Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2536 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2536 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Casarano in data DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di Lecce – Sezione del riesame in data
4/08/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, conformemente alla requisitoria scritta già depositata;
udito, per l’indagato, l’AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 4 agosto 2023, il Tribunale di Lecce – sezione del riesame ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il 7 luglio 2023 la Corte di appello di Lecce aveva rigettato l’istanza, formulata ex art. 299 cod. pen. pen., di applicazione degli arresti domiciliari anche con il dispositivo del braccialetto elettronico, in sostituzione della
misura della custodia in carcere disposta con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce in data 31 maggio 2017, in quanto gravemente indiziato dei delitti di: associazione di stampo mafioso pluriaggravata (capo A); tentato omicidio pluriaggravato (capo B) e detenzione e porto d’armi (capo B1); associazione pluriaggravata finalizzata al traffico di stupefacenti (capo C) e detenzione e trasporto di stupefacenti in continuazione ai fini di spaccio (capo C1). Il Tribunale del riesame ha ritenuto che non configurassero alcun elemento di significativa novità le circostanze allegate dalla difesa, quali: il sopravvenire della pronuncia di legittimità che aveva annullato la sentenza di secondo grado limitatamente al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. contestato al capo A) e all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 contestata al capo C) in relazione al delitto previsto dall’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, l’affievolimento delle esigenze cautelari conseguente a una restrizione in carcere per quasi sette anni, superiore alla pena inflittagli per il reato associativo di cui al capo C), senza che emergessero collegamenti con il contesto criminale, nonché la disponibilità di una nuova abitazione in provincia di Fermo, ove COGNOME avrebbe potuto essere adeguatamente controllato anche grazie al braccialetto elettronico. E ciò in quanto per “fatto nuovo” deve intendersi quello di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari apprezzate all’inizio del trattamento cautelare, nella specie non ravvisabile.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo dei difensori di fiducia, AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 275, comma 3, 125 e 192 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova. Il Tribunale del riesame, ritenendo applicabile, in relazione al delitto previsto dall’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, la duplice presunzione relativa dettata dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non avrebbe considerato che COGNOME, in custodia cautelare in carcere sin dal 29 maggio 2017, avrebbe ormai espiato la pena inflitta per tale delitto, essendo stato ristretto per oltre sei anni, senza contare le detrazioni di pena per liberazione anticipata nel frattempo maturata. E altrettanto dovrebbe ritenersi con riferimento alla pena applicata in continuazione per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., avendo egli già espiato – prima ancora della definitività della sentenza – l’intera pena.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 274, 275,
e 275-bis cod. proc. pen. e in relazione all’art. 299 cod. proc. pen., nonché la mancanza della motivazione in relazione al sopravvenire di elementi nuovi rispetto all’applicazione della misura genetica nel maggio 2017, avendo il Tribunale del riesame fatto ricorso a mere clausole di stile.
In particolare, la “valenza neutra” del tempo trascorso in vinculís sarebbe smentita dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui, ai fini della revoca o della sostituzione della misura cautelare, il tempo trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura sarebbe qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari. Nel caso di specie, poi, il Tribunale del riesame avrebbe eluso il fatto che COGNOME, nel corso dell’attuale carcerazione, non sarebbe stato mai attinto da provvedimenti disciplinari, né sarebbero emersi elementi comprovanti un suo “collegamento” con contesti criminosi. Pertanto, il richiamo da parte del Tribunale al pericolo di reiterazione di analogo reato si rivelerebbe del tutto apodittico.
Quanto alla sentenza di annullamento con rinvio in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., essa avrebbe mutato significativamente l’originaria prospettazione accusatoria, non potendo il tentato omicidio più essere riferito a un contesto mafioso; ciò che avrebbe dovuto giustificare una rivalutazione complessiva della situazione, essendo la reazione d’impeto riconosciuta in capo a COGNOME connotata da una minore gravità rispetto al delitto premeditato.
Quanto al pericolo di fuga di COGNOME, il Tribunale non considererebbe che egli avrebbe già espiato in misura cautelare quasi 8 anni di pena, per cui egli non avrebbe interesse ad aggravare la sua posizione processuale con la commissione di una evasione.
Quanto al trasferimento del luogo di esecuzione della misura nella provincia di Fermo, l’accertamento della idoneità del luogo e della persona resasi disponibile a ospitare COGNOME non spetterebbe all’imputato, ma costituirebbe un approfondimento istruttorio di competenza del Giudice della cautela, sicché l’assenza di informazioni non può essere addebitata a COGNOME. In ogni caso, il trasferimento in provincia di Fermo reciderebbe ogni eventuale collegamento dell’imputato con il /ocus commissi delicti, ove si consideri che i fatti allo stesso addebitati erano circoscritti a vicende avvenute nel territorio di Casarano.
Infine, l’applicazione del dispositivo del cd. braccialetto elettronico costituirebbe una cautela idonea al costante monitoraggio di COGNOME, che sarebbe, comunque, sottoposto ai diuturni controlli delle Forze di polizia. Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto indicare specifici elementi a sostegno della ritenuta inidoneità a garantire le residuali esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Partendo dalle censure sviluppate con il primo motivo, va ribadito il consolidato orientamento di legittimità secondo il quale, qualora l’imputato venga condannato per più reati avvinti dalla continuazione, in relazione ai quali sia stata applicata la custodia in carcere, la presunzione di adeguatezza della misura, sussistente per uno dei reati satellite ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., resta ferma anche se il periodo già trascorso dall’imputato in regime custodiale superi l’entità della pena detentiva irrogata in sentenza per tale reato satellite (Sez. 2, n. 15093 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 258815 – 01; Sez. 2, n. 2493 del 10/01/2017, Pariti, Rv. 269238 – 01; Sez. 1, n. 42823 del 1/12/2016, COGNOME, non nnassimata; Sez. 2, n. 6049 del 30/01/2018, COGNOME, non massimata; Sez. 6, n. 21030 del 4/05/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 8188 del 20/01/2022, COGNOME, non massimata; Sez. 6, n. 37701 del 12/07/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 41130 del 27/09/2023, COGNOME, non massimata).
In ogni caso va evidenziato che la doglianza difensiva è stata articolata in termini assolutamente generici, non essendo stato specificato quale sia stata la violazione più grave, né quale pena sia stata inflitta per i reati satellite, allo stat nemmeno determinabile in ragione degli annullamenti che sono stati disposti in sede rescindente.
Venendo, indi, al secondo motivo, va premesso che NOME COGNOME è stato condannato in via definitiva per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto al quale l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., prevede tuttora una duplice presunzione relativa, quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura, nonché per i delitti di tentato omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di armi, detenzione per fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
3.1. Secondo la previsione dell’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen., in ipotesi siffatte il giudice che procede deve valutare, ai fini dello scrutinio degli elementi di cui alle lett. b) e c) dell’art. 274, comma 1, cod. proc. pen., l’esito del procedimento, le modalità del fatto e gli elementi ad esso sopravvenuti, tra cui vi sono, certamente, l’entità della pena inflitta con la sentenza di condanna. A tal fine, la Corte territoriale ha sottolineato come il passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il grave delitto di tentato omicidio abbia assunto un rilevante significato prognostico, sia sotto il profilo del giudizio sulla personalità, sua volta significativo rispetto al pericolo di reiterazione dei reati, sia sott l’aspetto del pericolo di fuga, stante il prevedibile impulso a sottrarsi all’esecuzione di una pena detentiva certamente non breve. Nell’ambito di tale valutazione sono stati poi valorizzati ulteriori profili, quali la mancanza di elementi dai qual
desumere l’allentamento dei rapporti pregressi con contesti malavitosi e il rischio che, nonostante l’eventuale applicazione degli arresti domiciliari, questi legami possano essere consolidati per la commissione di ulteriori reati. Per la stessa ragione, il Tribunale del riesame ha ritenuto che scarsa rilevanza assumessero gli elementi a sostegno della richiesta, come il luogo indicato per l’esecuzione della misura domiciliare, considerato che l’imputato, per la sua indole criminale, non avrebbe avuto particolari difficoltà nel riprendere i contatti con i sodali, non avendosi, peraltro, sufficienti notizie in relazione alla persona che si era detta disponibile ad ospitare COGNOME.
3.2. Quanto al profilo della adeguatezza, il Tribunale infine ha ribadito che, in ragione della spiccata pericolosità dell’imputato, le esigenze di tutela sono massime e che esse non si prestano a essere soddisfatte con la sola applicazione del braccialetto elettronico in aggiunta agli arresti domiciliari, essendo tale dispositivo funzionale al monitoraggio della presenza dell’indagato nel perimetro entro il quale gli è consentito di muoversi, ma non potendo il medesimo esplicare alcuna efficacia inibitoria rispetto alle altre prescrizioni proprie della misura domiciliare.
3.3. Dunque, i Giudici del merito hanno compiuto un concreto apprezzamento della situazione cautelare dell’odierno ricorrente, operando una valutazione logicamente congrua e motivata in maniera del tutto adeguata, tanto da sottrarsi alle censure difensive, che finiscono per sollecitare, dietro la prospettata censura di violazione di legge e di vizio della motivazione, un sindacato certamente esorbitante dal perimetro assegnato al giudizio di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
4.1. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 27 novembre 2023
Il Consigliere estensore