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Presunzione custodia cautelare: quando è inammissibile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza che negava gli arresti domiciliari. La Corte ha confermato la validità della presunzione di custodia cautelare per reati di associazione finalizzata al traffico di droga, ritenendo la motivazione del Tribunale del Riesame logica, soprattutto alla luce della pregressa condotta dell’indagato durante una precedente misura restrittiva.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione di Custodia Cautelare: L’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, si è pronunciata su un caso riguardante la presunzione di custodia cautelare per reati di particolare gravità, come l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Questa decisione sottolinea i limiti del controllo di legittimità e ribadisce i criteri rigorosi per superare la presunzione che impone la detenzione in carcere come unica misura adeguata. Analizziamo i dettagli della vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Arresti Domiciliari

Il caso nasce dal ricorso di un indagato contro un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano. Quest’ultimo aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere, respingendo la richiesta di sostituirla con gli arresti domiciliari, anche con frequentazione del Sert (Servizio per le Tossicodipendenze). L’indagato era accusato di far parte di un’associazione dedita al traffico di droga, un reato previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/1990.

La difesa sosteneva che il Tribunale avesse errato nel valutare l’idoneità del domicilio proposto (quello della moglie, persona incensurata ed estranea ai fatti) e che l’organizzazione criminale fosse stata smantellata, eliminando così il rischio di reiterazione. Inoltre, si evidenziava un percorso terapeutico già avviato e positivamente valutato, elementi che, a dire del ricorrente, avrebbero dovuto superare la presunzione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno chiarito che il loro esame è circoscritto alla verifica di eventuali violazioni di legge o di manifesta illogicità nella motivazione del provvedimento impugnato. Non possono, invece, procedere a una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito, in questo caso il Tribunale del Riesame.

Le Motivazioni: La Presunzione di Custodia Cautelare e la Condotta Pregressa

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una presunzione relativa di adeguatezza della sola custodia in carcere per reati di eccezionale gravità, come quello contestato. Ciò significa che spetta alla difesa fornire elementi concreti e specifici per dimostrare che le esigenze cautelari non sussistono o possono essere garantite da una misura meno afflittiva.

Il Ruolo della Prova Contraria

La Corte ha specificato che la prova contraria deve essere solida e convincente. Nel caso di specie, gli elementi portati dalla difesa (il nuovo domicilio, lo smantellamento del gruppo, il percorso terapeutico) non sono stati ritenuti sufficienti a scalfire la valutazione del Tribunale del Riesame.

La Valutazione del Tribunale del Riesame

La Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del Riesame del tutto logica e priva di vizi. In particolare, è stato valorizzato un dato fattuale cruciale: durante un precedente periodo di arresti domiciliari, l’indagato aveva commesso ulteriori attività di spaccio. Questa condotta pregressa è stata considerata un indicatore sintomatico della sua scarsa capacità di rispettare le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria, rendendo quindi inadeguata qualsiasi misura diversa dal carcere.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: per i reati più gravi, la presunzione di custodia cautelare in carcere rappresenta una regola ferrea, superabile solo attraverso la dimostrazione di circostanze eccezionali e concrete. La condotta passata dell’indagato, specialmente la violazione di precedenti misure, assume un peso determinante nella valutazione del giudice. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente prospettare scenari alternativi, ma è necessario fornire prove inconfutabili dell’assenza di pericolosità sociale e della piena affidabilità del soggetto.

Per quali reati si applica la presunzione di custodia cautelare in carcere?
Secondo la sentenza, questa presunzione si applica per reati specificamente indicati dalla legge, tra cui quello di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/1990.

È possibile ottenere gli arresti domiciliari anche quando opera la presunzione di custodia cautelare?
Sì, ma è necessario fornire elementi concreti dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, nel caso specifico, tali esigenze possano essere soddisfatte con misure meno afflittive rispetto alla detenzione in carcere. La prova contraria è a carico dell’indagato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte miravano a una riconsiderazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione. La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale del Riesame fosse logica e coerente, avendo correttamente valutato la condotta pregressa dell’indagato come sintomo di inaffidabilità e di persistente pericolosità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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