Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16373 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COPERTINO il 08/01/1980
avverso l’ordinanza del 15/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, a seguito di giudizio di appello cautelare, il Tribunale di Lecce ha disatteso la richiesta di sostituzione della misura cautelare in essere (della custodia cautelare) avanzata da COGNOME NOME disposta nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Lecce per le fattispecie di cui agli artt. 73 e 74, in relazione all’art.416 bis.1 cod.pen., d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, fatti in relazione ai quali è intervenuta pronuncia di condanna in primo grado alla pena di anni undici di reclusione.
particolare, il COGNOME, come peraltro evidenziato nell’incidente cautelare pervenuto al giudizio di legittimità, è stato ritenuto gravemente indiziato di avere partecipato ad un’associazione criminosa dedita al commercio di sostanze stupefacenti di varia natura, rivestendo, nella specie, la qualifica di fornitore del sodalizio facente capo a COGNOME NOME, concordando con questi le modalità di fornitura delle provviste, con l’aggravante dell’agevolazione di gruppo mafioso, in quanto i proventi del commercio dello stupefacente erano destinati ad alimentare le risorse finanziarie del clan COGNOME. In
Con riferimento alle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame ha ritenuto che i requisiti di concretezza e di attualità delle esigenze cautelari erano già stati verificati all’esito del procedimento cautelare concernente l’ordinanza genetica, che il ricorrente non aveva dedotto elementi dotati di rilevanza innovativa rispetto alla situazione già esaminata nella fase cautelare e nel giudizio di merito, che sul punto non poteva che trovare espansione la presunzione di doppia adeguatezza riconducibile all’art.275 comma 3 cod.proc.pen., che il COGNOME non era stato in grado di contrastare, e che il diverso trattamento cautelare riservato ad altro dei concorrenti (COGNOME non poteva essere considerato quale elemento distonico e illogico, in quanto contrassegnato da una fisiologico apprezzamento individualizzante mentre, in relazione alla prospettazione di una collocazione domiciliare in area distante dai luoghi in cui l’attività criminosa si era manifestata, ne riconosceva la irrilevanza, in ragione della inidoneità dell’argomento a scalfire la doppia presunzione, tenuto altresì conto della sostanziale inadeguatezza del domicilio indicato a garanzia della reiterazione di condotte criminose.
Quanto agli argomenti difensivi secondo i quali ricorrevano specifici elementi tratti da captazioni telefoniche da cui si palesava una totale dissociazione del COGNOME dal gruppo criminoso, quantomeno dal marzo 2021, e quindi in epoca di gran lunga anteriore a quella in cui era stata disposta la misura cautelare, il giudice dell’appello cautelare ribadiva che la doppia presunzione sopra richiamata era assorbente anche rispetto a tali elementi in quanto la presunzione di pericolosità del prevenuto non si rapporta alla operatività del sodalizio venendo
meno con la cessazione dei reati fine, ma si estende al pericolo di manifestazione della medesima professionalità criminosa che aveva trovato espressione nella collaborazione con il gruppo criminale nell’ambito dei circuiti criminali del narcotraffico, di talchè il tempo silente e la conseguente rescissione dei legami con l’associazione, non poteva costituire di per sé evidenza di superamento della presunzione di pericolosità; sotto diverso profilo assume che le intercettazioni indicate dal ricorrente non avevano carattere univoco a sostegno della cessazione dell’attività criminosa indicando semmai una aspirazione, mentre l’allontanamento da circuiti criminali era comunque contrastato dalla circostanza che, in sede di esecuzione dell’ordinanza coercitiva, al SAPONARO era stata sequestrata una rilevante somma di denaro, da cui traeva argomento a sostegno del perdurante inserimento del prevenuto in ambienti vicini al narco traffico.
4. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME Sandro il quale, con tAn primo motivo di ricorso deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta attualità e permanenza delle esigenze cautelari, nonché in relazione alla riconosciuta assenza di elementi di novità rispetto al quadro cautelare valutato nell’ordinanza genetica, evidenziando che del tutto errata doveva ritenersi l’operazione logica compiuta dal giudice dell’appello cautelare nel riconoscere la doppia presunzione derivante dall’art.275 comma 3 cod.proc.pen. e nel porre in capo al ricorrente l’onere di indicare elementi di novità idonei a superare la suddetta presunzione, laddove una tale valutazione ometteva del tutto di considerare il tempo silente tra la cessazione della condotta antidoverosa da parte del SAPONARO (pacificamente intervenuta nel corso dell’anno 2021), con elisione di qualsiasi relazione con gli altri correi, laddove l’associazione criminale aveva continuato ad operare per oltre due anni, elemento questo riconosciuto rilevante dalla giurisprudenza di legittimità al fine del superamento della presunzione relativa di pericolosità, nonché l’attenuazione delle esigenze cautelari riconosciuta in favore di altro correo, che pure era risultato coinvolto per un più ampio spazio temporale e, in ragione di tali elementi, la sopravvenuta proporzionalità ed adeguatezza di misura cautelare domiciliare in un contesto territoriale del tutto estraneo a quello in cui era maturata la condotta criminosa.
Con una seconda articolazione assume la illogicità della motivazione nella parte in cui il giudice dell’appello cautelare, nel contrastare il prospettato recesso del prevenuto dall’ambiente criminoso mediante allegazione di esiti di intercettazioni telefoniche, aveva utilizzato un argomento del tutto equivoco e non probante quanto la confisca di una rilevante somma di denaro nel corso dell’anno
2023, provvista che poteva essere stata accantonata nel tempo e comunque non indicativa di una attuale realizzazione di attività illecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quat i l -o probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto difettare nell’ appello cautelare proposto i requisiti di novità necessari, avendo la difesa dedotto solo motivi concernenti la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo sez.2, n.18130 del 13 Aprile 2016, Antignano, Rv.266676; sez.6, n.45826 del 27 Ottobre 2021, COGNOME NOME, Rv.282292).
Tale principio appare attagliarsi al caso in specie laddove il procedimento di riesame sul provvedimento cautelare genetico ha confermato la ricorrenza della gravità indiziaria e la sussistenza di esigenze cautelari anche sotto il profilo dell’attualità e della concretezza mentre, nel frattempo, è intervenuta altresì la pronuncia di condanna del COGNOME, che ha acclarato la partecipazione di questi ad un gruppo criminoso operante in un circoscritto ambito territoriale in cui fungeva da stabile fornitore dell’associazione, capeggiata dai COGNOME nella commercializzazione dello stupefacente.
Il principale argomento difensivo prospettato dalla parte ricorrente, che sostiene avere rilievo di novità in quanto non considerato nelle precedenti fasi del procedimento cautelare, è rappresentato dal tempo trascorso dai fatti dal momento dell’adozione della cautela (circa due anni), il quale assumerebbe rilievo, in una prospettiva di assenza o affievolimento delle esigenze cautelari in relazione ai profili di adeguatezza e proporzionalità, se esaminato congiuntamente al diverso trattamento cautelare riservato ad altro correo e alla circostanza di una dimostrata elisione dei collegamenti con il gruppo organizzato, che poi avrebbe proseguito nell’attività illecita anche in diversa composizione, tanto che era seguito un diverso procedimento penale.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della
decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME). Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale è coerente con le risultanze processuali e non risulta manifestamente illogico, sottraendosi al sindacato di questo giudice di legittimità. Il ricorrente ha omesso del tutto di confrontarsi con l’ordinanza impugnata che ha dato atto, con motivazione coerente e logica, che il distacco temporale tra cessazione della condotta criminosa del SAPONARO (Marzo 2021) e l’adozione della misura cautelare (circa due anni), era già stato valutato nel precedente incidente cautelare, e che il giudice dell’appello, nel richiamare la giurisprudenza di legittimità in relazione ad altro associato (IACONO), ha precisato che, in tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. (sez.3, n.16357, del 12/01/2021, PMT c. COGNOME, Rv.181293-01; sez.6, n.5327 del 28/11/2023 n.m.; sez.4, n.3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv.280243-01) e, sotto questo profilo, ha fornito adeguata contezza delle ragioni per la quali ha escluso che dal tenore delle intercettazioni richiamate dal ricorrente, a sostegno di una asserita elisione del vincolo associazione, non si potesse altresì ravvisare un recesso definitivo da circuiti criminali, trattandosi di intercettazioni che andavano contestualizzate, risultando, semmai, indice di una sospensione dell’apporto contributivo al gruppo.
3.1. D’altro canto, il giudice ha affrontato il tema delle esigenze cautelari e la valutazione di proporzionalità e di adeguatezza in termini assolutamente corretti sotto il profilo logico giuridico, tenendo conto in particolare degli indici forniti dalla disposizione normativa di cui all’art.275 comma 1 bis cod.proc.pen. la quale prevede che, contestualmente alla pronuncia di condanna, l’esame delle esigenze cautelari “è condotto tenendo conto dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’art.274 comma I, lett.b) e c)”.
Appare pertanto evidente che non risulta correttamente calibrato l’argomento introdotto nei motivi di ricorso del COGNOME quando contesta al giudice del riesame di essersi limitato a valorizzare il patrimonio indiziario e conoscitivo a carico del prevenuto, omettendo di valutare il lungo decorso del tempo dall’applicazione della cautela e la intervenuta pronuncia di primo grado nei confronti dello stesso.
3.2. In tale prospettiva pertanto il giudice del riesame, uniformandosi alla disposizione di cui all’art.275 comma I bis cod.proc.pen., da un lato ha correttamente considerato l’esito del giudizio con il quale il prevenuto è stato dichiarato colpevole del reato associativo, con il riconoscimento della sua veste di stabile fornitore e di plurimi reati fine e condannato a pena detentiva particolarmente severa (anni undici di reclusione) e dell’altra, nel riconsiderare la personalità del prevenuto in relazione alle concrete modalità di realizzazione dei reati attraverso una serie di collegamenti con il mondo del narcotraffico che garantivano un approvvigionamento di stupefacente in rilevante quantità e con continuità, ha escluso un affievolimento delle esigenze riscontrate nella misura genetica, così da ritenersi superata la doppia presunzione di legge. Al contempo ha fornito motivazione logica delle ragioni per cui non potevano ritenersi elementi di novità, rispetto al quadro cautelare disegnato dal giudice della misura, tanto il diverso trattamento cautelare riservato ad altro correo, in ragione del carattere individualizzante e non trasferibile della valutazione operata sulla esigenze cautelari, quanto la palesata disponibilità di un immobile in area distante dal luogo di commissione del reato, in ragione del carattere assorbente della doppia presunzione, laddove la disponibilità di un domicilio, ove potere eseguire la misura, presuppone comunque il superamento della presunzione concernente la sussistenza delle esigenze cautelari e la presunzione di adeguatezza della misura custodiale.
Il secondo motivo concernente la non conducenza, ai fini della verifica del persistere delle esigenze cautelari, del dato rappresentato dalla disponibilità di una rilevante somma di denaro da parte del SAPONARO al momento della esecuzione della misura, non è in grado di disarticolare il ragionamento operato dal giudice dell’appello cautelare sul fatto che non sia stata, comunque, superata la doppia presunzione prevista dall’art.275, comma 3 dPR 309/90 per le ragioni dianzi indicate, fermo restando l’elemento di forte ambiguità rappresentato dalla disponibilità di una somma di denaro così ingente, pure a fronte di una asserita elisione dei collegamenti con il mondo del narcotraffico.
Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo a favore della Cassa dell’Ammende non ravvisandosi ragioni di esonero di responsabilità. Seguono da dispositivo le statuizioni conseguenti.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle
Ammende. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94 comma 1 ter disp.att.cod.proc.pen..
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
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