Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18454 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18454 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
COGNOME NOME, nata a Sesto San Giovanni il DATA_NASCITA avverso la ordinanza del 29/01/2024 del Tribunale di Caltanissetta, sezione distrettuale per il riesame; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso; udito il difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’annu della impugnata ordinanza.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale per il riesame di Caltanissetta rigettava l’appe proposto, ex art. 310 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza emessa in data 27 dicembre 2023 dal Tribunale di Gela (giudice che procede nel merito), che aveva a sua volta rigettato la novella richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare coercitiva della cust in carcere, in corso di esecuzione nei confronti della ricorrente, valorizzando il consoli quadro di gravità indiziaria (neppure posto in discussione con gli atti di impulso della cat devolutiva) per l’ipotesi di reato associativo di stampo mafioso contestata e ravvisand comunque, in ragione della indifferenza del tempo decorso dall’applicazione della misura, persistente attualità delle esigenze cautelari, già più volte scrutinate, difetto di aliquid novi da poter valutare rispetto al momento genetico della cautela ed al più recente rigetto analoga istanza de libertate.
Si procede in cautela, nei confronti della ricorrente per ipotesi di partecipazione associazione di stampo mafioso, reato contestato in forma perdurante a dimensione cronologica “aperta”.
Con i motivi di ricorso si deduce:
3.1. violazione e falsa applicazione della legge penale, contraddittorietà e manifes illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) spesa in or alla ritenuta concretezza del grado di esigenze cautelari attuali, non presidiabili con la m afflittiva misura di contenimento domiciliare extra regionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
1.1. Va preliminarmente sgombrato il campo dalla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, che il difensore non ha inteso devolvere, con l’istanza rivolta al giudice procede, con l’appello e con i motivi di ricorso, all’esame della giurisdizione incidentale
1.2. Il Tribunale della cautela, ribadito che la sussistenza delle concrete esigenze cautel deriva dalla analisi delle gravi condotte -organizzate nella plurisoggettività- ed itera tempo, ha espressamente evidenziato che, a fronte del decorso di intervallo cronologico assai ristretto dalla precedente valutazione incidentale, nessun elemento concreto di novità, degno di apprezzamento cautelare, veniva rappresentato. Non potendo riconoscersi tale efficacia ad una prospettata contrazione della partecipazione associativa, che non ha perso il profilo organizzativo e strutturale particolarmente allarmante. I profili propos
valutazione del Tribunale risultano pertanto esaminati sulla base di criteri logici line massime di esperienza condivise, tanto da determinare un apparato motivazionale altrettale, esente da vizi sindacabili in questa sede (Sez. 3, n. 7268, del 24/1/2019, 275851; Sez. 6, n. 17314, del 20/4/2011, Rv. 250093).
1.3. Quanto a valutazione di adeguatezza del presidio di massima afflittività, come noto la disciplina processuale di settore stabilisce, all’art. 275 comma 3 del codice di rito presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari quando si procede (tra gli alt per reati ad oggettività giuridica mafiosa (catalogo di cui all’art. 51 comma 3 bis e 3 quater, cod. proc. pen.); ma lascia aperta -in ogni caso- la possibilità di rilevarne la comp insussistenza, mentre la presunzione veste i panni della assolutezza quanto ad adeguatezza della sola restrizione inframuraria (primo periodo del comma 3 dell’art. 275 del codice di rito). La giurisprudenza costituzionale dell’ultimo decennio (solo tra l recenti, sent. 191 del 2020) ha, infatti, più volte ricordato come nei confronti dell’asso è certamente ravvisabile quel vincolo di adesione permanente al gruppo criminale che è in grado di legittimare, sul piano «empirico-sociologico», il ricorso in via esclusiva alla mi carceraria.
1.3.1. Non può quindi sottacersi che il Tribunale della cautela ha, in spirito di consona condivisione della ordinanza genetica, valorizzato il “fatto” che nei confronti della ricor si procede per delitto associativo mafioso, con apprezzamento della gravità indiziaria positivamente scrutinato. Il Tribunale ha inoltre ricordato che da tale contesto associat (assolutamente stabilizzato in quel territorio) la ricorrente non risulta affatto disso mentre il periodo detentivo sofferto, non può spiegare alcun effetto interruttivo risp all’affectio mafiosa. Il Tribunale ha quindi dato atto che non risulta in alcun modo vinta l presunzione assoluta di cui al comma 3 dell’art. 275 cod. proc. pen., il che rende del tut superflua ogni argomentazione in ordine alle ragioni che hanno portato ad escludere ogni possibile favorevole gradazione del presidio unico imposto dalla legge processuale. Misure meno afflittive della custodia in carcere possono, pertanto, essere applicate solo nei ca previsti dall’art. 275, commi 4 e 4-bis, ovvero quando l’indiziata dimostri (a) la neces di accudire i figli che abbiano meno di sei anni, (b) di essere affetta da una malat incompatibile con la detenzione carceraria. Circostanze di fatto neppure adombrate nella fattispecie (da ultimo, Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, COGNOME)
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. pro pen., la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché ravvisandosi per quanto sopra detto ipotesi di colpa nella proposizione dei motivi di ricorso, la condanna de ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila a titolo sanzionatorio.
2.1. Ai sensi dell’art. 94, comma .1 ter, disp. att., cod. p.roc. pen., la condizione detentiva della ricorrente impone al direttore dell’istituto penitenziario di provvedere adempimenti indicati al comma 1 bis della medesima disposizione normativa.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 -co. 1 ter disp. att.- cod. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 aprile 2024.