Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10509 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10509 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro nel procedimento nei confronti di
NOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia il 03/10/1968
avverso l’ordinanza del 12/11/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento
dell’ordinanza impugnata;
lette le conclusioni scritte degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori dell’imputato, che hanno chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, che sia rigettato
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza emessa il 15/04/2024 dal Tribunale di Vibo Valentia, che aveva rigettato l’istanza di aggravamento della
misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME condannato in esito al giudizio di primo grado alla pena di anni diciotto di reclusione per i reati di cui ai capi A, W, Z, F1.
Avverso tale ordinanza propone ricorso il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro deducendo un unico motivo di annullamento per violazione di legge -in relazione agli artt. 416-bis cod. pen., 274 e 275 cod. proc. pen.- e difetto di motivazione. Premesso che NOME COGNOME è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dal 19/12/2019 e che tale misura è stata sostituita il 07/11/2022 con quella degli arresti domiciliari, attualmente in essere, in relazione alle sue condizioni di salute, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione delle esigenze cautelari. In particolare, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della presunzione di adeguatezza di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. della custodia cautelare per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., né sarebbe applicabile il successivo comma 4-bis in ragione della condizioni di salute del condannato che, pur essendo severe, non sono incompatibili con il regime carcerario. In ogni caso, sussisterebbero eccezionali esigenze cautelari, connesse alla pronuncia di sentenza di condanna per il reato di associazione mafiosa, alla radicata e risalente intraneità alla ‘ndrangheta di NOME COGNOME e all’assenza di qualsiasi forma di resipiscenza.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale e i difensori dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. L’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen. stabilisce che «contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c)».
La pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado a pena elevata può, dunque, fondare il provvedimento di aggravamento della misura cautelare già in atto solo all’esito di una valutazione congiunta ad altri elementi specificamente sintomatici del pericolo di fuga o di recidivanza.
Tra gli elementi oggetto di valutazione, anche ai fini del superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. deve essere espressamente considerato dal giudice, alla luce di una esegesi costituzionalmente orientata della citata presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra “gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, COGNOME, Rv. 285895 – 01).
Qualora, poi, ricorrano le condizioni di cui all’art. 275, comma 4-bis, cod. proc. pen. il giudizio sull’eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari non può fondarsi esclusivamente sulle modalità della condotta e sulla gravità del reato commesso, ma richiede una complessa valutazione, che tenga conto dei precedenti penali e delle pendenze giudiziarie dell’indagato, atta a raggiungere la certezza che lo stesso, ove sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia in carcere, prosegua nella commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede (Sez. 1, n. 20045 del 21/03/2024, Rv. 286535 – 01).
Il Tribunale di Catanzaro ha fatto corretta applicazione di tali principi, rilevando che: a) la partecipazione all’associazione è stata accertata fino al dicembre 2019; b) la condanna di primo grado risale al 20/11/2023; c) in tale arco temporale non risultano collegamenti con il contesto ambientale all’interno del quale sono maturati i fatti, per cui non vi sono elementi da cui desumere la permanenza della adesione al sodalizio dell’imputato. Sotto questo profilo l’ordinanza rileva che il contributo alla associazione non si può risolvere una semplice adesione di tipo ideologico ma deve concretizzarsi in una condotta partecipativa di carattere funzionale e dinamico, come precisato dalle Sezioni Unite Modaffari (sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889).
Il fattore temporale, quindi, è stato ritenuto elemento distonico rispetto alla presunzione di perdurante pericolosità dell’indagato, in assenza di elementi indiziari del persistente collegamento con il sodalizio, destinato, pertanto, a essere potenzialmente idoneo a vincere la suddetta presunzione (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272).
Tale motivazione resiste alle generiche censure contenute nel ricorso, in cui il ricorrente si limita a richiamare la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare e a evidenziare come unico elemento sopravvenuto la sentenza di condanna.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 04/03/2025.