Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13169 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13169 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 11/05/1985
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Il Procuratore Generale si riporta alla memoria scritta e conclude per il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di MACERATA in difesa di NOME COGNOME la quale, nel riportarsi ai motivi di ricorso, ne chiede l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di MACERATA in difesa di NOME COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza 14.01.2025 il Tribunale del Riesame di Ancona in accoglimento dell’appello della Procura della Repubblica di Ancona ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico applicata a NOME COGNOME dal GUP di Ancona con provvedimento del 16.02.2024 con la custodia in carcere per la ritenuta sussistenza di gravi indizi del reato di cui agli artt 74 e 73 DPR 309/90 cod. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 e 275 cod. proc. pen.
Per migliore comprensione della vicenda occorre riferire che l’ordinanza del GUP, che sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella più attenuata degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, faceva seguito alla sentenza di condanna ad anni dieci e mesi otto di reclusione a seguito di giudizio abbreviato in data 26.07.2024 e che il Gup aveva argomentato sulla base del tempo decorso dall’applicazione della misura e che il sodalizio, a seguito anche delle misure coercitive applicate ai coimputati, era stato disvelato e quindi la pericolosità doveva ritenersi scemata.
Nell’appello la Procura della Repubblica aveva sottolineato che la sentenza di condanna aveva accertato il ruolo di COGNOME di promotore e organizzatore del sodalizio criminoso che aveva operato per diversi anni nel territorio marchigiano, importando ingenti quantitativi di sostanza stupefacente dall’estero e introducendo nel mercato clandestino tonnellate di sostanza stupefacente di diversa tipologia con profitti illeciti di rilevante entità; sottolineava la fitta rete di contatti con i P esteri e invocava la sussistenza della doppia presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen.
Contro l’ordinanza del Tribunale per il riesame il difensore di fiducia di NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso formulando un unico motivo col quale ha dedotto violazione di legge con riferimento agli artt. 274 e 275 comma 3 cod. proc. pen. dolendosi della mancata attualità e concretezza delle esigenze cautelari e della ritenuta presunzione in relazione alla inadeguatezza degli arresti domiciliari.
Il difensore sottolineava che l’ordinanza impugnata non aveva adeguatamente considerato il fattore tempo al fini di ritenere perdurante il giudizio di pericolosità dell’imputato. Il sodalizio criminoso era stato disvelato in epoca anteriore al 28.06.2023 e l’ultimo reato contestato all’imputato risaliva al gennaio 2022 e da tale data non emergevano elementi concreti da cui desumere contatti illeciti con i coimputati. Il ricorrente inoltre aveva ammesso la sua attività di spaccio nel periodo di cui all’Imputazione ed era un soggetto di fatto incensurato, avendo un
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unico precedente per decreto penale. La sentenza di condanna di primo grado aveva escluso l’aggravante della transnazionalità e aveva assolto il ricorrente da 13 capi di imputazione.
Contestava la ritenuta inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari in considerazione del fatto che i contatti tra i coindagati, che erano avvenuti mediante l’apparato Sky ECC, erano cessati da tempo e che le valutazioni del Tribunale del riesame costituivano mere considerazioni astratte non supportate da elementi concreti al pari del pericolo di fuga in quanto l’allontanamento, prima del MAE, di COGNOME dall’Italia per Bruxelles nel 2022 non era connesso all’attività illecita ma ad esigenze familiari concrete e tracciabili.
Lamentava che il Tribunale del riesame non aveva argomentato in relazione alle deduzioni difensive, affermando genericamente che non vi sono elementi per ritenere recisi i contatti illeciti e non ha compiuto una valutazione autonoma rispetto alle istanze di inadeguatezza della misura degli arresti donniciliari sostenuta dal Pubblico ministero appellante.
4. Il Procuratore Generale, ha presentato memoria scritta con cui ha richiesto e illustrato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il motivo, concernente le esigenze cautelari, è infondato.
Invero, è assorbente rilevare che il titolo cautelare concerne il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, in ordine al quale è sancita la “doppia” presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.. In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo “prova contraria”, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo “cautelare”. L”antinomia’ tra l’art. 275, comma 3, e l’art. 273 cod. proc. pen., non può essere risolta, interpretativamente, in favore della prevalenza della seconda norma, che è generale, laddove la prima norma, che sancisce la presunzione relativa, è speciale; secondo il tradizionale criterio interpretativo cronologico lex specialis derogat legi generali, lex posterior generalis non derogat priori speciali, dunque, la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sia nella dimensione della ‘sussistenza delle esigenze cautelari’, sia nella dimensione della ‘adeguatezza della custodia in carcere’, deve ritenersi prevalente sulla norma di cui all’art. 273 cod. proc. pen., nel senso che l’attualità”
e la “concretezza” delle esigenze cautelari deve intendersi, salvo ‘prova contraria’, insita proprio nel giudizio di astratta e costante ‘pericolosità cautelare’ formulato ex ante dal legislatore. Di conseguenza, nel caso in cui il titolo cautelare riguardi i reati indicati nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (tra i quali quelli di cui all’art 74 d.P.R. 309/90), la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari deve ritenersi, salvo ‘prova contraria’ (recte, salvo che emergano elementi di segno contrario), integrare i caratteri di attualità e concretezza del pericolo. In tal senso si è espressa la pressoché unanime giurisprudenza di questa Corte,( ex plurimis Sez. 5 -, n. 4321 del 18/12/2020 Cc. (dep. 03/02/2021) Rv. 280452 – 01 ; Sez. 3, n. 33051 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 268664; Sez. 5, n. 35848 del 11/06/2018, COGNOME, Rv. 273631). Del resto, va rammentato che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del “periculum” è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 27440302).
1.1. Nel caso di specie il Tribunale del riesame ritiene l’adeguatezza della custodia cautelare in carcere sulla base dei seguenti elementi:
la imponenza dell’attività di cessione, vendita e detenzione di sostanza stupefacente posta in essere dall’indagato la cui gravità indiziaria non è contestata;
-il ruolo e la specifica professionalità del ricorrente evidenziata nel contesto associativo delle relazioni interpersonali, funzionali alla stabile e organizzata attività di spaccio del gruppo;
il pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie anche il relazione alla personalità dell’indagato, al ruolo apicale nell’organizzazione criminale, accertato nella sentenza di condanna di primo grado e non contestato dalla difesa nelle sue deduzioni difensive.
Il Tribunale ha anche argomentato con riferimento al tempo trascorso dall’applicazione della misura intramuraria considerandolo scarsamente significativo e non tale da scalfire i solidi legami dell’imputato con i canali di approvvigionamento e la rete dei clienti non essendo emersi né dedotti elementi concretamente positivi in tal senso. Ha, inoltre, valutato il permanere e l’attualità delle esigenze cautelari anche alla luce di quanto previsto dall’art. 275 comma 1 bis cod.proc.pen e il concreto pericolo di fuga in considerazione dell’entità della pena irrogata e dei contatti stabili intrecciati negli anni con i paesi esteri ( come peraltro desumibile anche dal ricorso). ( Cfr anche Sez. 3 – , n. 13632 del 28/02/2020 Cc. (dep. 05/05/2020) Rv. 279379 – 01
La sussistenza delle esigenze di cui all’art. 274, lett. b) e c), c.p.p., in altri termini, deve essere considerata non solo alla luce degli elementi che nel corso delle indagini preliminari sono stati ritenuti insufficienti ma anche di quelli sopravvenuti e costituiti, in particolare, dall’esito del procedimento di primo grado e dalle accertate modalità del fatto.
Dunque, deve riconoscersi, per la natura relativa della presunzione di attualità delle esigenze cautelari, la necessità di valutare la prova contraria, che dovrà discendere da una valutazione complessiva di diversi elementi – quali il fattore temporale, il contesto socio-ambientale, la personalità e le condizioni di vita del soggetto – con l’ulteriore precisazione che una simile operazione valutativa sarà possibile e valida soltanto ove il vincolo associativo criminale sia reciso, poiché, se così non fosse, la presunzione non potrebbe ritenersi superata. Ciò significa che il fattore tempo non può considerarsi, da solo, dirimente, essendo – al pari degli altri elementi – un fattore necessario, ma non sufficiente.
A ciò va aggiunto, sempre in tema di misure cautelari per il reato di cui all’art.74del d.P.R. n. 309 del 1990, che la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività dell’associazione, né alla data ultima dei reati fine dell’associazione stessa, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza (ex multis, Sez. 2, n. 19341 del 21/12/2017, dep. 04/05/2018, Rv. 273435). Si conferma, dunque, la necessità di una valutazione complessiva, che tenga conto dell’eventuale continuità tra reato associativo e reati-fine, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo di uno degli elementi rilevanti, con la conseguenza che la semplice rescissione del vincolo associativo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione di cui sopra.
Alla luce di tali canoni ermeneutici deve escludersi che nel caso in esame si sia verificata violazione di legge avendo il Tribunale del riesame di Ancona, con logica e coerente motivazione, posto in rilievo tutti gli elementi idonei a palesare il più che concreto, fondato ed attuale pericolo che l’ indagato possano commettere altri gravi delitti della stessa specie oltre che l’adeguatezza della misura custodiale in carcere disposta.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va disposta la comunicazione alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Es. cod.proc.pen
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento . delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Es. cod.proc.pen. Così deciso il 18.03.2025