Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20510 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20510 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
avverso l’ordinanza in data 25/01/2024 del TRIBUNALE DI REGGIO CALA- sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a REGGIO CALABRIA BRIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 25/01/2024 del Tribunale di Reggio Calabria che, in sede di appello, ha confermato l’ordinanza in data 21/12/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria, che aveva rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere per sopravvenuta scadenza dei termini di durata della stessa; la Corte di appello ha rigettato anche l’istanza subordinata di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Deduce:
Inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen..
Con l’unico motivo d’impugnazione il ricorrente sostiene che rispetto alla quantità di pena inflitta a NOME in relazione al reato di associazione mafiosa (pari
a sei anni e otto mesi di reclusione), a fronte di una detenzione cautelare protratta per cinque anni e otto mesi, ossia pari a cinque sesti della pena inflitta, la presunzione di pericolosità non sopravvive in maniera rigida per tutto l’arco della sanzione applicata, dovendo essere modulata in ragione dei parametri di attualità e proporzione.
Precisa che il tribunale sovrappone illogicamente il concetto di pericolosità sociale a quello di pericolosità assoluta, là dove la difesa -in relazione al primo profilo- aveva devoluto elementi soggettivi importanti, non considerati dal giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. Il quesito sotteso al motivo d’impugnazione si rivolge al rapporto intercorrente tra la durata della misura cautelare e la misura della pena inflitta.
A tale riguardo la difesa sostiene che il tempo decorso in regime custodiale, per un tempo assai vicino alla misura della pena inflitta, dovrebbe far venir meno la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in quanto la durata della misura cautelare incide sulla valutazione di adeguatezza della misura cautelare.
La questione, però, è già stata risolta da questa Corte nel senso contrario a quello prospettato dal ricorrente, essendosi affermato che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., con la conseguenza che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo (anche trascorso in esecuzione della misura), i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (così, Sez. 1, Sentenza n. 21900 del 07/05/2021, Rv. 282004 – 01; nello stesso senso, Sez. 2 – , Sentenza n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 02).
Va ulteriormente osservato che la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è stata ritenuto legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 57 del 2013, che ha comunque stabilito che la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere può essere superata quando, in relazione al caso concreto, siano acquisiti elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
Elementi in realtà non rinvenuti dai giudici di merito nel caso in esame.
1.2. Quanto alla doglianza secondo cui il tribunale non avrebbe valutato gli elementi indicati dalla difesa, va rilevato come nel ricorso tali elementi non vengano neanche enunciati, così che il motivo risulta generico e aspecifico sul punto.
Quanto COGNOME esposto COGNOME porta COGNOME alla COGNOME declaratoria COGNOME di COGNOME inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma I ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..
Così deciso il 17/04/2024