Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15945 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15945 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 03/04/1963
avverso l’ordinanza del 10/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME il quale chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
uditi i difensori, avvocati COGNOME e COGNOME i quali concludono insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 ottobre 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha rigettato l’appello presentato, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., da NOME COGNOME – sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere perc gravemente indiziato del reato di partecipazione ad associazione mafiosa avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Cosenza, 1 1 11 giugno 2024, ha respinto l’istanza di sostituzione della misura con altra meno afflittiva.
Il Collegio calabrese, nel condividere le valutazioni espresse dal giudi procedente e ritenere, per contro, l’infondatezza delle obiezioni sv dall’imputato, ha osservato, in punto di gravità indiziaria, che l’istr dibattimentale non ha apportato elementi di novità di rilievo tale da supera giudicato formatosi all’esito dell’applicazione del titolo custodiale.
Al riguardo, ha, specificamente, rilevato:
che l’annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, precedenti ordinanze rese dal Tribunale del riesame ai sensi dell’art. 3 cod. proc. pen., a fronte di altrettante richieste ex art. 299 cod. proc. pen., disattese dal giudice procedente, è circostanza neutra, ai fini qui interessano, perché discesa dall’essere quei provvedimenti affetti vizi motivazionali, ciò che, di per sé, non equivale ad attestar fondatezza delle allegazioni difensive;
che le dichiarazioni rese in aula dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME si palesano coerenti con quelle da lui rilasciate nella fase de indagini preliminari, precipuamente in relazione all’apporto garantito COGNOME alla causa associativa, concretatosi, in primo luogo, nel consent che il luogo ove egli esercitava la propria attività commerciale fos utilizzato quale sede di riunioni riservate aventi ad oggetto gli affari i della cosca;
che attitudine indiziaria deve essere riconosciuta anche alle dichiarazi dibattimentali di NOME COGNOME, riferite all’incontro tra COGNOME e co che, provenendo da Cerignola, si stavano recando presso l’abitazione di NOME COGNOME, e ad altro episodio, in occasione del quale COGNOME era in compagnia di NOME COGNOME;
che, essendo stata compiutamente dimostrata, quantomeno nell’ottica propria del giudizio cautelare e sulla scorta dei contributi di nume collaboratori di giustizia, nonché dei riscontri acquisiti grazie all’atti intercettazione, la sussistenza di stabili e risalenti relazioni tra NOME COGNOME ed autorevoli esponenti di `ndrangheta (e, in particolare,
gruppo COGNOME) dell’area cosentina, gli apporti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME non valgono ad incrinare la solidità delle conclusioni già raggiunte, all’atto dell’emissione del t genetico della misura, in ordine, specificamente, al ruolo svolto da COGNOME in seno al sodalizio, tradottosi nella sistematica concessione dei loc dell’autodemolizione, destinati a fini associativi, e nell’esecuzione compiti ulteriormente demandatigli dai sodali.
Il Tribunale del riesame ha, sotto altro aspetto, mutuato le valutaz espresse dal Tribunale in merito alla persistenza di esigenze cautelari, des anche dalla caratura criminale di COGNOME, a cui carico pende anche al procedimento, nell’ambito del quale è stato condannato, in primo grado, per delitto di estorsione aggravata dal c.d. «metodo mafioso».
In proposito, ha, invece, ritenuto l’inidoneità degli elementi segna dall’imputato – afferenti, da un canto, alla marginalità del ruolo da lui svolto segnalata vicenda estorsiva, tale da giustificare l’applicazione, nei suoi conf di misura non custodiale, e, dall’altro, al contingente stato detentiv maggiorenti della cosca nella quale egli avrebbe militato – a determinare superamento della presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen che, al cospetto di un addebito ex art. 416-bis cod. pen., preclude in radice la sostituzione della misura di estremo rigore con altra meno afflittiva e conse soltanto, in caso di sopravvenuta insussistenza di esigenze cautelari, la re della misura, con contestuale rimessione in libertà di chi vi risulti sottoposto
NOME COGNOME propone, con l’assistenza degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a due motivi – de quali si darà atto, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp, att. cod. proc. p limiti strettamente necessari per la motivazione – con i quali eccepis costantemente, violazione di legge e vizio di motivazione.
3.1. Con il primo motivo, rileva che, successivamente alla formazione de giudicato cautelare, sono intervenuti, sul piano istruttorio, elementi di n incidenti sulla consistenza del quadro indiziario così come su adeguatezza proporzionalità della misura della custodia in carcere.
Osserva, in particolare, che NOME COGNOME, escusso all’udienza del maggio 2024, lo ha escluso dal novero dei partecipi del sodalizio del qual collaboratore di giustizia era stato elemento di spicco e di coloro che avevano lui intessuto rapporti di natura illecita concernenti il commercio di sos stupefacenti.
Aggiunge: che l’incontro con i soggetti che, provenienti da Cerignola, era alla ricerca di Abbruzzese, per come ricostruito dallo stesso collaboratore, è
di valenza indiziaria e frutto, piuttosto, di mera casualità; che nello stesso senso depone la circostanza che egli non prendesse parte alle riunioni svoltesi presso l’esercizio commerciale che, del resto, apparteneva, a partire dal 2005 in via esclusiva, a diversa persona nei cui confronti non è stato formulato addebito di sorta.
Il ricorrente pone, ulteriormente, l’accento sul contributo di NOME COGNOME silente in merito alla sua supposta militanza associativa e, al contempo, latore di informazioni, specificamente in ordine al luogo prescelto dai sodali per dibattere dei temi associativi, idonee a contraddire l’assunto accusatorio, nonché su quelli di NOME COGNOME insignito, in seno alla consorteria, di carica apicale e sicuro nell’escludere che, quantomeno dal 2011 in avanti, egli abbia interagito con il gruppo, e NOME Pellicori, nitido nel circoscrivere ad affari leciti l’oggetto dei rapport con lui instaurati.
3.2. Con il secondo motivo, Casella ascrive, da un lato, al Tribunale del riesame di avere affidato il giudizio su sussistenza ed entità delle esigenze cautelari ad un elemento di scarsa significatività, quale la pendenza per un reato estorsivo, ancora non definitivamente accertato, del quale egli risponde, in atto, in stato di libertà e che appare, comunque, non idoneo a comprovare – tanto più in carenza di precise informazioni in ordine alle condotte da lui poste in essere ed integranti, nel fatti, la partecipazione associativa – il concreto ed attuale pericolo di reiterazione della condotta criminosa.
Segnala, dall’altro, che, a seguito dell’intervento operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 57 del 2013, la presunzione di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere ha assunto connotazione di relatività, onde dovrebbe, in questa sede, prendersi atto del suo superamento, conseguente all’acquisizione delle più recenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Il 10 gennaio 2025 il ricorrente ha deposito copia di due sentenze e di due dispositivi di sentenza, provvedimenti resi dalla Corte di cassazione e, tutti, di annullamento con rinvio di ordinanze rese, nei suoi confronti, dal Tribunale del riesame di Catanzaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel complesso, infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
Preliminarmente, va rilevato che dalla lettura degli atti disponibili e, in particolare, dell’appello presentato da COGNOME avverso l’ordinanza resa ex art. 310 cod. proc. pen. dal Tribunale di Cosenza – la cui motivazione è, ivi, integralmente
riportata – si evince che l’istanza disattesa dal giudice procedente aveva ad oggetto esclusivamente la sostituzione, nei confronti dell’imputato, della custodia in carcere con una misura meno afflittiva e tendeva, quindi, ad un risultato inibito, per espressa previsione di legge, a chi sia stato attinto da misura cautelare perché gravemente indiziato del delitto di associazione mafiosa.
A questo proposito, deve, invero, ricordarsi, anche a confutazione di quanto dedotto da COGNOME con il secondo motivo di ricorso, che la presunzione di esclusiva adeguatezza, oltre che di sussistenza, della custodia in carcere prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – che vincola il giudice all’alternativa tra l’applicazione ed il mantenimento della misura di massimo rigore e l’esclusione, nel caso di positivo apprezzamento dell’insussistenza di esigenze cautelari, di qualsiasi misura cautelare – ha superato, quanto al delitto di associazione mafiosa, il vaglio della Corte costituzionale che, con ordinanza n. 136 del 2017, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, in proposito, dalla Corte di appello di Torino.
Erra, pertanto, il ricorrente nell’invocare, in proposito, il disposto della sentenza n. 57 del 2013, che è pervenuta a diverse conclusioni per la distinta ipotesi in cui il soggetto interessato sia raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in ordine a delitti aggravati dal metodo mafioso o dalla finalità di agevolazione mafiosa.
D’altro canto, posto che, come detto, COGNOME, nell’adire il giudice procedente, aveva chiesto solo la sostituzione, e non anche la revoca, della misura in atto a lui applicata, l’oggetto del giudizio di appello avverso la decisione del Tribunale di Cosenza, a rigore, avrebbe dovuto essere circoscritto, in ragione del limitato effetto devolutivo (in questo senso, cfr. Sez. 2, n. 996 del 18/02/1993, COGNOME, Rv. 194806 – 01; Sez. 4, n. 26629 del 23/07/2020, Giallanza, n.m.), al tema dell’affievolimento del quadro cautelare; ciò che, tuttavia, non è, in concreto, accaduto, atteso che il Tribunale del riesame ha ritenuto di affrontare, in linea con quanto prospettato dall’imputato con l’atto di impugnazione ex art. 310 cod. proc. pen., anche le questioni introdotte da COGNOME ed attinenti alla persistenza di gravi indizi di colpevolezza a suo carico in ordine al contestato delitto di partecipazione ad associazione mafiosa.
Così delimitato l’ambito della cognizione devoluta al Tribunale del riesame e, oggi, alla Corte di cassazione, va ricordato come la giurisprudenza di legittimità abbia da tempo chiarito che, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma della decisione appellata, non è tenuto a rivalutare la sussistenza delle condizioni
legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine agli allegati fatti nuovi, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro indiziario o stricto sensu cautelare (Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569).
L’effetto devolutivo segna quindi i confini del sindacato del Tribunale adito ex art. 310 cod. proc. pen., e, correlativamente, quelli del giudice di legittimità chiamato a controllare il provvedimento emesso in sede di appello.
Nel caso in esame, il tema controverso attiene all’idoneità degli elementi di novità sopravvenuti alla formazione del giudicato ad incidere sulla solidità del quadro indiziario e su entità e pregnanza delle esigenze cautelari.
Il ragionamento svolto, in proposito, dal Tribunale del riesame appare lineare e coerente, perché imperniato, a dispetto di quanto obiettato dal ricorrente, sulla ponderata, complessiva considerazione di tutte le evidenze disponibili.
Il provvedimento impugnato muove, infatti, dal rilievo – ampiamente confortato dalla lettura del verbale allegato al ricorso – che NOME COGNOME, nel rendere deposizione all’udienza del 9 maggio 2024, ha tratteggiato la figura di NOME COGNOME in termini complessivamente sovrapponibili a quelli indicati all’atto dell’applicazione del titolo custodiale e ne ha, in particolare, valorizzato l disponibilità a che l’esercizio commerciale del quale egli, ad onta della formale dismissione della titolarità, era rimasto indiscusso dominus fosse destinato a sede di incontri riservati tra i componenti del sodalizio (rivelandosi quel luogo a ciò adatto perché, in caso di accesso delle forze dell’ordine, sarebbe stato più agevole offrire una alternativa e lecita giustificazione della presenza degli astanti), oltre che il compimento di ulteriore attività di ausilio e raccordo.
Il ricorrente, per contro, pretende di sottoporre a revisione critica l’intero apporto dichiarativo di Abbruzzese a prescindere dal contenuto delle propalazioni originarie, dalla loro eventuale difformità rispetto a quelle acquisite nel contraddittorio dibattimentale, dall’incidenza di eventuali elementi di novità in ottica indiziaria.
Egli, in altre parole, si pone in una prospettiva che, già dal punto di vista metodologico, si connota per assoluta fragilità, in quanto del tutto slegata dal preesistente giudicato cautelare, formatosi con riferimento ad un compendio indiziario che – si legge nel provvedimento impugnato (cfr. pag. 3, quart’ultimo capoverso, e pag. 4, quarto capoverso) – si giova anche dell’apporto di altri collaboratori di giustizia, tra cui NOME COGNOME e dei riscontri acquisiti grazie all’attività di intercettazione.
Lo stesso è a dirsi in relazione alle dichiarazioni rese in dibattimento da NOME COGNOME e NOME COGNOME che il Tribunale del riesame risulta avere debitamente valutato, reputandone, con dovizia di pertinenti argomenti, l’inidoneità a scalfire il preesistente quadro indiziario.
Anche in questo caso, il ricorrente articola la critica alla decisione impugnata senza minimamente considerare le sopra evocate caratteristiche del giudizio di appello, conseguente a rigetto di istanza ex art. 299 cod. proc. pen., disciplinato dall’art. 310 cod. proc. pen. e, quindi, senza preoccuparsi di verificare se ed in quale misura le acquisizioni dibattimentali abbiano inciso sul compendio complessivo, avuto riguardo, tra l’altro: alla costanza delle dichiarazioni rese dai singoli soggetti (COGNOME, COGNOME, COGNOME) nelle diverse fasi del procedimento; alla rilevanza di contributi eventualmente sopraggiunti; alla capacità degli elementi di più recente acquisizione di sovvertire l’esito del giudizio espresso al momento dell’applicazione della misura cautelare della quale è chiesta la revoca.
Né, va, per completezza, osservato, la radicale e strutturale carenza del motivo di ricorso è sopperita dalla produzione documentale di Casella (da stimarsi rituale e tempestiva, applicandosi, nella fattispecie, in forza del richiamo all’osservanza delle «forme previste dall’articolo 127», contenuto nell’art. 311, comma 5, cod. proc. pen., il termine di cinque giorni prima dell’udienza previsto dall’art. 127, comma 2) che afferisce a distinti procedimenti de libertate, nell’ambito dei quali la Corte di cassazione ha ravvisato vizi che non refluiscono in alcun modo sull’oggetto del presente giudizio che, è bene ribadire, si esaurisce nell’apprezzamento della legittimità della decisione con cui il Tribunale del riesame ha ritenuto che l’audizione dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (nonché, secondo quanto segnalato dall’interessato con successiva memoria, NOME COGNOME e NOME COGNOME) non abbia fatto venir meno la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME COGNOME in ordine al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa.
Non dissimili sono le valutazioni che si impongono in relazione alla residua doglianza del ricorrente, concernente le esigenze cautelari, che, come sopra già rilevato, sconta il fallace approccio alla disciplina prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
Pacifico, allora, che alla fattispecie si applica la doppia presunzione contemplata dalla norma testé indicata, deve rilevarsi come Casella si sia astenuto dall’indicare gli elementi e le circostanze che, a suo modo di vedere, ne dimostrerebbero il superamento (in ordine alle condizioni a tal fine necessarie, cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 806 del 27/09/2023, dep. 2024, S., Rv. 285879 – 01;
Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471 – 01; Sez. 2, n. 19283 del
03/02/2017, COGNOME Rv. 270062 – 01) ed abbia, invece, diretto i suoi strali avverso la rilevanza riconosciuta dal Tribunale del riesame alla concomitante
pendenza di altro procedimento penale a suo carico per una estorsione aggravata dal metodo mafioso, elemento che, pur senza che ve ne fosse, stante il richiamato
regime presuntivo, necessità di sorta, è stato valorizzato in termini che, nell’ottica del giudizio di legittimità, appaiono ineccepibili (in ordine alla valorizzazione,
nell’ambito del giudizio sulla personalità, richiesto in materia cautelare dall’art.
274, lett. c), cod. proc. pen., delle eventuali pendenze penali cfr., tra le altre: Sez.
6, n. 45934 del 22/10/2015, COGNOME, Rv. 265069 – 01; Sez. 2, n. 7045 del
12/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258786 – 01; Sez. 6, n. 33873 del
15/07/2008, COGNOME, Rv. 240761 – 01).
6. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo,
cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 17/01/2025.