Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12464 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12464 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ANCONA
sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore presente, avvocato COGNOME del foro di MACERATA, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12 dicembre 2023, il Tribunale di Ancona ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 1 novembre 2023 con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale aveva respinto la richiesta di sostituire la misura cautelare della custodia in carcere, applicata al COGNOME per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P ottobre 1990 n. 309, con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Sotto diverso profilo, la difesa rileva che, dopo essersi costituito, COGNOME reso confessione con riferimento alle violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 oggetto di imputazione, ma anche questo elemento di novità è stato illogicamente sottovalutato dall’ordinanza impugnata secondo la quale, poiché limitate ai reati fine, le dichiarazioni confessorie non consentirebbero di ritener le esigenze cautelari attenuate a tal punto da superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Secondo i difensori del ricorrente sarebbe illogico attribuire modesto valore a fini cautelari ad una confessione della quale sia stata riconosciuta la rilevanza. Per sostenere l’inadeguatezza degli arresti domiciliari, infatti, il Tribunale avrebbe dovuto spiegare perché, pur essendosi costituito ed avendo confessato, NOME dovrebbe violare gli obblighi connessi all’esecuzione di una misura non detentiva.
CONSIDERATO IN DIRMO
1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
2. NOME COGNOME è sottoposto a misura cautelare custodiate per i reati di cui agl artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309/90 a far data dal 20 luglio 2023. La misura fu disposta con ordinanza del 24 marzo 2022 (irrevocabile il 15 luglio 2022) ed è stata eseguita dopo un anno, nel corso del quale l’indagato è rimasto latitante. Dall’ordinanza impugnata emerge che COGNOME è gravemente indiziato di aver organizzato e diretto una associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e di aver materialmente contribuito alla realizzazione di numerose e gravi violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 realizzate dal dicembre 2020 all’april 2021. Per questi fatti egli è stato condannato in primo grado, all’esito di giudiz abbreviato, alla pena di anni dieci e mesi otto di reclusione.
La difesa non contesta il grave quadro indiziario né l’esistenza di esigenze cautelari, sostiene tuttavia che tali esigenze potrebbero essere concretamente salvaguardate applicando gli arresti domíciliari con braccialetto elettronico e valorizza in tal senso il dato obiettivo rappresentato dal fatto che, dopo un lungo periodo di latitanza, NOME si è costituito e ha reso confessione con riferimento reati-fine della ipotizzata associazione.
Gli elementi di novità che l’ordinanza impugnata è stata chiamata a valutare sono rappresentati: da un lato, dalla decisione di costituirsi; dall’al dalla confessione. I giudici di merito hanno ritenuto che tali elementi non consentissero di superare la presunzione di esclusiva adeguatezza della misura custodiate prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata richiama in tal senso la prolungata latitanza risultata possibile per NOME, ma non per altri componenti dell’associazione – e soprattutto, «la pluralità, gravità e sistematicità delle condotte illecit posizione di organizzatore e capo dell’associazione, la non comune capacità di gestire ogni aspetto delle operazioni illecite, dall’individuazione dei fornitori distribuzione dello stupefacente, oltre ai rapporti con i sodali». Tali elemen delineano un quadro cautelare di assoluto rilievo e non è illogico aver ritenuto che la confessione, poiché limitata ai soli reati-fine, non lo abbia mutato.
Pur in presenza di una contestazione per violazione dell’art. 74 d.P.R. 309/90, il provvedimento impugnato non si è limitato a richiamare la presunzione relativa di inadeguatezza di misure diverse dalla custodia in carcere, ma ha argomentato in ordine all’inidoneità di una misura gradata, anche
elettronicamente presidiata, a scongiurare il compimento di azioni criminose analoghe a quelle per cui si procede.
Ha sottolineato, infatti, che COGNOME «ha garantito la continuità del sodalizio e sua operatività» e che «la professionalità dimostrata e la propensione alla attività illecita, i plurimi e ragionevolmente mai rescissi contatti con fornitor acquirenti, fondano l’elevatissima probabilità che l’indagato, ove non sottoposto a vincolo custodiale, abbia a reiterare violazioni in materia di stupefacenti».
Si tratta di motivazioni adeguate, non manifestamente illogiche e non contraddittorie che non contrastano con i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in tema di misure cautelari riguardanti il reato associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità n si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, postula una valutazione complessiva che ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293; Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280243).
Secondo la giurisprudenza, peraltro, «quando si procede per un delitto per il quale opera una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della misura carceraria, ai fini della prova contraria, occorrono elementi idonei ad escludere la sussistenza di ragionevoli dubbi posto che la presunzione detta un criterio da applicarsi proprio in caso di ·ncertezza» (Sez. 2, n. 19341 del 21/12/2017, dep.2018, Musumeci, Rv. 273434). Non è illogico aver ritenuto che una confessione resa solo con riferimento ai reati fine, non consenta il superamento di un ragionevole dubbio in ordine all’adeguatezza di misure non detentive e che la scelta di costituirsi non fornisca elementi inequivoci in t senso.
A questo proposito si deve ricordare che la valutazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. e sulla esclusi adeguatezza della misura prescelta è suscettibile di ricorso in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge ovvero nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato sicché non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (fra le tante: Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997).
Nel caso in esame, il Tribunale ha proceduto alla verifica della pericolosità dell’indagato ancorandola a circostanze concrete e mettendo in risalto che egli non ha risolto i vincoli che lo legano al contesto criminale nel quale è maturata l’attività illecita per la quale è già stato condannato in primo grado. Ha forni
dunque adeguata giustificazione in ordine alla ritenuta inidoneità degli domíciliari (pur elettronicamente presidiati) a prevenire il pericolo di reit criminosa.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorren pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Co costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’ar cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni d inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 27 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente