Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15719 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15719 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 12/06/1974
avverso l’ordinanza del 31/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso, come da conclusioni scritte già rassegnate;
l’avv. NOME COGNOME del foro di Catania per COGNOME NOMECOGNOME ha esposto i motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Catania ha rigettato l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di COGNOME NOME, avverso l’ordinanza con la quale era stata applicata al predetto la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e d.P.R. n. 309/1990 (capi 1 e 2 della incolpazione provvisoria), siccome ritenuto uomo di fiducia dei vertici associativi (COGNOME NOME e COGNOME NOME), preposto allo stoccaggio, occultamento, trasporto e distribuzione della droga (marijuana, skunk, cocaina e crack) in due piazze di spaccio del catanese. Il compendio indiziario (costituito da riprese videofilmate, intercettazioni, arresti in flagranza, sequestri di droga, verbali s.i.t. degli acquirenti) è stato ritenuto di sicura gravità, il Tribunale avendo peraltro conto dell’ammissione degli addebiti da parte dell’indagato all’udienza camerale, il gravame avendo a oggetto unicamente le esigenze cautelari, al cui riguardo ha dato conto degli elementi sui quali ha fondato la decisione.
In particolare, quel giudice, nel valutare la posizione del COGNOME, ha affermato che le videoriprese avevano restituito la presenza assidua dell’indagato presso una delle piazze di spaccio e la sua collaborazione incessante nel risolvere problemi legati alla conduzione dell’attività criminale, sotto la supervisione del BUDA, oltre ai suoi rapporti con molti deg indagati, rispetto ai quali lo stesso avrebbe rappresentato un punto di riferimento (come il Tribunale ha inferito, per esempio, dalla circostanza che uno dei sodali gli aveva chiesto informazioni sul proprio turno di “servizio” e il COGNOME gli aveva risposto che ne avrebbe parlato con il BUDA).
In definitiva, il Tribunale ha ritenuto il RAGIONE_SOCIALE pienamente inserito nell’organigramma, con un ruolo intermedio tra i vertici e i pushers del sodalizio, concludendo che egli aveva garantito all’associazione un apporto continuativo, nella evidente consapevolezza di aderire al suo programma criminoso, nonché preso parte a essa in maniera attiva, come comprovato dai dialoghi nei quali era stato direttamente interlocutore, manifestando preoccupazioni per la presenza delle forze dell’ordine e partecipando a concertazioni intese alla massimizzazione dei guadagni, in un’ottica comune.
A fronte di tale specifico ruolo, quel giudice ha, dunque, richiamato la doppia presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura infra muraria, tuttavia argomentando specificamente sul punto, con rinvio alle modalità della condotta, nella specie essendosi trattato di una forma di spaccio, quella cioè su piazza, massimamente pericolosa, sia per il volume dei traffici e degli incassi, tali da alimentare il crimine organizzato, sia avuto riguardo all’indice di pericolosità espresso in
relazione all’inserimento e/o contiguità ad ambienti criminali anche di tipo organizzato. Ha, poi, rilevato che, a fronte di tale ruolo di primo piano e della sua costan partecipazione alla vita del sodalizio, il LA SPINA non esercitava un’attività lavorativ lecita, da ciò inferendo che egli tragga dal crimine, almeno in parte, il su sostentamento, considerando tali elementi di ostacolo al superamento della presunzione richiamata in premessa, giudicando nninusvalente la condizione di incensurato.
La difesa ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge in relazione alla presunzione di adeguatezza della sola misura carceraria: il Tribunale si sarebbe limitato a basare la propria decisione sull’analisi d reato e, quindi, dei gravi indizi, neppure contestati a difesa, da ciò deducendo la prognosi sfavorevole sull’osservanza delle prescrizioni inerenti a una eventuale misura meno afflittiva, laddove il pericolo di reiterazione criminosa deve essere attuale e concreto e relativa prognosi correlata alla situazione esistenziale e ambientale nella quale l’indagato verrebbe a trovarsi nel caso del venir meno della detenzione carceraria.
In particolare, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della collaborazione dell’indagato, il quale all’udienza camerale del riesame aveva ammesso le proprie responsabilità, precisando di non avere avuto più rapporti con il BUDA e con altri co-indagati dal giugno 2022, così manifestando la sua chiara volontà di dissociarsi dal contesto criminale, egli avendo esercitato attività di fabbro, solo le difficoltà correlate al reperimento di lav avendolo spinto a tenere le condotte contestategli.
A ciò la difesa ha aggiunto la sua condizione di soggetto incensurato, pur avendo raggiunto l’età di cinquant’anni e il tempo trascorso dal reato, le condotte riferendosi a periodo novembre 2021-giugno 2022.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Il Tribunale ha correttamente evidenziato la operatività della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., di sussistenza cioè delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, avuto riguardo ai reati oggetto della contestazione provvisoria, tra i quali figura quello previsto dall’art. 74 d.P.R. 309/1990, inserito nell’elenco di quelli per i quali opera detto meccanismo.
Trattasi di previsione prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., con la conseguenza che, ove il titolo cautelar riguardi i reati di cui all’elenco previsto nella norma citata, la presunzione fa riten sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero
decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (sez. 2, n. 6592 de 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 01, in cui in motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione, elementi che, nella specie sono stati ritenuti insussistenti dal tribunale co argomentazioni del tutto congrue e logiche).
Nella specie, il Tribunale, pur avendo richiamato detta presunzione, non si è limitato a ritenerla operativa, eludendo l’obbligo di dar conto delle ragioni per le quali ha ritenuto disattendere le prospettazioni difensive.
Infatti, proprio tenendo conto di esse (ammissione degli addebiti, spazio temporale di commissione delle condotte, asserito allontanamento dal contesto criminoso e tempo silente), ha giustificato la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della sola misura più afflittiva alla luce del ruolo che l’indagato ha ricoperto all’interno sodalizio, della sua manifestata dedizione al raggiungimento delle sue finalità, siccome impegnato assiduamente sul fronte della gestione delle piazze di spaccio, anche quale punto di riferimento per gli altri sodali e di raccordo tra costoro e i vertici associ ponendo in netto risalto l’enorme pericolosità di quel contesto criminale e l’assenza di una stabile occupazione lecita, il tutto deponendo verso il mancato superamento di quella doppia presunzione.
Le argomentazioni difensive, di contro, non hanno evidenziato alcuna aporia nel ragionamento giustificativo del Tribunale, per nulla apodittico e agganciato, al contrario, a precisi elementi fattuali ritenuti motivatamente incompatibili con la pericolosit espressa dall’imputato e con la salvaguardia dell’esigenza special-preventiva, che la sola detenzione domiciliare, pur elettronicamente presidiata, non sarebbe in grado di assicurare.
La decisione, peraltro, è del tutto coerente con i principi in materia: il requis dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. no equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, ch tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, n. 1154, del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769 – 01, in fattispecie in tema di furto aggravato in cui la Corte ha ritenuto che la valutazione de tempo intercorso tra i fatti e la misura cautelare non poteva essere disgiunta da quella della gravità delle condotte evidenziata dalle modalità di commissione del reato e dalla professionalità dimostrata dagli imputati nel gestire l’attività di rivendita dei pezzi veicoli rubati).
Infatti, tale requisito indica la continuità del periculum IThertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la
potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misur cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767 – 01; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero rispetto alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), oltre alla trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc pen.
Deciso il 02 aprile 2025
La Consigliera est.
NOME COGNOME
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