Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6847 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 6847  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Cosenza il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 18/07/2023 dal Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/07/2023, il Tribunale di Catanzaro – adito con richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. da COGNOME NOME, ha confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa, nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, in data 20/06/2023, in relazione ai delitti di partecipazione al sodalizio finalizzato al narcotraffico (capo 35) e al reato fine di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 51).
Propone ricorso per cassazione la COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria. Si censura l’ordinanza per aver ritenuto rilevanti, a tali fini, le telefonate intercorse tra la ricorrente e COGNOME asseritamente funzionali alla conclusione di appuntamenti in realtà concernenti COGNOME NOME e COGNOME NOME (ex marito della COGNOME), nonché – dopo l’arresto del COGNOME – tra l’COGNOME e COGNOME NOME, zio della ricorrente. Si evidenzia, al riguardo, che tra i predetti coimputati erano state intercettate numerose occasioni, e che in una RAGIONE_SOCIALE telefonate tra le donne erano stati l’COGNOME e il COGNOME a proseguire la conversazione e prendere accordi direttamente. Sotto altro profilo, si evidenzia che la COGNOME non era stata affatto indagata per le predette conversazioni. Quanto all’ulteriore elemento evidenziato dal Tribunale (arresto della COGNOME per la detenzione di 160 grammi di cocaina), la difesa evidenzia che si era trattato di vicenda risalente a tre anni prima, definita con sentenza di patteggiamento, che non era mai stata collegata a dinamiche associative. Altrettanto irrilevante era la conversazione intercettata in cui era stato commentato l’arresto di NOME.
2.2. Omessa motivazione in ordine alle censure proposte con riferimento al capo 51). Si lamenta l’assenza grafica di motivazione.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari. Si lamenta il mancato apprezzamento del carattere minimale ed episodico dele condotte addebitate alla COGNOME, nonché la sua sostanziale incensuratezza, il carattere risalente dei fatti e l’assenza di contatti tra la ricorrente e gli altri indagati nell’ultimo triennio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per ciò che riguarda il primo motivo di ricorso, è opportuno prendere le mosse dal consolidato insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali RAGIONE_SOCIALE vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità RAGIONE_SOCIALE
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, l’ordinanza impugnata resiste alle censure difensive.
2.1. Il contributo associativo assicurato dalla COGNOME – ex convivente di COGNOME NOME e nipote di COGNOME NOME, partecipi anch’essi del sodalizio dedito al narcotraffico nella zona di RAGIONE_SOCIALEno – è stato individuato dai giudici del merito cautelare, anzitutto, nella funzione di raccordo ripetutamente svolta dalla ricorrente per assicurare le comunicazioni tra gli associati, anche in occasione di specifici episodi di cessione (cfr. pag. 10 segg.). In particolare, le intercettazioni telefoniche avevano evidenziato che la COGNOME prendeva accordi con COGNOME NOME apparentemente relativi alle due donne, ma in realtà riguardanti, rispettivamente, il COGNOME e il COGNOME da un lato, e COGNOME NOME dall’altro. Nell’episodio culminato nell’arresto del corriere COGNOME NOME (inviato dall’COGNOME per la consegna al COGNOME di un quantitativo di cocaina e la contestuale ricezione, da quest’ultimo, di un parziale pagamento), la COGNOME aveva invece assicurato una collaborazione continuativa e consapevole: l’accordo con COGNOME NOME era infatti nel senso che la nipote, odierna ricorrente, avrebbe dovuto avvisarlo dell’arrivo del COGNOME (cfr. pag. 11 dell’ordinanza impugnata, in cui il Tribunale ricostruisce le circostanze dell’arresto del corriere proprio a partire dall’avviso concernente il suo arrivo, dato dalla COGNOME).
Inoltre, la consapevolezza del contributo della COGNOME è stata efficacemente dalla conversazione intercettata dopo l’arresto di COGNOME NOME per la detenzione di circa mezzo chilo di stupefacente: la ricorrente, temendo nell’occasione di poter subire una perquisizione domiciliare, aveva confidato allo “NOME” di aver tolto da casa un bilancino (cfr. pag. 12 del provvedimento impugnato).
Infine, un ulteriore consistente elemento è stato individuato nell’arresto in flagranza della COGNOME, pochi giorni dopo quello dello zio NOME, perché trovata ella stessa in possesso di gr. 160 di cocaina.
2.2. La difesa ricorrente ha censurato la valorizzazione di tali elementi, osservando in particolare, da un lato, che la funzione di assicurare le comunicazioni tra gli associati “schermandole” con accordi apparentemente presi tra la COGNOME e la COGNOME risultava smentita dal fatto che, in una occasione, i diretti interessati si erano fatti dare dalle donne i rispettivi cellulari e avevano preso “autonomamente” l’appuntamento.
2.2. Sotto altro profilo, la difesa ha censurato l’inquadramento in chiave associativa dell’arresto della COGNOME, sostenendo trattarsi di vicenda del tutto autonoma, da tempo definita con rito alternativo.
2.3. Tali rilievi non possono essere condivisi.
Deve invero osservarsi, da un lato, che il fatto che l’COGNOME e il COGNOME si siano in una occasione direttamente accordati, prendendo i cellulari in possesso
della COGNOME e della COGNOME, nulla toglie al fatto che tale accortezza comunicativa sia stata in altre occasioni adottata, con evidente tentativo di celare la realtà (cfr. in particolare pag. 10 dell’ordinanza impugnata), e che nell’episodio culminato nell’arresto del corriere COGNOME l’odierna ricorrente aveva avuto proprio il compito di avvisare del suo arrivo lo zio NOME. Si tratta di condotte tutt’altro che illogicamente valorizzate dal Tribunale nell’ottica dell’appartenenza della COGNOME al sodalizio, risultando del tutto irrilevante – ai fini specifici che qui interessano – la deduzione difensiva secondo cui la COGNOME non era stata mai indagata.
Ancor meno consistente appare il secondo ordine di rilievi, ove si consideri che l’arresto della COGNOME era avvenuto dopo che ella si era ricongiunta, arrivando in auto (con la quale stava “scortando” l’COGNOME, sopraggiunto a bordo di altra vettura), alla compagna di COGNOME NOME, la quale aveva da poco terminato il colloquio in carcere con quest’ultimo: i tre erano nei pressi di una struttura prefabbricata vicino all’abitazione del COGNOME, e il loro atteggiamento sospetto aveva indotto gli operanti ad intervenire e a sottoporli a controllo, con conseguente arresto della ricorrente. Appare superfluo sottolineare che la riconduzione dell’episodio alle vicende associative risulta tutt’altro che illogica, alla luce RAGIONE_SOCIALE concrete circostanze qui appena richiamate (cfr. pag. 13 del provvedimento impugnato).
 Manifestamente infondata è la censura relativa all’omessa motivazione quanto al capo 51).
La lettura congiunta del provvedimento impugnato e dell’ordinanza applicativa della misura evidenzia che il capo 51) identifica l’episodio culminato nell’arresto del COGNOME, ampiamente trattato nell’ordinanza del Tribunale (cfr. sul punto pag. 227 del provvedimento genetico).
Ad analoga conclusione di manifesta infondatezza deve pervenirsi quanto ai rilievi concernenti le esigenze cautelari.
Il Tribunale ha ritenuto che non vi fossero elementi idonei a superare la “doppia presunzione” correlata all’incolpazione per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, ponendo in evidenza – quali risultanze idonee a comprovare un concreto e grave pericolo di reiterazione – la tipologia di funzioni in concreto svolte, la caratura criminale degli interlocutori della COGNOME, nonché la sua contiguità al circuito criminale (cfr. pag. 14 dell’ordinanza impugnata).
Del tutto condivisibile, in tale contesto (connotato anche dalla stretta parentela che lega la ricorrente alla compagna dell’COGNOME), appare il richiamo dell’indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa, né alla data ultima dei reati fine, ma ha ad oggetto la possibile commissione di delitti che siano espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento in circuiti criminali che caratterizzano
l’associazione di appartenenza» (Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, COGNOME, Rv 280243 – 01. In senso analogo, cfr. anche Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021 COGNOME, che nella medesima prospettiva ha evidenziato la necessità di «una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno deg elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idone far ritenere superata la presunzione relativa di attualità RAGIONE_SOCIALE esigenze cautel cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.»).
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE sp processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Non derivando dal presente provvedimento la rimessione in libertà della COGNOME, la Cancelleria provvederà agli adempimenti comunicativi di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE del Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 novembre 2023
Il Consigliere sttnsore
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Il Presidente