Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2472 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2472 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COLLEFERRO il 18/10/2002
avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG TOMASO EPIDENDIO, GLYPH che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Roma, decidendo sull’appello del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Tivoli avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quella stessa città – che, pur ravvisati gravi indizi di colpevolezza, aveva riget !a richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti – per quanto qui rilev – di NOME COGNOME in relazione ai delitti di sequestro di persona ( A), tentata estorsione( detenzione illegale di una pistola cal. 7,65 e relative cartucce, non ravvisando esigenze cautelari – ha accolto l’impugnazione disponendo nei confronti dell’indagato la misura restrittiva in carcere previa riqualificazione dei fatti di cui ai capi A) e B) nel delitto di cui all’art. 630 co (sequestro di persona a scopo di estorsione), avendo ravvisato il pericolo di recidiva ex art. 274 lett. c) cod. proc. pen..
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME la quale si affida a un unico motivo, enunciato nei limiti richiesti per motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
Denuncia violazione di legge processuale e correlati vizi di motivazione, sostenendo che il tribunale del riesame avrebbe omesso un reale scrutinio dei profili dell’attualità del pericolo d recidivanza, atteso che i fatti si sono verificati nel febbraio 2023, e della adeguatezza proporzionalità della misura cautelare, senza rendere ragione della inadeguatezza di altra meno afflittiva misura, tenuto conto dello stato di incensuratezza del prevenuto, e stigmatizza la illogicità dell’argomento incentrato sulla mancanza di uno stabile domicilio, laddove il ricorrent dimora stabilmente in Roma, presso la nonna, a cui era stato affidato dal Tribunale per i Minorenni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.Conviene ricordare in premessa che, in materia di provvedimenti de libertate, la Corte di cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure, poiché, sia nell’uno che nell’altro caso, si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controll legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un iato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, la correttezza allo stat degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885). L’insussistenza (ovvero la sussistenza) dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione secondo la iogica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno” del provvedimento impugnato, e
contro
llo di legittimità non può riguardare la ricostruzione dei fatti (cfr. Sez. 2, n. 27866 17/06/2019, Rv. 276976; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv 255460). Cosicchè, il ricorso per cassazione in materia cautelare è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanz esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, COGNOME, Rv 269885; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv 241997; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv 252178).
2.Alla luce di tale cornice ermeneutica, le censure del ricorrente, che come si è detto, afferiscono allo scrutinio della adeguatezza e della proporzionalità della misura individuata, non si confrontano adeguatamente con le indicazioni contenute a p. 17 dell’ordinanza impugnata.
2.1. Invero, l’ordinanza impugnata ha svolto un articolato ragionamento in merito alla sussistenza della presunzione legale semplice di adeguatezza della misura di massimo rigore in relazione del delitto di cui all’art. 630 cod. pen., che esonera il Giudice di merito dal motivare ragioni della sussistenza in positivo dei pericula liber -tatis, essendo tenuto esclusivamente all’apprezzamento delle ragioni di esclusione, evincibili dagli atti o evidenziate dalla parte, ovve di quei fatti che si rivelino in grado di smentire l’effetto di detta presunzione nel caso concreto
2.2. Il Tribunale distrettuale ha, dunque, rilevato che, in presenza della presunzione di adeguatezza della misura di massimo rigore, ex art. 275 co. 3 cod. proc. pen., venuta in rilievo a seguito della riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 630 cod. pen., non sono emersi né sono stati forniti elementi per ritenere vinta detta presunzione, in particolare, sottolineando come ricorrente non risulti avere un domicilio stabile, sia dedito allo spaccio e privo di qualsiasi atti lavorativa, nonchè senza fissa dimora, anche se incensurato. Con tali argomenti, decisivi al fine di escludere il superamento della presunzione cautelare operante nella specie, il ricorrente omette totalmente di misurarsi, limitandosi a tacciare come ‘di stile’ la motivazione rassegnata dal Tribunale distrettuale, invece, come detto, ampia, puntuale, analitica e giuridicamente corretta.
3.Giova ricordare che le Sezioni Unite ‘COGNOME‘ (Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, Rv. 266651) hanno affermato che il giudice chiamato ad applicare una misura cautelare, anche in sostituzione della custodia in carcere, deve obbligatoriamente considerare il braccialetto elettronico come alternativa al carcere – invertendosi così il rapporto regola/eccezione, in cui la regola rappresentata dagli arresti donniciliari con braccialetto elettronico, e l’eccezione dalla custodi cautelare.
3.1. Si è anche chiarito che l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere che non specifichi le ragioni di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con controll elettronico, può essere integrata dall’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame, sia perché l’indicazione di tali ragioni non è prevista tra i requisiti essenziali dell’ordinanza indicati, a di nullità, dall’art. 292 cod. proc. pen., sia perché l’articolo 275 cod. proc. pen., nel preved
l’onere motivazionale aggiuntivo, non indica alcuna sanzione in caso di inosservanza. (Sez. 2, n. 42557 del 04/07/2017, Rv. 270773).
3.2. Nondimeno, si afferma che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 c proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comm 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri attualità e concretezza del pericolo.( Sez. 5 n. 4950 del 07/12/2021 (dep. 2022 ) Rv. 282865).
Il Tribunale del riesame ha compiutamente assolto all’onere motivazionale sul punto in questione, escludendo con ragionevoli argomenti la sussistenza di elementi di giudizio in grado di sovvertire la presunzione semplice di idoneità della misura massimamente restrittiva posta dal legislatore in relazione alla fattispecie di reato contestata.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. Esec. Cod. Proc. Pen.
Così deciso in Roma, il 05 novembre 2024
Il C nsigliere estensore