Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27881 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27881 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SESTA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 982/2025 CC – 25/06/2025 R.G.N. 15178/2025
– relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 17/06/1987
avverso l’ordinanza del 15/02/2025 del Tribunale di Roma;
letti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di NOME COGNOME confermandone la custodia cautelare in carcere in relazione al reato di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed a dieci episodi di cessione di cocaina nell’arco di un mese, per un quantitativo complessivo superiore ad undici chilogrammi (capi 110 e 111 dell’incolpazione provvisoria).
Con il ricorso, per lui proposto dal suo difensore, si censura la motivazione del Tribunale in punto di esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della misura carceraria.
2.1. In primo luogo, si lamenta la svalutazione del tempo intercorso tra i fatti e l’applicazione della misura, pari ad oltre cinque anni, nonchØ del percorso di risocializzazione intrapreso durante questo tempo dall’indagato, che lo ha condotto ad ottenere, con riferimento ad una condanna per fatti analoghi e pressochØ coevi a quelli in rassegna, l’ammissione al lavoro all’esterno e, poi, l’affidamento in prova ai servizi sociali.
Considerando, dunque, il minor grado di stabilità che connota l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, l’ordinanza avrebbe dovuto motivare sulla ragione per cui quel percorso rieducativo non sarebbe sufficiente a vincere la presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.: ciò che, però, non avrebbe fatto.
2.2. Si sostiene, poi, la contrarietà alla legge dell’affermazione, contenuta nell’ordinanza, per cui l’ammissione del Tedone a quel percorso rieducativo sarebbe stata possibile soltanto perchØ ai giudici di sorveglianza non sarebbero stati noti i fatti oggetto del presente procedimento: così argomentando, infatti, si opererebbe una non consentita sovrapposizione tra le diverse finalità delle misure alternative alla detenzione e delle misure cautelari.
2.3. Infine, si censura la motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la reticenza mostrata dall’indagato nel corso del suo interrogatorio c.d. ‘di garanzia’ non consentirebbe di ritenerne recisi i legàmi con i contesti criminali di provenienza. Replica il ricorso: che quegli si Ł limitato ad esercitare un proprio diritto fondamentale, non potendo da ciò derivare per lui alcuna conseguenza processuale negativa; che non Ł possibile pretendere dall’indagato una scelta collaborativa; che le ragioni di quel contegno processuale possono anche essere di tutt’altra natura, avendo il Tribunale omesso di considerare una tale eventualità.
Ha depositato la propria requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
4. Il ricorso non Ł fondato.
Seppur con modulazioni differenti, la giurisprudenza di questa Corte – anche quella piø restrittiva: ad es. Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, COGNOME, Rv. 286202 – concorda su un nucleo comune: ovvero che la presunzione legale di esistenza di esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere non può essere vinta sulla base del solo tempo c.d. ‘silente’, il quale, per converso, non può neppure reputarsi indifferente ‘a prescindere’, vale a dire anche nel caso in cui l’interessato adduca, o siano altrimenti ricavabili dagli atti, altri dati di fatto specifici e logicamente compatibili con lo scioglimento del sodalizio o con l’allontanamento dell’indagato da quel contesto criminale (in questo senso, da ultimo, pure Sez. 6, n. 22032 del 13/05/2025, COGNOME, non mass.).
Questa, peraltro, sebbene espressa con termini diversi, Ł stata pure la lettura del Tribunale del riesame.
Ora, non v’Ł dubbio che l’ordinanza, in alcuni suoi passaggi argomentativi, meriti di essere censurata. Tanto dicasi, in primo luogo, per l’affermazione secondo cui l’indagato, nel diverso processo per lui conclusosi con la condanna definitiva, avrebbe ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali soltanto perchØ quei giudici erano all’oscuro dei fatti oggetto di questo procedimento, considerazione che si presenta eccentrica rispetto all’oggetto dell’incidente cautelare, oltre che puramente presuntiva. Così come non può essere valorizzato a discapito dell’indagato il contegno, seppure apertamente reticente, da lui tenuto in sede d’interrogatorio, in quanto pur sempre espressivo di una sua facoltà legittima, poichØ riconosciutagli dall’ordinamento processuale: in tema di misure cautelari personali, infatti, l’esercizio, da parte dell’indagato, della facoltà di non rispondere o di non
collaborare non consente di desumere alcuna prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di commissione di altri reati od altra conseguenza negativa, diversa dall’impossibilità di accedere ad eventuali benefici che possono legittimamente derivare dalla collaborazione (così, tra altre, Sez. 5, n. 39523 del 06/07/2018, COGNOME, Rv. 273887).
I giudici del riesame, però, non si sono fermati a tali considerazioni, avendo ravvisato il pericolo di reiterazione criminosa e ritenuto l’esclusiva adeguatezza della custodia intra moenia sulla base di circostanze non controverse ed indiscutibilmente qualificanti, quali il ruolo fiduciario dell’indagato rispetto ad un trafficante internazionale tuttora latitante, i suoi gravi e specifici precedenti (tutti per transazioni per decine di chili di hashish e marijuana ), nonchØ il procedimento pendente nei suoi confronti per il delitto di cui all’art. 391ter , cod. pen. (introduzione di apparati telefonici all’interno del carcere), avvenuto a settembre 2021, e quindi tale da far ragionevolmente opinare che il tempo intermedio tra i fatti oggetto di giudizio e la relativa ordinanza custodiale propriamente ‘silente’, in realtà, non sia stato.
Complessivamente, quindi, la motivazione dell’ordinanza si sottrae a censura d’incompletezza, contraddittorietà od illogicità, dovendo perciò essere confermata la relativa decisione.
Al rigetto dell’impugnazione segue obbligatoriamente la condanna del ricorrente a sopportarne le spese (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME