Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29237 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 30/04/1982
avverso l’ordinanza del 11/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catania, in data 11 febbraio 2025, ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. avverso il provvedimento del Gip locale che aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere cui il COGNOME era sottoposto in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/1990, con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari “anche con braccialetto elettronico”.
Avverso il provvedimento è stato proposto ricorso affidato ad un unico motivo con cui si deduce il vizio di motivazione. La difesa lamenta che, con formule di stile, il Tribunale ha rigettato le doglianze espresse, rifacendosi esclusivamente al titolo di reato senza valutare l’ammissione dei fatti da parte del ricorrente che ha spiegato di avere svolto il ruolo di spacciatore e di vedetta solo per ricavarne un modesto profitto, stante la condizione di indigenza in cui versa. Il Tribunale, inoltre, non ha valutato la “circostanza sopravvenuta” data dalla disponibilità di un luogo sito in un comune, quello di Agrigento, distante da quello in cui si sono verificati i fatti (Librino, in provincia di Catania), a riprova della cesura dei rapporti con la totalità degli indagati. Secondo la difesa, al netto della natura del reato, la nozione di pericolosità resta definita anche dal fattore tempo. Nel caso in esame, manca qualsivoglia circostanza sintomatica di un legame effettivo e stabile con l’ambiente criminale, quali denunce o arresti per fatti di criminalità organizzata commessi medio tempore, ossia dal luglio 2022, né sono emersi, dagli atti, elementi idonei a sostenere la presunzione di sussistenza di esigenze cautelari in capo al Licandro. Oltre che in relazione alla attualità delle esigenze cautelari, il provvedimento è carente anche sotto il profilo della scelta della misura in quanto non ispirata al principio del minore sacrificio necessario. 3. Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile
Va innanzitutto ribadito che, in tema di misure cautelari personali, la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, valevole per i reati di cui all’art. 275, c. 3, cod. proc. pen. trova applicazione anche ove sia richiesta la sostituzione della misura (Sez. 3, n.
46241 del 20/9/2022, V., Rv. 283835 che in motivazione ha precisato che la clausola di esclusione prevista dall’art. 299, c. 2, cod. proc. pen. fa ritenere perduranti, per tali reati, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo, sal prova contraria, non desumibile dal solo decorso del tempo).
Ciò posto, va rilevato che il ricorrente non si è compiutamente confrontato con le ragioni della decisione, esaurientemente esposte dal Tribunale nel provvedimento impugnato, oltre che del tutto coerenti con i principi consolidati espressi da questa Corte di legittimità.
A fronte dell’operatività della doppia presunzione di cui all’art. 275, c. 3, cod. proc. pen., nei termini di cui sopra, il Tribunale ha valutato gli elementi indicati dalla difesa (introdotti anche in sede di ricorso), muovendo dall’allarme sociale derivante dalla natura dell’associazione operante nel quartiere di Librino a Catania, sede logistica del sodalizio e dal ruolo di pusher del Licandro, del quale ha evidenziato i precedenti penali e ha inferito la conferma della prognosi negativa attraverso un ragionamento del tutto logico e non contraddittorio che, in quanto tale, si sottrae al vaglio di legittimità.
3. Il Tribunale del riesame, dopo aver premesso che l’ordinanza genetica ha trovato conferma nel procedimento di riesame e che, dunque rimaneva preclusa, per effetto del giudicato cautelare, la rivalutazione dei presupposti fondanti l’ordinanza genetica, in assenza di elementi di novità, ha rilevato, con motivazione esente da censure, che il ricorrente è soggetto pluripregiudicato che risulta stabilmente inserito, con il ruolo di pusher, nell’associazione finalizzata al traffico d stupefacenti capeggiata e gestita da NOME e NOME COGNOME ravvisando, alla stregua del gip che aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura, un elevatissimo e attuale rischio di recidiva.
Ha rammentato il Tribunale che, avuto riguardo al titolo di reato (art. 74 d.P.R. n. 309/1990) si versa in ipotesi di doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, in virtù del disposto di cui all’art. 275, co. 3, cod. proc. pen. e che, richiamando gli argomenti spesi dal gip, detta presunzione non risulta superata né dal tempo trascorso dalla commissione dei reati, ritenuto peraltro esiguo, né dal contenuto asseritamente confessorio recato da una lettera manoscritta che nulla aggiungerebbe al quadro cautelare né, infine, dal diverso luogo indicato come deputato ad accoglierlo in regime di arresti domiciliari avuto riguardo al contesto organizzato e ramificato in cui l’imputato avrebbe operato.
Si tratta di motivazione esauriente e immune da censure che passa in rassegna i plurimi elementi indicativi della sussistenza del rischio di reiterazione dei reati nonché della concretezza e della attualità del quadro cautelare posto a carico del ricorrente.
Il ruolo dinamico assunto dal COGNOME ha indotto il Gip prima e il Tribunale poi a ritenere che, anche ove il predetto fosse collocato agli arresti domiciliari, ancorché in zona geograficamente distante, potrebbe agevolmente riattivare il meccanismo criminale al quale è risultato dedito.
Dal percorso logico argomentativo si evince la ritenuta spiccata pericolosità del COGNOME e la mancanza di elementi tali da far venir meno la doppia presunzione di pericolosità.
Quanto al fattore temporale va rammentato che la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, c. 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.
Ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, c. 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 2, n. 6592 del 25/1/2022, COGNOME, Rv. 282766, in cui in motivazione la Corte ha aggiunto che, in materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, ha valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali atti a determinare un’attenuazione, elementi che sono stati ritenuti insussistenti dal Tribunale con argomenti congrui e logici).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero rispetto alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000), oltre alla trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 c. 1 ter disp. att., cod. proc. pen.
Deciso il 11 giugno 2025
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