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Presunzione custodia cautelare: Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per violenza sessuale, confermando la detenzione in carcere. La decisione si fonda sulla presunzione custodia cautelare prevista dall’art. 275 c.p.p. per reati di particolare gravità, ritenendo gli arresti domiciliari una misura inadeguata a contenere il concreto pericolo di reiterazione del reato, data la personalità dell’imputato e la gravità dei fatti.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Presunzione Custodia Cautelare: No ai Domiciliari per Reati Gravi

Con la sentenza n. 33641/2025, la Corte di Cassazione ribadisce la solidità del principio della presunzione custodia cautelare per i reati di particolare allarme sociale, come la violenza sessuale. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la decisione del Tribunale del Riesame di applicare la custodia in carcere anziché gli arresti domiciliari, ritenuti inadeguati a fronteggiare il concreto pericolo di reiterazione del reato.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Detenzione in Carcere

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bari che, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, annullava un precedente provvedimento del GIP. Quest’ultimo aveva sostituito la custodia in carcere con gli arresti domiciliari per un uomo indagato per il delitto di violenza sessuale aggravata (art. 609-bis c.p.) ai danni della figlia minorenne della convivente. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.

I Motivi del Ricorso: Perché si Chiedevano i Domiciliari

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, sostenendo principalmente:

1. Omessa motivazione: Il Tribunale non avrebbe considerato le argomentazioni difensive che evidenziavano un affievolimento delle esigenze cautelari, dovuto all’allontanamento del nucleo familiare della vittima.
2. Violazione di legge: L’analisi del rischio di reiterazione sarebbe stata basata su un pericolo astratto, legato solo alla gravità del reato, senza indicare indici concreti di pericolosità.
3. Illogicità della motivazione: L’incapacità di autocontrollo dell’imputato sarebbe stata desunta dal titolo di reato e non da comportamenti specifici.
4. Errore percettivo: Il Tribunale avrebbe erroneamente considerato un rischio di contatto con la figlia dell’imputato, ignorando che il GIP aveva esplicitamente prescritto il divieto di comunicazione.

La “Doppia Presunzione” e la decisione della Cassazione sulla presunzione custodia cautelare

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’applicazione dell’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una “doppia presunzione” per reati di particolare gravità: si presume non solo la sussistenza delle esigenze cautelari, ma anche l’adeguatezza della sola custodia in carcere a soddisfarle.

La Corte ha chiarito che questa presunzione custodia cautelare è relativa, non assoluta. Ciò significa che può essere superata, ma spetta alla difesa fornire elementi concreti e specifici che dimostrino l’insussistenza delle esigenze o la sufficienza di una misura meno afflittiva. Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, il ricorrente si è limitato a doglianze generiche, senza riuscire a scalfire l’articolata motivazione del Tribunale del Riesame.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e difetto di specificità. Il Tribunale del Riesame aveva, infatti, condotto un’analisi dettagliata e concreta della situazione, basando la propria decisione su una pluralità di elementi:

* Gravità dei fatti: Plurime violenze sessuali, anche con penetrazione, commesse ai danni di una tredicenne.
* Modalità delle condotte: Le violenze avvenivano in casa della vittima o in luoghi appartati, con minacce e dazioni di alcol e regali.
* Contesto degradato: La madre della vittima sminuiva le accuse, creando un ambiente familiare non protettivo.
* Personalità dell’imputato: È stata evidenziata una totale mancanza di autocontrollo e un’inaffidabilità dimostrata dal soddisfacimento dei propri impulsi a discapito di una minorenne.
* Insufficienza dei domiciliari: La misura degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, è stata ritenuta inidonea, poiché si basa su un adempimento spontaneo delle prescrizioni, rispetto al quale l’imputato non offriva alcuna garanzia. Il fatto che alcuni abusi fossero avvenuti in casa, in presenza di altri familiari, rafforzava questa valutazione.

La Corte ha concluso che le argomentazioni del ricorrente non erano in grado di superare la solida motivazione del Tribunale, che giustificava pienamente il mantenimento della misura cautelare più severa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure cautelari per reati gravi. La presunzione custodia cautelare prevista dall’art. 275 c.p.p. non è una formula vuota, ma un criterio guida che impone un onere probatorio aggravato alla difesa. Per ottenere una misura alternativa al carcere, non è sufficiente appellarsi a elementi generici come il tempo trascorso o la disponibilità di un domicilio, ma è necessario fornire prove concrete che dimostrino un effettivo venir meno della pericolosità sociale dell’indagato. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando si applica la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere?
Si applica in presenza di gravi indizi di colpevolezza per specifici reati di particolare allarme sociale, come quelli elencati nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., tra cui rientra la violenza sessuale.

È possibile ottenere gli arresti domiciliari anche quando opera questa presunzione?
Sì, ma solo a condizione che la difesa fornisca elementi di prova concreti e specifici dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, nel caso concreto, tali esigenze possano essere soddisfatte con altre misure meno afflittive del carcere. L’onere di fornire tale prova è a carico della difesa.

Perché la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso in questo caso?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le argomentazioni della difesa sono state ritenute generiche e non in grado di contestare efficacemente la motivazione dettagliata e logica del Tribunale del Riesame, che aveva ampiamente giustificato la necessità della custodia in carcere basandosi sulla gravità dei fatti, la personalità dell’imputato e l’elevato e concreto pericolo di recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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