Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44085 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato in Albania il 04/12/1986
avverso l’ordinanza del 17/05/2024 del Tribunale del riesame di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito il difensore di fiducia di COGNOME Avvocata NOME COGNOME an in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME che ha concluso l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 marzo 2024, il Giudice delle indagini preliminar Roma aveva sostituito la misura cautelare in carcere – emessa il 22 febbraio ed eseguita, a causa della intervenuta latitanza, il 29 febbraio 2024 – appl NOME COGNOME per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990, con qu arresti domiciliari in ragione della rilevata datazione dei fatti al 2019, de
di una associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish e marijuana, operante nella zona di Acilia e Primavalle e dei reati fine a far data dal 2019.
Il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dal Pubblico Ministero, ritenuta assente l’evidenziata datazione dei fatti, irrilevante la circostanza che per altri coimputati fossero decorsi i termini massimi di fase della disposta custodia cautelare, apprezzata la lunga latitanza e connesso pericolo di fuga, evocata la presunzione relativa di adeguatezza e pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ha annullato l’ordinanza e ripristinato la misura custodiale in carcere, sospesa ex art. 310, comma 3, cod. proc. pen..
NOME COGNOME per il tramite del difensore, ricorre avverso la predetta ordinanza deducendo la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Dopo aver ripercorso le vicende processuali che hanno portato all’applicazione della misura cautelare in carcere poi sostituita con quella domiciliare, il ricorrente deduce l’illogicità della motivazione che ha omesso di apprezzare che il ricorrente, nelle more sottoposto agli arresti domiciliari senza la applicazione del “braccialetto elettronico”, aveva mantenuto una condotta rispettosa delle regole impostegli.
Tale evenienza dà conto della concreta adeguatezza della misura domiciliare che il Tribunale ha inteso invece smentire ricorrendo a regole di esperienza fondate su valutazioni meramente congetturali ed insuscettibili di concreta verifica.
Con memoria presentata in data 24 settembre 2024 l’Avvocato NOME COGNOME ribadiva quanto espresso nel ricorso principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che si caratterizza per manifesta infondatezza e genericità, deve essere dichiarato inammissibile.
Privi di concreta censura risultano i motivi che si limitano ad esprimere un mero disappunto rispetto alle conclusioni cui è pervenuto il Collegio della cautela senza efficacemente evidenziare Profili di illeaittimità o di carente motivazione.
Il Tribunale, con motivazione completa e logica, ha dato conto delle ragioni che facevano ritenere non condivisibili le argomentazioni che erano state poste alla base del provvedimento di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella autocustodiale, in quella sede impugnato. L’ordinanza, dopo aver ripercorso le fasi processuali che avevano condotto all’applicazione della misura cautelare in carcere, ha analizzato ed apprezzato il lungo periodo di latitanza del COGNOME che nelle more era stato colpito da un mandato di arresto europeo e poi catturato con documenti falsi. È stato, invero, apprezzato l’immutato quadro cautelare, ponendo però l’accento sull’aggravamento delle esigenze cautelari sotto il profilo del pericolo di fuga.
L’ordinanza ha ritenuto nel complesso inconferenti gli elementi posti a sostegno della attenuazione della misura da parte del Giudice delle indagini preliminari: indifferente è stato ritenuto il tempo trascorso dai fatti, tenuto cont che, a fronte di condotte di reato poste in essere sino alla metà del 2019, la misura era stata emessa nel febbraio del 2022, data in cui il ricorrente si rendeva latitante; è stato ritenuto irrilevante il fatto che altri coimputati fossero ormai li per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare, evenienza che è stata valutata inconferente rispetto alla concreta situazione che riguardava il COGNOME ed alle finalità della misura applicata a salvaguardia delle esigenze cautelari.
Rilevante, quanto all’aggravamento del quadro cautelare sotto lo specifico aspetto del valutato pericolo di fuga, è stato ritenuto il dato relativo alla lung latitanza del ricorrente – accusato di essere a capo di una associazione dedita al narcotraffico – che, all’atto della cattura, era in possesso di documenti di identità falsi asseritamente riconducibili a un cittadino di nazionalità croata.
Corretto risulta, pertanto, il riferimento alla disciplina dell’art. 275, comma 3 cod. proc. pen., che prevede una presunzione relativa sia in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, sia in ordine all’adeguatezza della misura cautelare in carcere, presunzioni che possono essere superate tramite idonee e precise allegazioni da cui possa inferirsi l’assenza del rischio di recidiva, ovvero l’adeguatezza di differente misura.
Conformemente a tale previsione, il Tribunale ha rappresentato quali fossero le esigenze cautelari da salvaguardare, dando conto dell’assenza di elementi di giudizio tali da far ritenere scemate le stesse.
A fronte, pertanto, di motivazione logica e completa, il ricorso risulta privo della precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre a verifica, ‘cnérle determina l’inammissibilità (Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, Cecco, Rv. 246980).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’intervenuta definitività della decisione impone, ex art. 310 comma 3, cod. proc. pen., la comunicazione ad opera della Cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in data 10/10/2024.