Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31287 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31287 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 20/11/1980
avverso l’ordinanza del 07/03/2025 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Procuratore Generale, NOME COGNOME che chiede dichiararsi la inammissibilità del ricorso come da requisitoria scritta. udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, i l Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell’art. 3 09 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di quella stessa città, che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME siccome gravemente indiziato del delitto di cui agli artt. 416bis cod. pen. ( capo 2 della provvisoria incolpazione), per essere state ravvisate le esigenze cautelari di cui
all’ art. 274 lett. a) e c), cod. proc. pen., ricorrendo la duplice presunzione di cui all’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. .
Ricorre per cassazione l’indagato, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME il quale svolge i motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo, ampio, motivo, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di un grave quadro indiziario per il reato associativo.
In particolare, posto che i gravi indizi di colpevolezza sono stati riconosciuti in ragione di una pluralità di elementi, analiticamente individuati dal Giudice per le indagini preliminari, lamenta il ricorrente che l’ordinanza impugnata, nel replicare alle medesime doglianze già prospettate in sede di riesame, avrebbe travisato o erroneamente interpretato tali dati fattuali, per ciascuno dei quali viene fornita, nel ricorso, una alternativa plausibile lettura che porterebbe a escludere la sussistenza della gravità indiziaria circa l’inserimento dello COGNOME nell’ambito del sodalizio mafioso ‘ NOME COGNOME ‘ . Si sostiene che, al più, egli avrebbe agito nell’interesse del cognato, NOME COGNOME, reggente della famiglia mafiosa, del quale è ritenuto, erroneamente, dai giudici di merito, il braccio destro operativo.
2.2. Anche con il secondo motivo sono denunciati violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla concretezza e all’attualità delle esigenze cautelari. In particolare, ci si duole della mancata considerazione di elementi favorevoli, quali la breve durata della condotta ( circa un anno), il ruolo ancillare nei confronti del cognato, l’assenza di pendenze e precedenti, l’attività lavorativa svolta anche fuori dalla Sicilia, tutti elementi che militano per l’assenza del requisito dell’attualità di pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato.
2.Posto che, nella sede cautelare, la pronuncia non è fondata su prove, ma su indizi, e tende all’accertamento, non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza, è anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice della impugnazione dei provvedimenti sulla libertà personale.
2.1. Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia
del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, COGNOME, Rv. 210566; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, Rv. 251761). Secondo il condiviso orientamento di legittimità, infatti, l’ordinamento non riconosce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderare le caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazioni rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice a cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto, nella disamina dell’atto impugnato, alla verifica che il relativo testo sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017 Rv. 270463). l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il apprezzamento –
2.2. In tale ottica, secondo il consolidato orientamento di legittimità, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, anche cui anche quando il linguaggio adoperato dai soggetti intercettati sia criptico o cifrato – non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389); pertanto, ove la motivazione risulti logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). Inoltre, quando il provvedimento impugnato abbia interpretato fatti comunicativi, l’individuazione del contesto in cui si è svolto il colloquio e i riferimenti personali in esso contenuti, onde ricostruire il significato di un’affermazione e identificare
le persone alle quali abbiano fatto riferimento i colloquianti, costituisce attività censurabile in sede di legittimità solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicato tali criteri in modo scorretto (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599).
Poste tali note coordinate ermeneutiche, e dato atto che l’ordinanza impugnata ha stigmatizzato l’evidente parcellizzazione degli elementi indiziari propugnata dalla difesa, il primo motivo è inammissibilmente declinato in fatto, mirando -anche in questa sede ricorrendo a una inammissibile lettura atomistica degli indizi – a una non consentita rivalutazione delle fonti di prova e a una alternativa interpretazione dei fatti.
3.1. Come si è premesso, NOME COGNOME è stato raggiunto dal titolo custodiale per il solo delitto associativo, quale partecipe del clan facente capo al cognato NOME COGNOME essendo il compagno convivente della di lui sorella.
3.2. L a lettura dell’ordinanza genetica e dell’ordinanza impugnata evidenzia come -contrariamente alla tesi difensiva incentrata sulla sussistenza di meri rapporti personali e familiari del ricorrente con NOME COGNOME NOME COGNOME risulti pienamente inserito nell’ambito del sodalizio mafioso, sulla base di un complesso quadro indiziario, di cui sono stati evidenziati plurimi elementi, i quali, apprezzati nella loro globalità e valutati sinergicamente, sono risultati, nel loro insieme, significativi del ruolo assunto dallo COGNOME di braccio destro operativo del cognato.
3.2.1. In particolare, e, in sintesi, sono stati evidenziati i contatti circolari con vari sodali e non solo con il cognato NOME COGNOME, reggente della famiglia mafiosa ‘NOME COGNOME‘; l’attività posta in essere dallo COGNOME nell’agevolare le comunicazioni e gli incontri tra i membri della consorteria; il costante affiancamento del cognato, informato da lui durante la detenzione di tutte le vicende di rilievo; il ruolo ricoperto in occasione degli accadimenti relativi al divieto impartito a NOME NOME di aprire una macelleria concorrente a quella di COGNOME NOME, protetto dal gruppo di appartenenza; il ruolo ricoperto in relazione all’imposizione di prodotti ittici ai ristoranti; il ruolo sia pur defilato ricoperto in occasione della punizione ai danni del La Rosa, per aver leso l’onore di altri sodali; gli innumerevoli incontri con NOME COGNOME e con altri sodali, per risolvere questioni di comune interesse.
3.3. A fronte di tali dati di fatto, il motivo di ricorso reitera doglianze già adeguatamente e correttamente scrutinate dal Giudice di merito, proponendo censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito, senza allegare specifici, inopinabili e decisivi travisamenti di emergenze processuali (Sez. U, n.
12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260), capaci di disarticolare l’intero ragionamento probatorio adottato dai giudici di merito.
3.3.1. L’ordinanza impugnata è, invece, dotata di un apparato motivazionale che, nel suo complesso, non si espone a rilievi di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794), avendo, peraltro, il tribunale distrettuale condotto uno specifico e argomentato scrutinio delle evidenze indiziarie anche alla luce delle censure difensive, puntualmente confutate.
Il secondo motivo -che afferisce al profilo delle esigenze cautelari – è infondato, mancando di una specifica enunciazione delle ragioni, rappresentate dalla difesa al Tribunale del riesame e da questi obliterate, per le quali doveva ritenersi superata la presunzione di pericolosità.
4.1. È opportuno preliminarmente rilevare, con riferimento alla doppia presunzione vigente in materia cautelare con riferimento al delitto in esame, che, quanto alla prima presunzione, in ordine alla valutazione del requisito dell’attualità per i delitti a pericolosità cd. presunta, previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., le differenti sensibilità hanno prodotto, nella giurisprudenza di legittimità, due diversi orientamenti.
4.1.1. Secondo una prima e più condivisibile tesi, la presunzione relativa di pericolosità sociale per il partecipe ad associazione mafiosa, di cui all’attuale dettato dell’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., può essere superata solo quando, dagli elementi a disposizione del giudice (presenti agli atti o addotti dalla parte interessata) emerga che l’associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa, sicchè, in assenza di elementi a favore, sul giudice della cautela non grava un onere di argomentare in positivo circa la sussistenza o la permanenza delle esigenze cautelari (Sez. 2, n. 19283 del 03/02/2017, COGNOME, Rv. 270062; Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271855; Sez. 5, n. 52303 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268726; Sez. 5, n. 44644 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268197; Sez. 1, n. 5787 del21/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265986; Sez. 5, n. 38119 del 22/07/2015, COGNOME, Rv. 264727.
4.1.2. Altra tesi, invece, ritiene che, pur in presenza della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, sia comunque esistente un onere motivazionale, che ovviamente si incentra sulla valutazione del requisito dell’attualità, allorché si registri una consistente distanza temporale tra i fatti e il provvedimento cautelare (Sez. 3 – , n. 6284 del 16/01/2019, Rv. 274861 Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270342; Sez. 6, n. 29807 del 04/05/2017, COGNOME e altri, Rv. 270738; Sez. 6, n. 20304 del 30/03/2017, Sinesi, Rv.
269957; Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 267995; Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, COGNOME e altri, Rv. 268727).
4.2. Quanto alla presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, relativamente al reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, qui rilevante, anche a seguito della legge 16 aprile 2015, n. 47, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. continua a prevedere, accanto alla presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, una presunzione assoluta con riguardo all’adeguatezza della misura carceraria, che, in caso di mancato superamento della presunzione relativa, impone l’applicazione della misura di maggior rigore. (Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017 Rv. 271855; Sez. 5 – , n. 51742 del 13/06/2018, Rv. 275255).
4.2.1 . E’ noto, peraltro, che la duplice dimensione della presunzione è stata ribadita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 231 del 22/07/2011, a proposito dell’associazione finalizzata al narcotraffico, laddove parla, con riferimento alla disciplina precedente alla declaratoria di parziale illegittimità costituzionale pronunciata con la stessa sentenza, di ” una duplice presunzione: relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari; assoluta, quanto alla scelta della misura, reputando il legislatore adeguata, ove la presunzione relativa non risulti vinta, unicamente la custodia cautelare in carcere, senza alcuna possibile alternativa” (§ 3.l.). In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo ‘prova contraria’, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo; tale, cioè, da fondare una valutazione di costante e invariabile pericolo ‘cautelare’, salvo ‘prova contraria’.
4.2.2. Si è altresì chiarito, nella giurisprudenza di questa Corte, che l’antinomia tra l’art. 275, comma 3, e l’art. 274 cod. proc. pen., non può essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della seconda norma, che é generale, laddove la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, è speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sia nella dimensione della ‘sussistenza delle esigenze cautelari’, sia nella dimensione della ‘adeguatezza della custodia in carcere’, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’art. 274 cod. proc. pen., nel senso che l'”attualità” e la “concretezza” delle esigenze cautelari devono intendersi, salvo ‘prova contraria’, insite proprio nel giudizio di astratta e costante ‘pericolosità cautelare’ formulato ex ante dal legislatore (Sez. 3, n. 33051 del
08/03/2016, COGNOME, Rv. 268664: “La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen,. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, caratteri di attualità e concretezza del pericolo”).
Pertanto, non può essere attribuito rilievo a elementi neutri – quale il decorso del tempo – in assenza di elementi concreti dai quali sia possibile desumere l’allontanamento dell’indagato dalle logiche criminali nell’ambito delle quali sono stati commessi i reati per i quali è stato adottato il titolo cautelare. Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (tra i quali, quelli aggravati ai sensi dell’art. 416bis. 1 cod. pen.), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi, salvo ‘prova contraria’ ( recte , salvo che emergano elementi di segno contrario), integrare i caratteri di attualità e concretezza del pericolo. In tal senso, è stato affermato che la presunzione relativa di pericolosità sociale posta dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., come novellato dalla legge n. 47 del 2015, inverte gli ordinari poli del ragionamento giustificativo, nel senso che il giudice che applica o che conferma la misura cautelare non ha un obbligo di dimostrazione in positivo della ricorrenza dei ” pericula libertatis “, ma soltanto di apprezzamento delle ragioni di esclusione, eventualmente evidenziate dalla parte o direttamente evincibili dagli atti, tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione (Sez. l, n. 45657 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 265419; Sez. 1, n. 5787 del 1/10/2015, dep. 2016, Calandrino), sicché, la presunzione relativa di pericolosità sociale in commento può essere superata solo quando, dagli elementi a disposizione del giudice, emerga che l’associato abbia stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa (Sez. 5, n. 52303 del14/07/2016, Rv. 268726; Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, Rv. 273631; Sez. 1 – , Sez. 1 n. 23113 del 19/10/2018 Rv. 276316; Sez. 5 – , n. 51742 del 13/06/2018, Rv. 275255).
Dunque, in presenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto di partecipazione ad un’associazione mafiosa ancora operativa (contestazione aperta), in assenza di eventuali segnali di rescissione del legame del soggetto con il sodalizio criminale, tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione, va applicata in via obbligatoria la misura della custodia in carcere
4.3. Posto che, in tema di custodia cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo
con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, e che il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, COGNOME, Rv. 286267; Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131), si osserva che il Tribunale del riesame si è allineato ai richiamati principi, anche valutando positivamente la concreta sussistenza dei pericula , sulla base dello stretto rapporto fiduciario tra l’indagato e NOME COGNOME, reggente del clan , dell’ intensità del vincolo associativo e dello svolgimento di plurime condotte di natura estorsiva finalizzate alla realizzazione degli interessi comuni , quali ‘ competenze ed esperienze concretamente sfruttabili per la reiterazione di condotte di analogo tenore, sempre funzionali agli scopi dell’associazione ‘ (cfr. ordinanza impugnata pg. 15).
4.3.1. Ancora, l’ordinanza impugnata si è confrontata con i rilievi difensivi, anche dando atto dello scarso rilievo degli elementi prospettati dalla difesa, al fine del superamento della doppia presunzione di pericolosità: la inidoneità di presìdi cautelari domiciliari è stata collegata con insindacabile giudizio di merito, ragionevolmente condotto, al giudizio negativo espresso in merito alle capacità auto-custodiali dello COGNOME, nel rispetto delle prescrizioni accessorie.
Al rigetto del ricorso segue, ex lege , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. Att. Cod. Proc. Pen.
Così deciso in Roma, 23 luglio 2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME