LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione di adeguatezza: latitanza e carcere

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro il ripristino della custodia in carcere. La lunga latitanza e l’uso di documenti falsi aggravano il pericolo di fuga, giustificando la presunzione di adeguatezza della misura carceraria, anche se i fatti sono datati. La buona condotta agli arresti domiciliari non è sufficiente a superare tale presunzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione di adeguatezza e latitanza: quando il carcere è inevitabile

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 44085/2024 offre un’importante analisi sulla presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, specialmente in contesti aggravati da una lunga latitanza. Il caso esaminato riguarda un soggetto accusato di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il quale, dopo essere stato latitante per due anni, si era visto ripristinare la misura carceraria dal Tribunale del riesame. La Suprema Corte ha confermato questa decisione, ritenendo il ricorso inammissibile e sottolineando come la condotta dell’imputato avesse aggravato le esigenze cautelari.

I fatti del caso: dalla latitanza al ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel febbraio 2022 per reati legati al narcotraffico risalenti al 2019. L’indagato si rendeva immediatamente latitante, venendo arrestato solo nel febbraio 2024. Successivamente, il Giudice per le indagini preliminari (GIP), considerando il tempo trascorso dai fatti, sostituiva la misura carceraria con gli arresti domiciliari.

Il Pubblico Ministero impugnava tale decisione dinanzi al Tribunale del riesame, il quale accoglieva l’appello e ripristinava la custodia in carcere. Il Tribunale motivava la sua scelta evidenziando la lunga latitanza dell’indagato e il concreto pericolo di fuga, elementi che, secondo i giudici, rendevano inefficace qualsiasi misura meno afflittiva del carcere. Contro questa ordinanza, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione.

La decisione della Corte e la presunzione di adeguatezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno avallato pienamente il ragionamento del Tribunale del riesame, ritenendolo logico, completo e coerente con i principi normativi.

Il ruolo della latitanza e del pericolo di fuga

Il punto centrale della decisione risiede nella valutazione della latitanza. La Corte ha stabilito che un lungo periodo di latitanza, conclusosi con un arresto in possesso di documenti falsi, non è un elemento da sottovalutare. Al contrario, esso rappresenta un fattore che aggrava significativamente il quadro cautelare, in particolare il pericolo di fuga. Questo comportamento dimostra la determinazione del soggetto a sottrarsi alla giustizia, rendendo concreto e attuale il rischio che possa farlo di nuovo.

L’irrilevanza della buona condotta agli arresti domiciliari

La difesa aveva sostenuto che la buona condotta tenuta dall’indagato durante il breve periodo di arresti domiciliari (peraltro senza braccialetto elettronico) dimostrasse l’adeguatezza di tale misura. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto questo argomento insufficiente a superare la gravità degli elementi a carico. La presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale per reati di particolare allarme sociale come l’associazione finalizzata al traffico di droga, può essere superata solo con allegazioni precise e idonee a dimostrare l’assenza di rischi.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una rigorosa applicazione della legge. Il Tribunale del riesame, secondo la Cassazione, ha correttamente valorizzato gli elementi oggettivi: la gravità dei reati contestati (capo di un’associazione dedita al narcotraffico), la lunga latitanza e il possesso di documenti falsi al momento della cattura. Questi fattori, letti insieme, confermano la validità della presunzione di adeguatezza del carcere. La Corte ha inoltre precisato che il tempo trascorso dai fatti (datati 2019) diventa irrilevante di fronte a una condotta di latitanza iniziata nel 2022, poiché è proprio tale condotta a rendere attuali le esigenze cautelari. Anche la liberazione di altri coimputati per decorrenza dei termini è stata considerata una circostanza non pertinente alla specifica e più grave posizione dell’indagato.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la latitanza non è mai una scelta neutra, ma una condotta che aggrava la posizione dell’indagato, rafforzando la necessità di una misura custodiale forte come il carcere. La presunzione di adeguatezza per i reati più gravi non è un mero automatismo, ma un criterio guida che richiede, per essere superato, prove concrete e convincenti della cessazione delle esigenze cautelari. In assenza di tali prove, il pericolo di fuga, dimostrato da un comportamento elusivo e protratto nel tempo, giustifica pienamente il ripristino della custodia in carcere.

Una lunga latitanza può giustificare il mantenimento della custodia in carcere anche se i fatti contestati sono datati?
Sì. Secondo la Corte, la lunga latitanza è un elemento che aggrava il quadro cautelare, in particolare il pericolo di fuga. Questa condotta rende attuale l’esigenza di una misura restrittiva e fa passare in secondo piano il tempo trascorso dai fatti contestati.

La buona condotta durante gli arresti domiciliari è sufficiente a superare la presunzione di adeguatezza del carcere per reati gravi?
No, in questo caso non è stata ritenuta sufficiente. A fronte di un grave quadro indiziario, una lunga latitanza e l’uso di documenti falsi, il Tribunale ha correttamente ritenuto che la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere non fosse stata superata, rendendo la buona condotta agli arresti domiciliari un elemento non decisivo.

Cosa significa “presunzione di adeguatezza” della custodia cautelare in carcere?
Significa che per alcuni reati particolarmente gravi, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la legge presume che il carcere sia l’unica misura cautelare idonea a prevenire pericoli come la fuga o la reiterazione del reato. Questa presunzione può essere vinta solo fornendo prove concrete che dimostrino l’assenza di tali pericoli o l’idoneità di una misura meno afflittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati