche un significativo lasso di tempo trascorso dai fatti, che il giudice ha il dovere di apprezzare e valutare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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