Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8009 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Aversa il 24/06/1959, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 06/06/2024,
visti gli atti e la sentenza impugnata;
dato avviso alle parti;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 06/06/2024, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 31/05/2023 del Tribunale di Napoli Nord (che lo aveva condannato alla pena di anni 2 di reclusione), applicava a NOME COGNOME la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione per il reato di cui all’articolo 4 d. lgs. 74/2000 relativo all’anno di imposta 2013.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, in cui lamenta, con un primo motivo, vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del reato, non essendovi prova di avere incassato gli importi di cui alle fatture in rubrica; con il secondo motivo lamenta violazione degli articoli 62bis e 133 cod. pen..
3. Il ricorso Ł inammissibile
Quanto al primo motivo, la giurisprudenza civile della Corte ha ritenuto (Sez. 5, Ord. n. 28253 del 13/09/2022, ric. COGNOME) la sussistenza di una presunzione di incasso della fattura, collegata al principio per il quale la fattura deve essere emessa al momento del pagamento della prestazione.
R.G.N. 34950/2024
Tale presunzione (semplice) può essere vinta dalla prova contraria.
Il ricorrente, tuttavia, non ha fornito la prova della mancata percezione del corrispettivo (relativo a fatture emesse in favore di 53 soggetti diversi), così non vincendo la presunzione relativa di incasso prevista dalla legge, con conseguente genericità della doglianza.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha motivato in modo non illogico sulla impossibilità di riconoscere le stesse in assenza di elementi positivi di valutazione, neppure offerti dall’imputato.
Il Collegio in proposito ribadisce il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
Il motivo Ł quindi generico, non confrontandosi criticamente con la sentenza impugnata.
Quanto alla dosimetria della pena, il ricorrente non si confronta con il costante orientamento di questa Corte secondo il quale poichØ la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione Ł inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, poi, ribadito che «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata Ł necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione).
In altre parole, il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.
Nel caso in esame, la Corte territoriale, nel riformare quella del primo giudice (che l’aveva irrogata nella misura di due anni di reclusione), si attesta non irragionevolmente al di sopra del minimo edittale in ragione della condotta processuale dell’imputato, che ha denunciato lo smarrimento della contabilità per ostacolare l’accertamento del reato, ma comunque in misura inferiore al medio edittale (fissato, all’epoca, in anni due di reclusione).
Il motivo Ł quindi manifestamente infondato.
7. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle
ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME